Della riforma della legge fallimentare attuata dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e degli effetti per banche e imprese parleremo nel Convegno del 13 e 14 febbraio. Per maggiori informazioni vedasi la pagina dell’evento indicata tra i contenuti correlati. |
Con il provvedimento in esame la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla possibilità di riconoscere, nella vigenza dell’abrogato art. 182 quater, co. 4, l. f., carattere prededucibile al credito vantato dal professionista che ha predisposto l’attestazione di cui all’art. 161, comma 3, l. f., in caso di successivo fallimento.
A mente dell’art. 182 quater, co. 4, l. f., infatti, al credito del professionista attestatore poteva riconoscersi carattere prededucibile solo a fronte di un’espressa previsione contenuta nel decreto di accoglimento della domanda di ammissione al concordato preventivo. In ragione di ciò, la ricorrente ha impugnato il decreto con il quale il Tribunale aveva disposto l’ammissione del credito dell’Attestatore in prededuzione al passivo fallimentare pur in assenza di siffatta espressa previsione nel decreto di ammissione alla procedura concordataria. Nel rigettare il ricorso proposto dalla ricorrente, la Suprema Corte ha dato atto del fatto che l’abrogato art. 182 quater, co. 4, l. f. costituiva «un caso in cui la prededuzione era prevista espressamente dalla legge ai sensi dell’art. 111, comma 2, legge fall.», talché, anche nell’ipotesi in cui detta disposizione non avesse potuto trovare applicazione, in sede di successivo fallimento restava comunque aperta al giudice la possibilità di accertare la prededucibilità del credito dell’Attestatore, alla stregua dei principi generali previsti dal medesimo art. 111, co. 2, l.f.
Tanto precisato, la Cassazione ha quindi proseguito nel proprio iter logico volto ad accertare se il credito vantato dall’Attestatore possa o meno essere riconosciuto, in sede di successivo fallimento, come prededucibile, dando atto del fatto che da tempo la giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso di «affrancare la categoria dei crediti prededucibili in ragione del loro carattere funzionale dal presupposto di un controllo giudiziale sulla loro utilità».
Di conseguenza, anche ai crediti sorti anteriormente all’inizio della procedura concordataria e non occasionati dallo svolgimento della stessa può riconoscersi il carattere della prededucibilità laddove sia possibile applicare il criterio richiamato dal comma 2 dell’art. 111 l.f., ossia quello della “funzionalità” o “strumentalità” delle attività professionali originanti i crediti. Ratio di siffatto principio è evidentemente quella di favorire il ricorso alla procedura di concordato preventivo e, più in generale, agli strumenti offerti dalla legge fallimentare per la composizione della crisi dell’imprenditore, di guisa da preservare la valorizzazione dell’azienda.
Alla luce di tali argomentazioni, la Corte ha affermato che la sussistenza di un nesso di funzionalità o strumentalità ai sensi dell’art. 111, co. 2, l.f. è idonea e sufficiente a connotare, in sede di successivo fallimento, come prededucibile il credito dell’Attestatore il quale abbia prestato la propria attività in funzione del ricorso agli strumenti di composizione della crisi alternativi al fallimento, non potendo il successivo esito fallimentare, di per sé solo, escludere il ricorso all’istituto della prededuzione, pena la frustrazione dell’obiettivo perseguito dalla norma.
In altri termini, la collocazione in prededuzione del credito dell’Attestatore, qualora sia accertata l’esistenza del suddetto nesso di funzionalità e sempre che non risulti dimostrato il carattere tuzioristico del ricorso agli strumenti di composizione della crisi alternativi al fallimento, prescinde da qualsivoglia accertamento ex post in merito alla concreta utilità arrecata alla massa creditoria.