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Giurisprudenza

Quotate: criteri di responsabilità dei sindaci per omesso controllo sull’operato degli amministratori

6 Marzo 2019

Manfredi Sclopis, Trainee presso Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners

Cassazione Civile, Sez. II, 7 gennaio 2019, n. 126 – Rel. Tedesco, Pres. Petitti

Di cosa si parla in questo articolo

La sentenza in commento stabilisce due principi di diritto importanti in tema di responsabilità dei sindaci per omessa vigilanza sulle attività di gestione degli amministratori di una società per azioni quotata in borsa.

Nel caso di specie, la Consob aveva irrogato sanzioni pecuniarie nei confronti di un sindaco di una società quotata per violazione dell’art. 149 TUF, per non aver vigilato sul sistema di controllo interno degli amministratori nei rapporti con una terza società, nonché sul rispetto da parte di un amministratore ai doveri previsti dall’art. 2391 cod. civ., norma che impone un obbligo a carico dell’amministratore di riferire di ogni operazione in cui abbia un interesse e, nel caso in cui si tratti di un amministratore delegato, di astenersi dal compiere l’operazione.

Anzitutto, la sentenza della Corte d’Appello veniva censurata nella parte in cui riteneva che l’attività di vigilanza demandata ai sindaci dovesse necessariamente esplicarsi in un’attività di controllo diretto, attraverso il ricorso alla molteplicità dei poteri loro attribuiti dall’ordinamento. Secondo i ricorrenti, l’attività di vigilanza si esplicherebbe solo in forma indiretta, “verificando le operazioni di controllo effettuate dalle funzioni aziendali interne e dai comitati e ricorrendo ad atti di ispezione diretti secondo la propria valutazione affidata a principi di discrezionalità tecnica”.

La Suprema Corte ha ritenuto la doglianza infondata sull’assunto che al collegio sindacale non è affidato un controllo di merito sull’opportunità delle scelte degli amministratori, ma piuttosto l’obbligo di vigilare sull’adeguatezza delle strutture organizzative e dei sistemi di controllo interno e contabile e sull’affidabilità di quest’ultimo al fine di rappresentare adeguatamente i fatti gestionali.

A tal fine, i sindaci non possono limitarsi a fare affidamento sulle informazioni ricevute dagli amministratori, ma devono ricorrere a tutti gli strumenti informativi e ai poteri di indagine previsti dall’art. 149 TUF, quali ad esempio il potere di ispezione e la richiesta di informazioni e chiarimenti, con la conseguenza che il lamentato adempimento parziale dell’organo di gestione non vale ad escludere la responsabilità dei sindaci a titolo di concorso omissivo quoad functionem con gli amministratori.

Ed invero, la complessa articolazione della struttura di una società non può comportare l’esclusione o l’affievolimento dei poteri-doveri di controllo imposti ai sindaci, che si esplicano, da un lato, in un obbligo di vigilanza in funzione sia della salvaguardia degli interessi degli azionisti dagli abusi degli amministratori, sia dell’adeguatezza delle metodologie finalizzate al controllo interno della società secondo parametri regolamentati dalla Consob, e, dall’altro lato, in un obbligo di denuncia immediata alla Banca d’Italia e alla Consob in caso di accertate irregolarità commesse dall’organo di gestione. Nel caso in esame ciò che veniva rimproverato al ricorrente non era il fatto di non aver rilevato autonomamente le irregolarità, ma di aver mantenuto una condotta omissiva nonostante le irregolarità fossero già emerse e segnalate da un’altra funzione aziendale interna.

La seconda censura atteneva all’interpretazione dell’art. 2391 cod. civ.. Secondo il ricorrente, la norma in esame sarebbe stata applicabile esclusivamente per il caso di deliberazioni del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo, mentre la Corte d’Appello ne avrebbe erroneamente riconosciuto l’applicabilità anche nel caso di riunione di un comitato di controllo interno.

La Suprema Corte ha rigettato anche la suddetta doglianza, evidenziando come il dovere di trasparenza previsto dall’art. 2391 cod. civ. è generale, atteso che le ipotesi previste dal secondo e terzo comma della norma in esame sono eventuali, e non incidono in alcun modo sull’obbligo imposto dal primo comma. Al riguardo, è stato correttamente sottolineato che l’obbligo di cui all’art. 2391 cod. civ. è configurabile anche per le riunioni interne del consiglio di amministrazione investite di compiti di controllo, rispetto alle quali l’esigenza di trasparenza appare oltremodo rilevante.

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