In materia di concordato preventivo, mediante la sentenza de qua la Corte di Cassazione ha sancito alcuni principi riguardanti il trattamento dei fideiussori che non abbiano provveduto al pagamento del creditore garantito. In particolare, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi su due profili: (i) la possibilità di riconoscere ai fideiussori il diritto di voto nel concordato preventivo (ii) la possibilità di inserire nella proposta di concordato una clausola che preveda l’estensione dell’effetto esdebitatorio del concordato anche ai fideiussori in caso di omologa del concordato medesimo.
Quanto al primo profilo, confermando il proprio precedente orientamento sul punto (Cass. 4 agosto 2017, n. 19609) la Corte ha negato la possibilità di riconoscere al fideiussore il diritto di voto nell’approvazione del concordato, dal momento che “il fideiussore non ha un credito di regresso prima del pagamento e dunque non può essere ammesso con riserva per un credito condizionale”. Al riguardo, la Suprema Corte ha fondato il proprio ragionamento su due principali rilievi. In primo luogo, la Corte ha richiamato il disposto di cui all’art. 1950 c.c. – a mente del quale il fideiussore ha diritto di regresso verso il debitore principale solo quando abbia pagato il creditore – da leggersi in combinato disposto con l’art. 61 l. fall., che stabilisce come il regresso tra i coobbligati (sia che siano tutti falliti, sia che alcuno di essi in bonis) possa essere esercitato solo dopo che il creditore sia stato soddisfatto per l’intero credito. Da tale coppia di disposizioni la Corte ha quindi ricavato il principio per cui “il pagamento del debito garantito non è condizione di esigibilità, ma presupposto per la stessa esistenza del credito di regresso del fideiussore”. In secondo luogo – ed in via assorbente – l’assenza del diritto di voto in capo al fideiussore emergerebbe ad avviso della Suprema Corte dal chiaro dettato dell’art. 174 l. fall., che “attribuisce ai fideiussori che non abbiano adempiuto al pagamento solo un diritto di intervento all’adunanza, potendo esprimere in quella sede osservazioni e contestazioni, ma non anche il diritto di partecipare alla votazione”.
Per ciò che riguarda possibilità di inserire nella proposta concordataria una clausola che stabilisca la liberazione di fideiussori e garanti in caso di omologazione, la Corte di Cassazione ha chiarito che “deve escludersi che l’effetto esdebitatorio del concordato possa essere esteso ai coobbligati in forza di patto espresso inserito nella proposta, trattandosi di disciplina degli effetti del concordato normativamente stabilita e dunque sottratta alla disponibilità delle parti”. Al riguardo, la Corte ha infatti precisato che l’art. 184, comma 2, l. fall., laddove prevede che i creditori concordatari “conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso”, costituisce una deroga espressa al principio della comunicabilità degli effetti favorevoli tra i condebitori previsto dall’art. 1301 c.c. (per la remissione volontaria) e dall’art. 1941 c.c. (per la fideiussione). In quanto deroga alla disciplina codicistica che trova fondamento nella finalità di favorire l’accettazione della proposta concordataria da parte dei creditori, tale previsione non può pertanto essere superata a livello pattizio tramite l’inserimento della liberazione dei fideiussori nell’ambito della proposta concordataria.