Con la sentenza in commento la giurisprudenza di legittimità riconosce, sul solco segnato dagli univoci precedenti giurisprudenziali, al soggetto che ha realizzato atti prodromici all’avvio della propria impresa, senza ancora avviarla, la tutela concorrenziale e conseguentemente la legittimazione attiva ad esperire, in danno del potenziale concorrente sleale, azione di condanna generica al risarcimento del danno.
Il caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione ha ad oggetto l’accertamento della sussistenza del rapporto concorrenziale tra due soci di una snc che avevano pattuito la messa in liquidazione della snc e l’avvio di due distinte aziende operanti nel medesimo settore merceologico.
Il tutto tra origine dalla sentenza della Corte d’appello di Venezia che, riformando la decisione della sentenza di primo grado, aveva ritenuto non legittimato il socio della snc a richiedere in danno del socio e futuro concorrente il risarcimento del danno da concorrenza sleale, in quanto a detta della Corte d’Appello, in capo al potenziale imprenditore vi era una doppia carenza di legittimazione attiva, in quanto egli non era legittimato né in qualità di socio della snc, poiché la società era ormai in liquidazione, né in qualità di potenziale imprenditore poiché l’attività d’impresa doveva ancora esistere.
Il diritto alla libera concorrenza tra le imprese trova il proprio fondamento nell’articolo 41 della Costituzione[1].
La Carta Costituzionale ribadisce altresì l’importanza della concorrenza mediante l’art. 117 II com. let e)[2] della Costituzione, in quanto affida alla potestà legislativa esclusiva statale la tutela della concorrenza.
La Corte Costituzionale ha sancito[3] il ruolo fondamentale della libera concorrenza sia nell’ottica di tutela dell’iniziativa economica privata sia nell’ottica dell’efficienza del sistema economico a vantaggio di tutta la collettività, in quanto, tutelando l’iniziativa economica individuale di tutti gli imprenditori si permette che gli stessi offrano alla collettività prodotti di qualità ad un prezzo più contenuto.
Il diritto alla libera concorrenza è stato riconosciuto nel Tratto Istitutivo della Comunità Europea mediante gli artt 85 e 86 del Trattato, la Corte di Giustizia della Comunità Europea, sin dal 1972[4] ha affrontato positivamente la tutela della concorrenza in termini potenziali, sostenendo “L’intento degli autori del Trattato che sia sempre possibile sul mercato, anche nei casi in cui sono ammesse restrizioni della concorrenza, una concorrenza effettiva o potenziale”
La tutela della concorrenza trova la propria fonte altresì nell’art. 2598[5] del Codice Civile.
Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione nell’affrontare il tema della tutela della libera concorrenza anche in presenza di situazioni potenziali, aderendo al granitico orientamento giurisprudenziale[6], ha statuito: “Una situazione di concorrenza potenziale risulti ravvisabile sia in relazione ad una possibile estensione o espansione nel futuro dell’attività imprenditoriale concorrente(purchè nei termini di rilevante probabilità), sia nell’ipotesi di attività preparatorie all’esercizio dell’impresa, quando si pongano in essere fatti diretti a dare inizio all’attività produttiva”.
La Corte di Cassazione ha fondato la tutela concorrenziale della futura azienda richiamando una precedente statuizione della Corte di Cassazione[7] che ha espressamente indicato fra i casi di concorrenza potenziale da tutelare anche le attività preparatorie all’esercizio dell’impresa.
Applicando il richiamato principio giurisprudenziale al caso sottoposto al vaglio dei giudici di legittimità, la Cassazione ha ritenuto sussistente il rapporto concorrenziale potenziale tra due soci di una snc che avevano pattuito la messa in liquidazione della snc e l’avvio di due distinte aziende operanti nel medesimo settore merceologico.
In riferimento alla tematica della concorrenza potenziale, si è concordi con la parte della statuizione che riconosce tutela effettiva a situazioni di concorrenza potenziale, in quanto, il bene giuridico da tutelare, data la sua importanza, viene protetto in via preventiva, ovvero prima che si abbiano situazioni che ledano la libera concorrenza.
La sentenza in commento se da un lato ha riconosciuto al ricorrente una tutela avanzata del proprio diritto alla libera iniziativa economica, dall’altro gli ha negato la legittimazione attiva a richiedere il risarcimento del danno da illecito concorrenziale, in qualità di socio della snc in liquidazione , fondando tale conclusione sul seguente assunto” “la società, in quanto avviata alla liquidazione, non poteva essere soggetto passivo di atti di concorrenza sleale per sviamento di clientela o sottrazione di dipendenti”“.
Stando al suddetto passaggio motivazionale, la società messa in liquidazione cesserebbe tout court di vedere riconosciuta la tutela al proprio avviamento e all’organizzazione della forza lavoro.
L’assunto affermato dalla Corte non può essere condiviso, in quanto, secondo una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2598 cod.civ. lo sviamento di clientela e lo storno di dipendenti non possono non essere sanzionati, in quanto, lo stato di liquidazione può essere revocato in qualunque momento e quindi la società riprendendo la propria attività si vedrebbe privata a seguiti di atti di concorrenza sleale dell’avviamento e dell’organizzazione della forza lavoro, a ciò si aggiunga che è proprio nella fase di liquidazione che l’azienda si trova, molto probabilmente, nel momento storico più delicato della propria esistenza, in quanto, ha bisogno di liquidare il proprio attivo, contando particolarmente sull’avviamento conquistato nel corso del tempo e sull’organizzazione della propria forza lavoro, quindi ha bisogno di una tutela effettiva dagli attacchi sleali dei propri potenziali concorrenti.
Negando la tutela concorrenziale alla società in liquidazione, l’attivo patrimoniale non sarebbe più liquidato efficientemente e , quindi, si lederebbero altresì i diritti del ceto creditorio della società in liquidazione, affinchè, l’attivo patrimoniale venga liquidato nel modo più efficiente possibile, garantendo la migliore soddisfazione alle proprie pretese creditorie, a ciò si aggiunga che la fase della liquidazione non avendo un tempo massimo definito ex-lege, potrebbe durare un consistente lasso di tempo, durante il quale la società si vedrebbe privata della tutela di un diritto di rango costituzionale.
[1] Articolo 41 della Costituzione: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da revocare danno alle sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
[2] 117 II com. lett. e): “Lo stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari, tutela della concorrenza”.
[3] Corte Costituzionale sentenza n.223/1982
[4] Corte giustizia comunita' Europee, 21/02/1973, n. 6/72
[5] 2598 cod.civ Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi [c.c. 2563, 2568, 2569] e dei diritti di brevetto [c.c. 2584, 2592, 2593] (2), compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione [c.c. 2564] con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente; 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente, 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda [c.c. 1175, 2599, 2600] (3).
[6] Si tratta di un orientamento che risale a Cass. 26 giugno 1972, n. 2185 (in Giur. ann. dir. ind., 1972, 458) e progressivamente consolidatasi con Cass. 8 luglio 1974, n. 1990 (ivi, 1974, 468); Cass. 28 ottobre 1987 (ivi, 1988, 2106); Cass. 1 ° marzo 1986, n. 1310 (ivi, 1986); Cass., 16 aprile 1983, n. 2634 (ivi, 1983, 1592).Cass.sez.I, 12 febbraio 2009 n.3478,m 606757, Cass. civ. Sez. I, 15-12-1994, n. 10728.
[7] Corte di Cass. Sez. 1, 15 dicembre 1994 n.10728