Alla richiesta di fallimento formulata dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 162, secondo comma, legge fall. quale conseguenza dell’inammissibilità della proposta di concordato preventivo, non si applica il disposto dell’art. 7, alla cui ratio, peraltro, anche la specifica disciplina della richiesta in questione si conforma.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha affermato che all’udienza ex art. 162, secondo comma, legge fall., fissata dal giudice nell’ambito di una procedura di concordato preventivo per l’audizione del debitore in vista dell’eventuale declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, può parteciparvi anche il pubblico ministero rassegnando le proprie conclusioni a verbale. Secondo il giudice di legittimità, non vi è ragione per escludere che dette conclusioni formulate dal pubblico ministero possano comprendere, non solo la valutazione negativa sulla domanda di concordato preventivo, ma altresì la richiesta di fallimento del debitore qualora emerga una chiara situazione di insolvenza.
Ed invero, la circostanza per cui il pubblico ministero dovrebbe attendere la declaratoria di inammissibilità della proposta di concordato preventivo al fine di poter presentare un ricorso autonomo per la dichiarazione di fallimento del debitore, comporterebbe soltanto una negazione delle speciali esigenze di rapidità e concentrazione che sono alla base della procedura fallimentare e delle procedure concorsuali. Tali esigenze, inoltre, non comportano alcuna violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa del debitore, il quale può contraddire e difendersi nella medesima udienza fissata ai sensi dell’art. 162, secondo comma, legge fall.