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Giurisprudenza

Annullamento di delibera assembleare per abuso della maggioranza e inesistenza di un diritto agli utili

16 Luglio 2020

Lorenzo Baldacci

Tribunale di Vicenza, 12 maggio 2020, n. 852 – Pres. Rel. Campo

Di cosa si parla in questo articolo

La società Beta, quale socio della società Alfa S.p.A., impugnava la delibera assembleare di approvazione del bilancio 2008, che disponeva, per il terzo anno di seguito, la destinazione a riserva straordinaria degli utili rimanenti (circa tre milioni di euro), ferma la corresponsione dei compensi agli amministratori in misura fissa e l’assegnazione ad un solo componente dell’organo amministrativo, Tizio, di un ulteriore compenso in misura molto rilevante (1,8 milioni di euro).

Allegava, oltre alla genericità o all’inconferenza delle ragioni di autofinanziamento della società, l’attrice che la maggioranza delle azioni di Alfa era detenuta da tre società, tutte facenti capo a Tizio, alla moglie e al figlio di questi, rappresentando, quindi, l’esistenza di un abuso di posizione della maggioranza la ripetuta mancata distribuzione degli utili perché asseritamente finalizzata a ledere i diritti particolari del socio di minoranza.

Il Tribunale di Vicenza, condividendo la ricostruzione in diritto operata in sentenza n. 715/2019, emessa tra le stesse parti per l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio 2012, dalla Corte d’Appello di Venezia, rileva come l’abuso della maggioranza violi le generali clausole di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto di società, per integrare il quale è necessario riscontrare un esercizio fraudolento o ingiustificato del diritto di voto, che si concreti in (i) deliberazione connotata da finalità distoniche rispetto all’interesse sociale, costituendo in buona misura una deviazione dallo scopo economico e pratico della società, ovvero (ii) deliberazione a vantaggio della sola maggioranza, in pregiudizio dei diritti della minoranza in mancanza di legittimo interesse sociale.

Quanto alla prima ipotesi, alcune delle motivazioni dalla convenuta per sostenere la corretta adozione della delibera sembrerebbero rispecchiare, forse con un margine di ambiguità dovuta alla genericità della rappresentazione, interessi della società, quali la necessità di finanziare l’investimento immobiliare della società e non ridurre il rapporto tra crediti e disponibilità liquide, così pregiudicando l’immagine dell’ente societario agli occhi di fornitori e istituti di credito.

Mentre è lecito ritenere configurabile nella specie l’ipotesi (ii), integrata, secondo il Tribunale, dalla genericità dei motivi circa la crisi economica, dall’irrilevanza del solo investimento immobiliare in relazione all’appostazione quale riserva, dalla reiterata decisione di non redistribuire gli utili, pur a fronte dall’abnormità del compenso dell’amministratore. Peraltro, nella decisione massimata, tale ultimo corrispettivo costituisce un elemento cruciale, atteso che non risulta in atti che la società convenuta abbia giustificato la percezione di un importo così rilevante e che tale somma, inoltre, liquidata ad un soggetto espressione della maggioranza dell’azionariato, a lui indirettamente riconducibile, sia quasi pari al valore dell’utile non distribuito.

Tali indizi da ultimo sottolineati unitamente ad altri, quali la mancata distribuzione degli utili, i ricavi e il patrimonio netto in costante aumento e la reiterata mancata distribuzione, danno prova dell’esistenza di un comportamento abusivo della maggioranza idoneo a condurre il Giudice a pronunciare l’annullamento della delibera assembleare.

Non merita invece accoglimento la seconda domanda della società attrice che chiedeva la condanna di Alfa a corrispondere gli utili non percepiti, dato che il diritto all’utile del socio spetta, ex art. 2350 c.c., solo e nella misura in cui tale distribuzione sia deliberata dall’assemblea dei soci; valutazione, questa, che nella sua discrezionalità e nella diversa attribuzione di competenza non può essere presa, in via sostitutiva, dal Tribunale.

 

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