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Giurisprudenza

Ambito di ammissibilità delle domande di insinuazione al passivo c.d. supertardive in caso di omessa o irregolare comunicazione ai creditori dell’avviso ex art. 92 Legge Fallimentare

15 Gennaio 2016

Avv. Linda Albarani, Loconte & Partners – Studio legale tributario

Cassazione Civile, Sez. I, 13 novembre 2015, n. 23302

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza n. 23302 depositata in data 13 novembre 2015, la Suprema Corte è intervenuta in materia di domande di insinuazione al passivo c.d. “supertardive” previste dall’art. 101, comma IV, Legge Fallimentare, chiarendo le ipotesi della loro ammissibilità con particolare riferimento al caso di omessa/illegittima comunicazione ai creditori dell’avviso ex art. 92 Legge Fallimentare.

Le domande di insinuazione al passivo c.d. supertardive sono quelle trasmesse al curatore “fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo fallimentare”, a condizione che “l’istante [dia]prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile” (IV comma, art. 101, Legge Fallimentare). Esse si distinguono, quindi, dalle domande tardive che, ai sensi del I comma di detta norma, il creditore può depositare “oltre il termine di trenta giorni prima dell’udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive”; laddove, tale termine di dodici mesi è prorogabile fino a diciotto, in caso di particolare complessità della procedura.

Il legislatore ha dunque previsto siffatta possibilità di deposito di domande di insinuazione al passivo oltre il termine di proponibilità delle tardive, proprio per consentire la partecipazione al concorso del creditore che dimostri che il ritardo nel deposito non sia addebitabile a sua colpa. Tale possibilità rappresenta una vera e propria rimessione in termini, che comporta pertanto l’applicazione, a tale fattispecie, dei principi stabiliti in caso di mancata conoscenza dell’esistenza del processo, determinato da nullità dell’atto di citazione o della sua notifica, salvo che tali nullità siano sanate dal raggiungimento dello scopo[1].

Una delle ipotesi più frequenti, ed al tempo stesso più dibattute, di “ritardo non imputabile al debitore” che legittimi il deposito di una domanda supertardiva, è quella conseguente alla omessa, tardiva o irregolare comunicazione, da parte del curatore, ai creditori, dell’avviso previsto dall’art. 92 Legge Fallimentare. Con tale avviso, il curatore è tenuto ad informare tutti coloro che risultino creditori in base alle scritture contabili e alle altre fonti di informazione: (i) della possibilità di partecipare al concorso mediante la trasmissione della domanda di insinuazione al passivo, (ii) della data fissata per l’esame dello stato passivo e quella entro cui vanno presentate le domande e (iii) di ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda. Trattasi di un atto prodromico alla fase dell’accertamento del passivo, obbligatorio ed indefettibile, in quanto strumentale all’effettività del concorso dei creditori.

Il caso sottoposto all’esame dei giudici di legittimità nella sentenza qui commentata riguardava un creditore (una banca) che aveva proposto domanda di insinuazione al passivo supertardiva innanzi al Tribunale di Treviso, all’interno del fallimento dei soci di una società in nome collettivo, affermando di avere ricevuto un avviso ex art. 92 Legge Fallimentare affetto da irregolarità. Criticava in particolare il predetto creditore l’omessa specifica indicazione, nell’avviso in questione, del fallimento dei soci illimitatamente responsabili, i quali non erano stati, nel testo dell’avviso, nominativamente menzionati, ma solo riassunti nella qualità di soggetti falliti.

Tale domanda supertardiva veniva ritenuta inammissibile da parte del Tribunale di Treviso, anche in sede di reclamo, non avendo il creditore – secondo il Tribunale – dato prova che il ritardo nel deposito della domanda fosse dipeso da causa a lui non imputabile.

Secondo il Tribunale veneto, la pretesa irregolarità del contenuto dell’avviso ex art. 92 Legge Fallimentare sarebbe stata superata da altre circostanze di fatto, che avrebbero comunque consentito, allo stesso creditore, di avere notizia dell’avvenuto fallimento dei debitori (i soci della snc). Ad avviso del Tribunale, il creditore aveva infatti, ad ogni modo, ricevuto plurime comunicazioni sulla sentenza di fallimento quali: “a) comunicazione della sentenza di fallimento della società in nome collettivo, di cui i due debitori erano soci illimitatamente responsabili ed all’insinuazione nel cui fallimento tendeva con la domanda supertardiva; b) ulteriori comunicazioni a mezzo fax erano pervenute al ricorrente e relative anche ai nomi dei predetti soci, con allegazione della sentenza di fallimento della società e degli stessi; c) specifica notificazione alla banca, quale creditore ipotecario, era stata inviata ai sensi della L. Fall., art. 107; d) pari avviso di deposito di progetto di riparto parziale, con espressa menzione del socio C.G., risultava ricevuta”.Sulla base di ciò, il reclamo della banca veniva dunque rigettato.

La banca creditrice ricorreva quindi in Cassazione per l’impugnazione di detto provvedimento, deducendo l’asserita violazione di legge (art.li 92 e 101 Legge Fallimentare), per avere la sentenza impugnata erroneamente “conferito rilievo a fonti di informazione del fallimento personale dei soci diverse dalla rituale comunicazione a cura del curatore [ex art. 92 Legge Fallimentare], nè essendo sufficiente la sola comunicazione del fallimento societario, ciò determinando la scusabilità del ritardo”.

