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Giurisprudenza

Il riconoscimento del privilegio ex art. 9, comma 5, d.lgs. 123/1998 in sede di ammissione al passivo fallimentare

11 Novembre 2019

Federica Dipilato, Avvocato presso Giovanardi Pototschnig & Associati

Cassazione Civile, Sez. I, 31 maggio 2019, n. 14915 – Pres. Didone, Rel. Dolmetta

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Con il provvedimento in esame la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito al ricorso proposto da Equitalia S.p.A. avverso il decreto con il quale il Tribunale di Ancona – nell’ambito del giudizio di opposizione allo stato passivo ex art. 98 l. fall. – ha escluso la natura privilegiata del credito vantato dalla ricorrente in via di regresso nei confronti della società fallita.

In breve: la ricorrente aveva prestato una garanzia personale (in qualità di gestore del Fondo di garanzia per le PMI di cui alla L. 662/1996) in favore della banca erogatrice di un finanziamento pubblico concesso alla società, poi fallita. A seguito dell’inadempimento della società, la predetta banca aveva escusso la garanzia personale rilasciata da Equitalia S.p.A. la quale, a fronte del pagamento, risultava pertanto creditrice in regresso della società, successivamente fallita. La ricorrente ha quindi proposto domanda di insinuazione al passivo del detto credito, invocando a sostegno della natura privilegiata dello stesso il disposto di cui all’art. 9, comma 5, d.lgs. n. 123/1998, a mente del quale è assistito da privilegio il credito restitutorio di “finanziamenti erogati” nell’ambito di interventi di sostegno pubblico alle imprese allorché l’obbligo di restituzione sia conseguenza della revoca disposta per azioni o fatti addebitati all’impresa beneficiaria.

A sostegno dell’esclusione della natura privilegiata del credito, tuttavia, il Tribunale di Ancona ha sostenuto che invero la normativa invocata attribuisce il privilegio esclusivamente al credito restitutorio del finanziamento erogato e non già al credito di regresso di eventuali garanti dell’ente finanziatore.

Tuttavia, una simile argomentazione non ha travato l’avallo dei giudici di legittimità: la Corte di Cassazione ha ritenuto non convincente l’assunto di fondo del decreto impugnato di assegnare al termine “finanziamento” contenuto nella citata norma “il significato pregnante di indicare in via esclusiva la tipologia negoziale dei c.d. contratti di credito; e quindi di designare – ai fini del privilegio di cui alla norma – solo interventi pubblici caratterizzati dall’erogazione diretta di una somma di denaro nelle mani del soggetto tenuto a restituirl[a]”.

Secondo la Cassazione, infatti, posto che ai sensi dell’art. 2745 cod. civ. il privilegio trova fonte nella legge in ragione della peculiare “causa” che lo viene a sorreggere e che lo rende meritevole di tutela e protezione, ciò che deve necessariamente essere indagata è la ratio sottesa all’art. 9, comma 5, d.lgs. 123/1998.

Sul punto, la giurisprudenza è unanime nel ritenere che la “causa” del privilegio in questione sia quella di assorbire e recuperare il sacrificio patrimoniale che il sostegno pubblico ha in concreto sopportato in funzione di un utile reimpiego delle somme recuperate, a favore dello “sviluppo delle altre attività produttive”.

Di conseguenza, a detta dei giudici di legittimità, limitare il riconoscimento del privilegio al credito restitutorio dei soli finanziamenti effettivamente erogati e non già anche alle altre forme di intervento previste dalla medesima normativa (bonus fiscali, crediti di imposta, concessione di garanzia etc.) comporterebbe un’ingiusta disparità di trattamento, in considerazione dell’unitarietà della “causa” che li accomuna (i.e. sostegno pubblico alle attività produttive).

 

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