La pronuncia che si annota affronta il tema – a dir poco magmatico – delle “partecipate” pubbliche, nello specifico occupandosi di un caso concernente alcuni provvedimenti per la dismissione della partecipazione azionaria della Provincia (ora Città metropolitana) di Torino nella società di gestione dell’aeroporto di Torino – SAGAT s.p.a.
In particolare, la vicenda in esame prende avvio dal ricorso con cui la Società azionaria gestione aeroporto di Torino – SAGAT s.p.a. impugnava gli atti tramite i quali la Provincia di Torino (ora città Metropolitana) aveva deciso di alienare la propria partecipazione al suo capitale sociale (pari al 5%), in quanto ritenuta “non strettamente necessaria per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali”.
Questa termina, per il momento, con un accoglimento (seppur parziale), da parte del Consiglio di Stato, delle ragioni della società, le cui motivazioni – in un primo tempo giudicate infondate dal T.A.R. Piemonte e quindi riproposte, mutatis mutandis, in sede di appello – vengono ritenute fondate limitatamente alla censura con cui SAGAT ha dedotto alcune irregolarità circa la base d’asta della procedura per l’alienazione della partecipazione in oggetto.
Quanto al merito “societario” della questione, interessante quanto complessa, pare corretto richiamare l’attenzione del lettore nello specifico sulla censura esposta al punto “sub b)” che – quantunque poi ritenuta infondata – risulta diretta a contestare la sussistenza del presupposto dell’obbligo di dismissione e, cioè, il carattere non necessario della partecipazione in SAGAT rispetto alle finalità istituzionali della Provincia di Torino.
Interrogato sul punto, il Consiglio di Stato coglie infatti l’occasione per evidenziare come il rapporto di strumentalità di un ente societario, formalmente privatistico e naturalmente operante nel mercato, rispetto ai fini di interesse pubblico devoluti alla cura dell’amministrazione partecipante, non dipenda dal solo oggetto sociale, ma anche dalle modalità con le quali quest’ultima può esercitare le proprie prerogative di azionista.
Conseguentemente potendosi dedurre il principio per cui, per un’autorità amministrativa, ha rilievo non solo “se” una società di diritto privato esercita un’attività economica (e se pertanto è opportuno partecipare al suo capitale) ma anche “come” questa attività viene svolta, e quindi quale influenza sulla stessa risulta possibile esercitare, per assicurarne la coerenza con finalità di interesse pubblico.
In altri termini, per la materia in esame, non è dunque esclusivamente l’oggetto sociale a rilevare, quanto piuttosto l’entità concreta della partecipazione o dei particolari poteri e diritti, e, cioè, la capacità per l’ente di assicurarsi un’incidenza determinante sul governo della società partecipata, concretizzandosi, laddove ciò non fosse possibile, non già una reale partecipazione attiva alla cosa sociale, bensì un mero sostegno finanziario a un’attività di impresa, che si realizza attraverso la sottoscrizione di parte del capitale, ma che non si accompagna alla possibilità di indirizzarla verso una finalità di interesse pubblico.