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Giurisprudenza

Sulla quantificazione del danno nelle azioni ex art. 146 L.F. nei confronti di amministratori e sindaci

5 Febbraio 2018

Sara Addamo, Dottoranda in Studi Giuridici Comparati ed Europei presso l’Università di Trento

Cassazione Civile, Sez. I, 03 gennaio 2017, n. 38 – Pres. Dogliotti, Rel. Falabella

Di cosa si parla in questo articolo

Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore a norma dell’art. 146, 2 ° co. 1. fall., la mancata (o irregolare) tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all’amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa ove ne sussistano le condizioni, sempre che il ricorso ad esso sia, in ragione delle circostanze del caso concreto,logicamente plausibile e, comunque, l’attore abbia allegato un inadempimento almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dei predetti soggetti.

Nell’enunciare il predetto principio di diritto, la Suprema Corte si pone espressamente nel solco della recente pronuncia a Sezioni Unite del 6 maggio 2015, n. 9100, cassando la decisione della Corte territoriale che aveva applicato un criterio di meccanica commisurazione del quantum debeatur all’entità della differenza tra attività e passività sociali.

Inoltre, la Corte di Cassazione interviene a conferma di un ulteriore principio di diritto, già oggetto di pronunce di legittimità, in tema di prescrizione delle azioni di responsabilità esercitate dal curatore fallimentare, ex artt. 146 l. fall. e 2394 c.c.,nei confronti degli amministratori e dei sindaci. Il termine di prescrizione quinquennale inizia a decorrere dal momento in cui il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei crediti e può anche essere anteriore alla data dell’apertura della procedura concorsuale, tuttavia, l’onere di provare che l’insufficienza del patrimonio sociale si è manifestata ed è divenuta conoscibile prima della dichiarazione di fallimento, grava sull’amministratore o sul sindaco che eccepisce la prescrizione. L’onere probatorio non può considerarsi assolto”mediante la generica deduzione, non confortata da utili elementi di fatto, secondo cui l’insufficienza patrimoniale si sarebbe manifestata già al momento della messa in liquidazione della società, in quanto questo procedimento non è necessariamente determinato dalla eccedenza delle passività sulle attività patrimoniali, mentre la perdita integrale del capitale sociale neppure implica la consequenziale perdita di ogni valore attivo del patrimonio sociale” (conf. Cass. 21 luglio 2010, n. 17121; Cass. 18 gennaio 2005, n. 941; Cass. 28 maggio 1998, n. 5287; cfr. pure Cass. 12 giugno 2014, n. 13378).

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