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Giurisprudenza

Il liquidatore può compiere ogni atto utile per la liquidazione della società se la delibera non ne specifica i poteri

7 Settembre 2017

Gianmarco Melillo, praticante avvocato presso lo studio Gatti Pavesi Bianchi

Cassazione Civile, Sez. I, 1 giugno 2017, n. 13867 – Pres. Didone, Rel. Scaldaferri

Di cosa si parla in questo articolo

La delibera assembleare di scioglimento della società e di nomina del liquidatore che non abbia determinato i poteri attribuiti al medesimo non implica che l’ambito di tali poteri resti indeterminato, operando, al contrario, il principio generale di cui all’art. 2489 c.c., comma 1, secondo cui il liquidatore è investito del potere di compiere ogni atto utile per la liquidazione della società.

La sentenza in rubrica accoglie il ricorso proposto dall’esperto incaricato della predisposizione del piano di risanamento avverso il decreto del Tribunale di Larino che aveva, nelle prime cure, rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento. In particolare, il giudice di primo grado fondava la sua decisione sul fatto che dal verbale della delibera assembleare non si aveva evidenza dei criteri in base ai quali si sarebbe dovuta svolgere la liquidazione né dell’indicazione dei poteri di cui all’art. 2487 c.c., comma 1 lett. c). Inoltre, specificava il giudice in punto di diritto, l’attribuzione di tali poteri non sarebbe automaticamente insita nell’atto di nomina del liquidatore, anche alla luce della norma di cui all’art. 2487-bis comma 1 c.c., che richiede l’iscrizione della determinazione dei poteri nel registro delle imprese, con la conseguenza che, dunque, l’atto compiuto in carenza di potere fosse imputabile alla persona fisica che l’aveva posto in essere anziché alla società.

La Suprema Corte nell’accogliere le doglianze di parte ricorrente, in primo luogo, ha ribadito la sussistenza di un rapporto di eccezionalità tra la norma generale di cui all’art. 2489 c.c. e la norma prevista dall’art. 2487, comma 1, lett. c): una lettura unitaria delle due disposizioni fa emergere con chiarezza che il deliberato dell’assemblea dei soci avente ad oggetto la nomina dei liquidatori non è dirimente ai fini della determinazione dei poteri del liquidatore stesso, rappresentando soltanto una facoltà dei soci di predeterminare i confini entro i quali i liquidatori possano concretamente operare.

A sostegno di tale tesi la Cassazione, in secondo luogo, compie una ricostruzione teleologica degli interventi attuati dalla riforma del diritto societario del 2003 in tema di poteri dei liquidatori, specificando che il precipuo intento del legislatore è stato quello di ampliare, anziché circoscrivere, lo spatium deliberandi dei medesimi. In questa direzione si colloca sia l’eliminazione del divieto di compiere nuove operazioni sociali al verificarsi di un fatto che determina lo scioglimento della società (come era, ab origine, previsto dal previgente art. 2449 c.c.) sia il nuovo dettato letterale dell’art. 2489, comma 1, c.c. che fa riferimento non più ai soli “atti necessari per la liquidazione”, bensì a tutti gli “atti utili per la liquidazione”.

In conclusione, la Corte statuisce che il richiamo, effettuato dal giudice di prime cure, dell’art. 2487-bis risulta manifestamente erroneo là ove tale norma, nel prescrivere la pubblicazione nel registro delle imprese della delibera di nomina dei liquidatori e dei loro poteri, deve essere intesa nel senso che eventuali limitazioni deliberate in deroga al generale potere dei liquidatori debbano essere, in ogni caso, portate a conoscenza dei terzi.

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