La Suprema Corte ha avuto modo di stabilire, con la pronuncia in esame, che in tema di prescrizione dell’azione sociale esercitata dai creditori sociali di cui all’art. 2394 cod. civ., “il bilancio costituisce, per la sua specifica funzione, il documento informativo principale sulla situazione della società non solo nei riguardi dei soci, ma anche dei creditori e dei terzi in genere, onde un bilancio in attivo o in pareggio è idoneo ad offrire un’informazione rassicurante ed affidabile. Allorché, poi, nonostante la relazione dei sindaci al bilancio, in cui si evidenzi l’inadeguatezza della valutazione di alcune voci, l’assemblea deliberi comunque la distribuzione degli utili ai soci ai sensi dell’art. 2433 cod. civ. senza obiezioni, in quella sede, da parte degli organi sociali di gestione e di controllo, l’idoneità, o no, di detta relazione sindacale ad integrare di per sé l’elemento della oggettiva percepibilità per i creditori circa la falsità dei risultati attestati dal bilancio sociale rimane oggetto di un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito”.
Alla luce di quanto sopra, il termine prescrizionale per esperire l’azione di cui all’art. 2394 cod. civ. decorre dalla data di pubblicazione del bilancio sociale da cui emerge un’eccedenza delle passività rispetto alle attività. Ciò in quanto il bilancio costituisce, come detto, il documento informativo principale nei confronti non solo dei soci ma anche e soprattutto dei terzi. Si tratta, invero, di una presunzione iuris tantum, superabile cioè da prova contraria: graverà sugli amministratori l’onere di dimostrare che i creditori sociali fossero a conoscenza dello stato di decozione della società prima del suddetto termine.
La responsabilità degli amministratori, una volta accertata, concorrerà con quella dei sindaci, allorquando risulti che essi abbiano violato i propri doveri di diligenza di cui all’art. 2407 cod. civ.
In particolare, la Suprema Corte ha statuito che i sindaci non possano limitarsi a espletare le attività di vigilanza previste testualmente dalla legge, ma debbano adottare qualsiasi altro atto idoneo ad assolvere il proprio incarico, “quali, come questa Corte ha da tempo indicato, la segnalazione all’assemblea delle irregolarità di gestione riscontrate e persino, ove ne ricorrano gli estremi, la segnalazione al pubblico ministero per consentirgli di formulare la richiesta ai sensi dell’art. 2409 cod. civ.”. Essi risponderanno, dunque, in solido con gli amministratori, “laddove non abbiano rilevato una rilevante violazione altrui, o non abbiano adeguatamente reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità” e sussista “il nesso di causalità tra la condotta omissiva dei sindaci ed il danno, quando essi non abbiano formulato rilievi critici su poste di bilancio palesemente ingiustificate o non abbiano esercitato poteri sostitutivi che, secondo l’id quod plerumque accitdit, avrebbero condotto ad una più sollecita dichiarazione di fallimento”.