La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha in primo luogo occasione di ribadire il proprio consolidato orientamento in merito alla rilevanza dei pagamenti non autorizzati ai fini della revoca del concordato preventivo: in particolare, secondo la Corte, “il pagamento non autorizzato di debiti non comporta revoca del concordato nel caso in cui manchi un’effettiva dannosità dell’atto (da valutarsi specie alla stregua della clausola generale del migliore soddisfacimento dei creditori)”.
Inoltre, nella medesima pronuncia, la Corte riepiloga i requisiti per la configurazione di un “atto in frode” suscettibile di comportare la revoca del concordato preventivo.
Nello specifico, deve trattarsi in primo luogo “di una circostanza la cui esistenza viene taciuta nella sua materialità ovvero pure esposta in modo non adeguato e compiuto” e tale mancanza di informazione deve risultare di per sé idonea “ad alterare la cognizione informativa dei creditori e quindi a incidere in modo significativo sulla valutazione compiuta dagli stessi”.