L’autorità giudiziaria non può sindacare nel merito le scelte gestorie dell’amministratore, dovendosi limitare a vagliarne la ragionevolezza ex ante, sulla base del parametro di diligenza professionale, il quale impone all’amministratore un congruo apprezzamento dei margini di rischio dell’operazione da intraprendere.
Il Tribunale di Milano, nel caso in oggetto, si trova a decidere in via cautelare del ricorso proposto da una S.p.a. contro il suo precedente amministratore unico, funzionale all’ottenimento del sequestro conservativo di parte del suo patrimonio. Gli addebiti mossi all’amministratore riguardavano, nello specifico, prelievi ingiustificati dal conto corrente della società, la distrazione di macchinari e beni accessori mai pagati dalla società acquirente, il cui debito era stato poi compensato con il credito da sottoscrizione di una partecipazione nella stessa, partecipazione dal valore economico contestato da parte dei ricorrenti e, infine, da un’operazione che avrebbe fatto assumere alla società gestita obbligazioni di facere, che la stessa non sarebbe mai stata in grado di soddisfare.
La Sezione specializzata in materia di impresa meneghina riprende sul punto l’orientamento secondo cui le scelte gestorie dell’amministratore non possono essere mai sindacate nel merito, ma soltanto valutate in termini di ragionevolezza ex ante. Sul punto, in via sommaria, le decisioni dell’amministratore per quanto concerne i rapporti con la società acquirente dei macchinari e la complessiva operazione sopraindicata non vengono considerate dall’autorità giudiziaria sconsiderate e quindi fonte di responsabilità per questi nei confronti della società. Pertanto, la richiesta di sequestro viene accolta limitatamente al controvalore del prelievo ingiustificato dalle casse della società, mai contestato dal convenuto.