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Giurisprudenza

Perché si integri la fattispecie di controllo esterno è necessaria la traslazione del potere di direzione dell’attività sociale

27 Ottobre 2016

Alessia Benevelli

Tribunale di Roma, Sez. Impresa, 13 giugno 2016, n. 11925 – Pres. F. Mannino, Rel. G. Romano

Di cosa si parla in questo articolo

Con la pronuncia in oggetto il Tribunale di Roma ha precisato che ai fini dell’integrazione della fattispecie di controllo esterno non è sufficiente la ripetizione, caratterizzata da una certa stabilità nel tempo, di ordini o commesse. La reiterazione di rapporti negoziali aventi il medesimo oggetto, infatti, per quanto sintomatico di una posizione contrattuale “forte” di una società rispetto ad un’altra dalla quale può anche derivare la sostanziale “imposizione” dei corrispettivi della fornitura o del servizio, non è sufficiente a integrare la fattispecie del controllo. La norma richiede infatti che i rapporti contrattuali che generano quel controllo siano particolari, e che dunque sulla base di essi la società controllata non possa autonomamente determinare le proprie scelte strategiche in ordine allo svolgimento della propria attività imprenditoriale. Il che equivale a dire che l’atteggiarsi dei rapporti negoziali, per integrare la fattispecie di un controllo esterno, deve generare la traslazione all’esterno della società del potere di direzione dell’attività sociale, fatto che non si verifica per il solo fatto di reiterare nel tempo più ordini. Diversamente opinando si avrebbe un’estrema dilatazione del concetto di controllo esterno, che verrebbe a configurarsi automaticamente in ogni rapporto negoziale stabile che vede coinvolto un operatore dell’indotto generato dall’attività di un’impresa.

Va infine sottolineato, a parere del Tribunale, che in giurisprudenza si è più volte osservato come l’influenza esercitata da una società su un’altra in virtù di un contratto che non conferisce alla prima alcun potere di determinare le scelte gestorie della seconda non rilevi ai fini dell’applicazione dell’art. 2497 cc, né con riferimento al controllo esterno di cui all’art. 2359, comma 1, n. 3, cc (norma richiamata dall’art. 2497 sexies cc), né con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 2497 septies cc. In entrambi i casi, infatti, la responsabilità da attività di direzione e coordinamento non può prescindere dall’esistenza di disposizioni contrattuali rilevabili in maniera oggettiva. In mancanza di uno specifico potere contrattuale della parte economicamente forte di imporre le proprie decisioni, le condotte del soggetto asseritamente eterodiretto devono ricondursi alla libera strategia imprenditoriale di quest’ultima, non potendosi imputare ad altri le conseguenze di tali scelte.

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