Con la sentenza n. 24914 del 25 novembre 2011, la Corte di Cassazione, riprendendo il proprio consolidato orientamento, afferma il principio secondo cui, in tema di imposte dirette, i sostituti d’imposta indicati nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 26, comma 2, hanno l’obbligo di operare le ritenute d’acconto sugli interessi di conti correnti e di depositi bancari e postali anche quando l’impresa a favore della quale sono corrisposti sia sottoposta a liquidazione coatta amministrativa.
Per la Corte non assume rilevanza il fatto che l’accertamento di un effettivo debito d’imposta sul reddito d’impresa dell’ente possa essere compiuto soltanto nella fase di chiusura della liquidazione, ove risulti un “residuo attivo” imponibile.
Ad un tal esito, infatti, dall’imposta che risulterà dovuta si scomputeranno gli acconti prelevati dai sostituti nel corso della procedura e versati all’Erario, mentre insorgerà, invece, il diritto dell’ente medesimo al rimborso totale o parziale di dette somme, nell’opposta ipotesi in cui, in base alle risultanze del conto di gestione e del bilancio finale, non siano dovute imposte sui redditi d’impresa o siano dovute imposte per un ammontare inferiore a quello delle ritenute d’acconto, senza che ciò si ponga in contrasto con il principio di capacità contributiva e il diritto di difesa.
Nel caso di specie la Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio con la quale era stata confermato il diritto della società contribuente, in liquidazione coatta amministrativa, al rimborso delle ritenute alla fonte subite, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26 su interessi attivi maturati su conti correnti e depositi bancari.