Con sentenza del 18 luglio 2013, C‑265/12, la prima Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato il principio secondo cui l’articolo 3, paragrafo 9, della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), nonché l’articolo 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una disposizione di uno Stato membro che stabilisce un divieto generale, fatti salvi i casi tassativamente elencati dalla legge nazionale, delle offerte congiunte al consumatore, delle quali almeno uno degli elementi è costituito da un servizio finanziario.
ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 20/12