Nella sentenza in esame la Corte di Cassazione analizza alcuni elementi essenziali del reato tributario descritto dall’art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000. In primo luogo, la Suprema Corte individua il bene giuridico tutelato nella generica garanzia patrimoniale che il contribuente offre all’Amministrazione Finanziaria con i suoi beni (art. 2740 c.c.). Inoltre, ravvisando nel delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte un reato di pericolo, il Supremo Collegio ha ribadito il principio in forza del quale affinché sia integrata la condotta di reato, non solo non è necessario che si sia già dato avvio alla procedura di riscossione coattiva, ma non si richiede nemmeno la notifica di alcun atto impositivo. E ciò può desumersi dalla lettera della norma, che richiede la semplice idoneità degli atti fraudolenti o simulati a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Pertanto, non rileva l’eventuale annullamento di un avviso di accertamento affinché si realizzi la condotta delittuosa.
Inoltre, secondo la Suprema Corte, il profitto del reato va rintracciato nel valore dei beni oggetto della condotta delittuosa e nella consistenza patrimoniale del contribuente. Pertanto, la Corte di Cassazione ha statuito che non tutti gli atti fraudolenti o simulati possono, ipso facto, essere sanzionati ex art. 11, essendo necessario, a tal fine, che essi producano una riduzione significativa della garanzia.