Ebbene, la Suprema Corte, nella sentenza oggi in commento, con una motivazione che si ritiene pienamente condivisibile, ha affermato l’infondatezza di tale motivo rilevando che[2]: “il mancato avviso al creditore da parte del curatore del fallimento, previsto dalla L. Fall., art. 92) integra sì la causa non imputabile del ritardo da parte del creditore, ma il curatore ha facoltà di provare, ai fini dell’inammissibilità della domanda, che il creditore abbia avuto notizia del fallimento, indipendentemente dalla ricezione dell’avviso predetto”. Ed ancora, ha affermato la Cassazione che: “L’avviso di cui all’art. 92 della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) svolge una funzione conoscitiva e di sollecitazione processuale che risulta ampiamente assolta anche quando, in via di fatto, sia data la prova dell’effettiva conoscenza dell’esistenza del processo di fallimento a carico del debitore, stante il raggiungimento dello scopo parimenti conseguente”.

Sulla scorta di tali argomentazioni – che hanno poi portato al rigetto del ricorso – la Suprema Corte ha ravvisato pertanto che, nel caso in esame, si fossero verificati una serie di eventi storici atti a determinare la conoscenza della dichiarazione di fallimento dei soci illimitatamente responsabili, da parte della banca, e che hanno quindi consentito di superare (e sanare) le pretese irregolarità nella comunicazione dell’avviso ex art. 92 Legge Fallimentare.

Afferma difatti la Suprema Corte, nella sentenza qui commentata, che l’art. 101 Legge Fallimentare costituisce “un’eccezione” relegata alla sola ipotesi in cui la parte creditrice provi la sussistenza di “una causa esterna e non a sè attribuibile del ritardo nel deposito della domanda di credito ulteriormente tardiva”[3], fermo restando il diritto del curatore di, a sua volta, contrapporre altri elementi di fatto, volti a dimostrare l’assenza di una giusta causa nel ritardo del deposito della domanda.

Condivisibile e pertinente è quindi il richiamo operato dalla Cassazione al costante indirizzo giurisprudenziale sul punto secondo cui[4]: “il ritardo incolpevole va valutato in relazione ad una condotta non dolosa nè colposa dell’istante, che deve essere oggetto di accertamento in concreto e che non può essere limitato alla sola ipotesi di mancata conoscenza della esistenza della procedura”. Laddove, tale valutazione circa l’ammissibilità delle domande supertardive dipenderà da un apprezzamento (della causa non imputabile del ritardo) esclusivamente rimesso al giudice di merito[5].

In conclusione, pertanto, sul presupposto che l’avviso al creditore ex art. 92 Legge Fallimentare esprime una funzione conoscitiva che risulta ampiamente assolta anche quando, in via di fatto, sia data la prova della effettiva conoscenza dell’esistenza della procedura di fallimento, i giudici di legittimità, con la sentenza in commento, hanno rigettato il ricorso del creditore, confermando che questi non potesse più “[…] beneficiare della rimessione in termini, posto che l’oggettiva inosservanza, in cui egli è incorso, del termine finale di proponibilità delle domande tardive, non può più dirsi non addebitabile a sua colpa”.

Per completezza espositiva, si precisa che anche gli altri due motivi a fondamento del ricorso per Cassazione, sono stati rigettati nella sentenza in commento. Essi afferivano ad un’eccezione di illegittimità costituzionale del menzionato IV comma, dell’art. 101 Legge Fallimentare rispettivamente, per contrasto della legge delega (L. 14 maggio 2005, n. 80, art. 1) con l’art. 76 della Costituzione, e violazione degli art.li 3 e 47 della Costituzione.

 


[1] Cfr. sul punto Trib. di Udine dell’8.5.2013, secondo cui: “Il termine ultimo per la presentazione delle domande tardive di insinuazione al passivo è un termine perentorio di decadenza, superabile solo nel caso di non imputabilità del ritardo, che introduce una deroga processuale al principio della par condicio creditorum, non diversamente da quanto previsto nell’esecuzione individuale per i creditori che non siano muniti di titolo. Infatti, la riserva di ammissibilità della domanda c.d. supertardiva o ultratardiva va considerata una forma di riammissione in termini, con applicazione dei principi fissati dall’art. 294 c.p.c. in tema di mancata conoscenza dell’esistenza del processo a causa della nullità dell’atto di citazione o della sua notificazione, sempre che tali nullità non siano sanate dal raggiungimento dello scopo”.

[2] In recepimento del prevalente indirizzo giurisprudenziale, cfr.ex multis Cass. n. 4310/2012 e Trib. Treviso 9.12.2011.

[3] Ciò, al fine di garantire il rispetto del diritto dei creditori al concorso che più diligentemente si siano insinuati al passivo.

[4] Da ultimo confermato con sentenza della Cassazione n. 20686/2013.

[5] Cfr. Cass. n. 5254/2012 e, di recente, cfr. ordinanza Cass. n. 19679 del 2015.

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