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Giurisprudenza

I confini del potere di gestione e del potere di rappresentanza degli amministratori di una società a responsabilità limitata

11 Aprile 2017

Maria Rosaria Lenti, Notaio in attesa di nomina e Dottoranda in Diritto e Impresa, LUISS Guido Carli, Roma

Cassazione Civile, Sez. II, 18 gennaio 2017, n. 1213

Di cosa si parla in questo articolo

La Suprema Corte, nella sentenza del 18 gennaio 2017 n. 1213, si è pronunciata sia su una questione di competenza sia su una questione di diritto sostanziale.

In primo luogo la Cassazione ha delineato l’ambito di applicazione di una clausola compromissoria, che prevede il deferimento agli arbitri delle controversie inerenti all’interpretazione del contratto. La Corte ha statuito che una simile clausola compromissoria non trova applicazione in tutti i casi di controversie che hanno causa petendi nel contratto (e quindi anche in quelle relative alla fase esecutiva negoziale), ma soltanto nelle ipotesi di conflitti attinenti all’accertamento della volontà delle parti in merito al contenuto del contratto.

La Cassazione inoltre ha sostenuto l’adozione di un’interpretazione restrittiva, nel caso di incerta interpretazione della clausola compromissoria. Essa difatti ha stabilito che, poiché il deferimento di una controversia al giudizio degli arbitri comporta una deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria, se vi sono dei dubbi sull’interpretazione della clausola, è preferibile riconoscere al giudice statale la potestas iudicandi.

Sotto il profilo sostanziale, invece, la Suprema Corte ha tracciato i confini del potere di gestione e del potere di rappresentanza degli amministratori di una società a responsabilità limitata.

Essa difatti ha precisato che il conferimento di un incarico professionale di consulenza fiscale e commerciale costituisce, di regola, un atto di ordinaria amministrazione e, come tale, rientra nell’oggetto sociale, in quanto esecutivo dell’attività imprenditoriale. Pertanto non vi è dubbio che, per il compimento di detto atto, sussista il potere di rappresentanza degli amministratori, come già previsto dall’art. 2384 c.c. ante riforma (in questa sede applicabile ratione temporis), e dunque del consigliere cui è delegato il potere di gestione.

A parere della Corte, inoltre, il contratto di consulenza professionale non può ritenersi nullo per difetto di causa, qualora emerga ex post che lo stesso non abbia dato luogo ad un effettivo svolgimento di pratiche e di pareri, essendo oggetto di remunerazione anche l’obbligo di mantenere nel tempo la propria disponibilità professionale per le esigenze della società committente.

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