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Giurisprudenza

Sulla ultrattività del mandato rilasciato da società medio tempore cancellata dal registro delle imprese

15 Marzo 2017

Alessia Benevelli

Cassazione Civile, Sez. II, 9 gennaio 2017, n. 190 – Pres. Bucciante, Rel. Falaschi

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza in oggetto la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema dell’ultrattività del mandato in caso di intervenuta cancellazione dal registro delle imprese, nelle more del giudizio, della società rappresentata. Più in particolare, nel caso esaminato dalla Corte, la cancellazione era intervenuta ancora prima della pronuncia di primo grado, pur non essendo mai stata dichiarata nemmeno nel corso del giudizio di appello e anzi avendo la stessa società cancellata, vittoriosa, provveduto a notificare al soccombente la sentenza del tribunale. Nel rigettare la domanda di nullità dell’impugnata sentenza per essere stata pronunciata nei confronti di un soggetto già cancellato dal registro delle imprese, la Corte ha richiamato due precedenti delle Sezioni Unite, la n. 6070 del 13 marzo 2013 [1] e la n. 15295 del 4 luglio 2014 [2], statuendo che, nella fattispecie al suo esame, il mandato per la costituzione in appello fosse da considerare esistente e valido, sebbene proveniente da un soggetto estinto. E ciò sul rilievo che la stessa società, quando ancora si trovava in bonis, aveva conferito un mandato pieno al procuratore, mandato poi reiterato in calce all’atto di costituzione di appello. Di conseguenza la società, per quanto estinta, era stata idoneamente rappresentata sulla base del primo mandato, efficace anche per la costituzione in appello, anche sulla base dell’ulteriore rilievo che l’evento estintivo non fosse mai stato ritualmente dichiarato o assunto prima del giudizio di Cassazione. Da ciò derivava che la decisione del giudice di appello era stata correttamente resa nei confronti delle parti così come rappresentate.

 

[1] La quale aveva statuito che: “qualora all’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contintolarità o di comunione indivisa, i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato”.

[2] La predetta pronuncia aveva enunciato il seguente principio di diritto: “l’incidenza sul processo degli eventi previsti nell’art. 299 c.p.c. (morte o perdita di capacità della parte) è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale – nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c. – il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento interruttivo non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione. Tale posizione giuridica è suscettibile di modificazione nell’ipotesi in cui, nella successiva fase d’impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altre parti l’evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte (come previsto dalla novella di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 46), o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 300 c.p.c., comma 4. Ne deriva che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, a norma dell’art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale della parte divenuta incapace; b) detto procuratore, qualora gli sia originariamente conferita procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione (ad eccezione del ricorso per cassazione per la proposizione del quale è richiesta la procura speciale) in rappresentanza della parte che, pur deceduta o divenuta incapace, va considerata nell’ambito del processo ancora in vita e capace; c) è ammissibile l’atto di impugnazione notificato, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento”.

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