Ad avviso della Suprema Corte, merita un pronunciamento delle Sezioni Unite la questione inerente alla sospensione feriale dei termini nel giudizio ex artt. 93 ss. l. fall. avente ad oggetto l’insinuazione al passivo di crediti “laburistici”, in quanto, se da un lato è pacifico che l’art. 1 della l. 742/1969 assoggetta tale rito alla predetta sospensione, dall’altro l’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 3 della stessa legge (v. Cass. SS.UU., n. 24665/2009) appare orientata verso la non applicabilità della sospensione feriale ai casi di «accertamento di crediti di lavoro nel fallimento» (in virtù della specialità della materia).
L’orientamento citato – rileva la Corte – è fondato sull’esigenza di celerità processuale, per garantire effettività all’art. 35 Cost., ma conduce all’esito di sfavorire il lavoratore nel rito di cui si discorre, poiché gli preclude la possibilità di impugnare con un maggior termine il provvedimento di esclusione dallo stato passivo, creando «un’ingiustificata disparità di trattamento» tra creditori. Infine, i giudici di legittimità sottolineano che il problema potrebbe essere stato superato, ancora una volta in base alla specialità normativa, dall’introduzione dell’art. 36 bis l. fall., interpretato dalla giurisprudenza (con argomento a contrario) «nel senso che la sospensione si applica» a tutti i giudizi endofallimentari.