La sentenza in esame aderisce all’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità (vedasi, fra tutte, Cass. civ., 18 novembre 2010, n. 23344) secondo cui l’accertamento dello stato di insolvenza di una società inserita in un gruppo societario deve essere effettuato con esclusivo riferimento alla sua situazione economica e non, invece, per mezzo della valorizzazione del controllo o del collegamento con altre società del gruppo, poiché, in ragione del principio di autonomia economica e soggettiva, “ciascuna di dette società conserva propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore”. Ne consegue che ciascuna società risponde dei propri debiti esclusivamente per mezzo del proprio patrimonio.
Gli Ermellini hanno, inoltre, precisato che per la configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione “l’influenza dei collegamenti della società fallita nell’ambito di un gruppo (…) deve essere esaminata nel rispetto dell’autonoma tutela dei creditori della società fallita”, con il risultato che a fronte della natura oggettivamente distrattiva di una specifica operazione, l’imputato ha l’onere di allegare l’esistenza di uno specifico vantaggio derivante dall’atto di disposizione patrimoniale, complessivamente riferibile al gruppo, che sia produttivo per la società fallita di benefici, sia pure indiretti, in concreto idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell’operazione stessa per la società fallita e per i suoi creditori. Pertanto, la mera appartenenza di una società ad un gruppo societario non implica di per sé la sussistenza di “benefici compensativi”, i quali devono, invece, essere oggetto di specifica allegazione.