Con la sentenza in commento la Suprema Corte precisa la portata dell’obbligo di comunicazione delle partecipazioni rilevanti nelle società con azioni quotate così come previsto dall’art. 120 del Tuf, evidenziando che la relativa violazione deve costituire oggetto di autonomo accertamento da parte del giudice, non potendo la stessa venire esclusa sulla base della mera circostanza che non risulti provata la partecipazione del socio ad un successivo patto parasociale.
In seguito ad annullamento del provvedimento sanzionatorio emesso dalla Consob per la violazione di varie disposizioni del Tuf commesse da una società per contrastare un’offerta pubblica di acquisto (OPA) promossa su azioni di una banca, l’autorità di vigilanza propone ricorso per cassazione, rilevando vari vizi logici e motivazionali nella decisione della Corte territoriale in merito alla mancata prova di circostanze idonee a configurare l’esistenza di patti parasociali.
La Suprema Corte, accogliendo parzialmente il ricorso, rileva un vizio motivazionale nella sentenza impugnata per la mancata esplicitazione delle ragioni che hanno condotto all’annullamento del provvedimento sanzionatorio anche relativamente alla violazione di cui all’art. 120 Tuf in materia di comunicazione di partecipazioni rilevanti.
In particolare, sottolinea il giudice di legittimità, la negazione di una prova circa l’esistenza di patti parasociali e delle conseguenti violazioni connesse, neppure per implicito è sufficiente a motivare la conclusione che l’intento di aumentare la propria partecipazione nella società target non abbia avuto seguito, per cui il Giudice d’appello avrebbe dovuto specificatamente indicare le ragioni dell’inesistenza della violazione ex art. 120 Tuf a prescindere dalla prova raggiunta riguardo alla partecipazione della società sanzionata ad un patto parasociale ex art. 122 Tuf.