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Giurisprudenza

I termini del reclamo ex art. 183 Legge Fallimentare: l’applicazione della disciplina del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento di cui all’art. 18 L.F.

29 Gennaio 2015

Avv. Linda Albarani, Loconte & Partners – Studio legale tributario

Corte d’Appello di Venezia, 02 dicembre 2014

Con sentenza pubblicata in data 2 dicembre 2014, la Corte d’Appello di Venezia, Sezione prima civile, nel decidere due reclami ex art. 183 Legge Fallimentare proposti da soggetti diversi dal debitore, ha ribadito una serie di importanti principi in materia di termini per la proposizione di tale forma di impugnazione.

Il Collegio veneziano era stato chiamato a pronunciarsi in merito a due reclami proposti da alcuni creditori, avverso il medesimo decreto con cui era stato omologato un concordato preventivo del Tribunale di Padova, i quali, previa riunione, venivano rigettati dal medesimo Collegio. Quest’ultimo dichiarava infatti, rispettivamente, l’improcedibilità ed inammissibilità di tali reclami, in quanto depositati oltre il termine di trenta giorni dalla pubblicazione del decreto nel registro delle imprese. La loro tardività veniva ravvisata, dalla Corte, mediante l’applicazione della disciplina dell’art. 18 L.F. dettata in materia di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, il quale prevede un termine di impugnazione di trenta giorni decorrenti, per i soggetti diversi dal debitore, dall’iscrizione della sentenza nel registro delle imprese.

Il ragionamento seguito dal Collegio veneziano – che appare, a parere di chi scrive, condivisibile – prende le mosse dall’insegnamento sul punto da parte della Cassazione, e precisamente della sentenza n. 4304 del 2012, poi seguita dalla sentenza n. 21606/2013.

Tali sentenze sono intervenute in materia, fornendo una fondamentale interpretazione dell’art. 183 L.F., considerato che quest’ultimo non indica nè il termine per impugnare il decreto di omologazione o revoca del concordato preventivo, né il relativo dies a quo per la sua decorrenza. Difatti, recita tale norma: “Contro il decreto del tribunale può essere proposto reclamo alla corte di appello, la quale pronuncia in camera di consiglio. Con lo stesso reclamo è impugnabile la sentenza dichiarativa di fallimento, contestualmente emessa a norma dell’art. 180, settimo comma”.

L’articolo in questione è stato così riscritto dal D. Lgs. n. 169 del 2007, tuttavia il legislatore, mediante tale riformulazione, si è limitato a fornire, all’interprete, indicazioni generali, senza differenziare il regime impugnatorio dei differenti provvedimenti che possono essere emessi dal Tribunale, né dettare nel dettaglio le disposizioni in ordine al procedimento applicabile. La norma prevede che il mezzo di impugnazione sia avverso “il decreto del tribunale”, sia avverso “la sentenza dichiarativa di fallimento contestualmente emessa” sia il reclamo alla corte d’appello che si pronuncerà in camera di consiglio. L’art. 183 L.F. non disciplina però il procedimento camerale, né esso contiene un rinvio alle norme della Legge Fallimentare o al Codice di Procedura Civile che regolano in modo differente i procedimenti di reclamo.

A tale lacuna normativa è possibile quindi arginare mediante l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità, come effettuato dalla Corte d’Appello di Venezia nella sentenza commentata.

Ebbene, secondo le citate pronunce della Cassazione n. 4304 del 2012 e 21606 del 2013, poiché l’art. 183 L.F. prevede che, “con lo stesso reclamo”, proponibile contro il decreto che pronuncia sull’omologazione del concordato preventivo, può essere impugnata la eventuale sentenza dichiarativa di fallimento contestualmente pronunciata ex art. 180 L.F., bisogna propendere per una “lettura costituzionalmente orientata” di tale norma ritenendo applicabile il termine per l’impugnazione di trenta giorni previsto dall’art. 18 L.F.: sia nell’ipotesi in cui venga impugnato il decreto di omologazione del concordato preventivo, sia di revoca con contestuale o meno sentenza dichiarativa di fallimento. Ciò in quanto, ad avviso della Cassazione, uno stesso termine di impugnazione non può mutare a seconda del contenuto del provvedimento impugnato e della eventualità che contestualmente al diniego di omologazione possa o non possa essere pronunciata la “separata” ma “contestuale” sentenza di fallimento, impugnabile “con lo stesso reclamo”.

Sulla scorta di quanto sopra, la Corte d’Appello di Venezia, nella pronuncia qui commentata, ha dunque da un lato, ribadito l’applicabilità di detto termine di trenta giorni ex art. 18 L.F. per la proposizione del reclamo ex art. 183 L.F. e, dall’altro lato, ha affermato che anche il dies a quo per la decorrenza della proposizione del reclamo vada individuato in quello stabilito dall’art. 18 L.F., IV comma. In base a tale norma è previsto un diverso dies a quo a seconda di quale sia il reclamante: laddove per il debitore, il termine per il reclamo decorre dalla data della notificazione della sentenza a norma dell’art. 17 L.F. e, per tutti gli altri interessati – come nel caso sottoposto all’esame della Corte veneziana -, dalla data della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo.

Secondo il Collegio veneziano, la ratio nell’applicazione della disciplina dell’art. 18 L.F. al reclamo ex art. 183 L.F. andrebbe infatti ravvisata nella circostanza in base alla quale il provvedimento oggetto di reclamo ex art. 183 L.F. soggiace a forme pubblicitarie che sono del tutto omogenee a quelle della sentenza di fallimento, essendo stabilito che il decreto di omologazione o revoca del concordato preventivo, oltre che comunicato al debitore e al commissario giudiziale, vada pubblicato nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 17 L.F.. Ulteriore elemento a sostegno di tale interpretazione deriverebbe, inoltre, dalla inapplicabilità delle regole dettate per il procedimento in camera di consiglio dagli artt. 739 ss. c.p.c. poiché quest’ultime – sostiene, nella sentenza, la Corte d’Appello di Venezia – non sarebbero in grado di soddisfare le esigenze di certezza e celerità che sottostanno alle procedure concorsuali, “in considerazione della peculiarità dell’oggetto”dei procedimenti di omologazione o revoca del concordato preventivo.

Sulla scorta di quanto sopra, la Corte d’Appello di Venezia, sul presupposto che, per le parti diverse dal debitore, non è prevista la notificazione del decreto di omologa o revoca del concordato preventivo quale adempimento per far decorrere il termine per l’impugnazione, ha in definitiva concluso che “il termine di trenta giorni per l’impugnazione ex art. 183 l. fall. del decreto del tribunale sulla omologazione del c.p. prenda decorrenza, nei confronti dei soggetti diversi dal debitore, dalla iscrizione nel registro delle imprese” (nello stesso senso cfr. Corte d’appello di Milano 23.05.2012).

Così argomentando, la Corte rigettava i reclami proposti perché tardivi.

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