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Giurisprudenza

Detraibile per la conferitaria d’azienda il credito IVA annuale vantato dalla conferente

27 Gennaio 2021

Lorenzo Giannico

Cassazione Civile, Sez. V, 31 luglio 2020, n. 16492 – Pres. Bruschetta, Rel. Tinarelli

Di cosa si parla in questo articolo

Nell’ipotesi di conferimento d’azienda, rispetto all’originario credito IVA il cedente perde, per effetto dell’operazione straordinaria, ogni legittimazione alla detrazione, mentre l’intera posizione resta traslata sul cessionario, che, dunque, può utilizzare il credito in detrazione ovvero chiederne il rimborso, non assumendo alcun rilievo ostativo – atteso l’avvenuto trasferimento dell’intera posizione – la diversità dei contribuenti.

In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione nella sentenza in oggetto, ribaltando entrambi i giudizi di merito che avevano visto vittoriosa l’Amministrazione Finanziaria.

La controversia traeva origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate, mediante il quale venivano recuperati a tassazione due crediti detratti indebitamente dalla contribuente in quanto concernenti crediti IVA acquisiti a seguito di un conferimento d’azienda e, come tali, afferenti alla posizione di un diverso soggetto e ritenuti insuscettibili di detrazione da parte di terzi.

La contribuente impugnava l’avviso di accertamento, risultando soccombente nei giudizi di merito; proponeva dunque ricorso per la cassazione della sentenza di appello, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 5, comma 4-ter del d.l. 14 marzo 1988 n. 70, 30 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 e 2559 del Codice civile, per non avere la CTR riconosciuto la detraibilità dei crediti acquisiti a seguito di conferimento, ma unicamente la loro rimborsabilità.

I giudici della Suprema Corte hanno accolto la tesi della contribuente, ricordando in premessa come, secondo un più risalente orientamento (Cfr. Cass 9961/2008, Cass. 1441/2013) poiché dalla lettura dell’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972 consegue che il credito IVA possa essere detratto, nell’anno successivo, dal debito risultante dalla dichiarazione relativa a tale anno, detto credito, in linea di principio, deve essere collegato alla posizione fiscale del contribuente che lo ha maturato, e non ad uno diverso.

Ciò anche in relazione al fatto che computare l’importo dell’eccedenza in detrazione dell’anno successivo assolve alla funzione di rendere riconoscibile e controllabile da parte dell’ufficio la complessiva posizione del contribuente nell’arco del biennio di riferimento.

Secondo il prevalente orientamento, condiviso nella pronuncia in analisi, nel sistema normativo vigente non si ravvisa un impedimento giuridico alla trasmissibilità del credito IVA: al contrario, l’art. 5, c. 4 ter del D.L. 70/1988 prospetta come possibile la cessione del credito IVA risultante dalla dichiarazione annuale, laddove prescrive che “in caso di cessione del credito risultante dalla dichiarazione annuale deve intendersi che l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto possa ripetere anche dal cessionario le somme rimborsate”.

Non appare necessario, perciò, che in relazione a tale credito si sia già consolidata una richiesta di rimborso (Cass. n. 6578/2008; Cass. n. 8644/2009; Cass. n. 23044/2012; Cass. n. 20415/2018).

Da ultimo, la Corte di Cassazione rileva come la cessione d’azienda o di ramo d’azienda, in aderenza agli artt. 2558-2559 c.c. comporti il trasferimento dei rapporti e dei crediti relativi al suo esercizio, compresi anche i crediti d’imposta nei confronti dell’erario.

Per l’effetto, la Corte ha cassato senza rinvio l’impugnata pronuncia, decidendo nel merito.

 

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