In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte ex art. 11 Dlgs. n. 74/2000, gli atti dispositivi idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale devono essere parte di uno stratagemma specifico, da attuarsi tramite inganno o artificio, volto a sottrarre garanzie patrimoniali all’Erario (conformemente Cass. 29636/2018).
Nel caso di specie, a seguito di attività ispettive dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza presso diverse società di un gruppo, veniva dato corso ad una fusione per incorporazione di una Società italiana fortemente patrimonializzata in una di diritto lussemburghese, al presunto scopo di sottrarre i beni sociali all’azione esecutiva dell’Erario.
A seguito del giudizio di appello, confermativo della pronuncia di primo grado in cui era stato ritenuto responsabile del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, ricorreva in Cassazione il rappresentate legale della sede secondaria italiana della incorporante, nonché amministratore di fatto della incorporata, sostenendo, tra varie le argomentazioni difensive, che, anche in virtù della lettura della relazione illustrativa dell’articolo 11, d.lgs. 74/2000, dovessero considerarsi penalmente rilevanti solo quegli atti di depauperamento patrimoniale connotati da una componente di inganno, artificio o falsa rappresentazione della realtà.
Concordando con tale impostazione e ritenendo che nel caso in esame non fosse stata argomentata e sufficientemente provata la natura artificiosa e fraudolenta della fusione, né la portata del pericolo arrecato alle pretese erariali scaturente dall’operazione, i giudici di Legittimità annullavano la sentenza impugnata e disponevano il rinvio alla Corte di Appello per un nuovo giudizio.