La sezione specializzata in materia d’impresa del Tribunale di Milano si è recentemente pronunciata sull’ipotesi di recesso da società di capitali disciplina dall’articolo 2497-quater, comma 1, lett. c) del Codice Civile.
Tale norma – prevedendo che i soci di società soggette ad attività di direzione e coordinamento possono esercitare il diritto di recesso all’inizio e alla cessazione di tale attività – pone due condizioni all’esercizio di detto diritto di exit: la prima, di tipo positivo, richiede che le condizioni di rischio dell’investimento siano “alterate”; la seconda, di tipo ostativo, impedisce il recesso nel caso in cui il nuovo soggetto esercente direzione e coordinamento promuova un’“offerta pubblica di acquisto”.
Il Tribunale, nella sentenza in oggetto, ha chiarito la portata di tali previsioni. Da un lato, i giudici milanesi hanno inteso ampliare la portata di tutela della norma, riconoscendo la sussistenza del requisito dell’alterazione (in senso deteriore) delle condizioni di rischio dell’investimento anche nel caso in cui quest’ultima abbia natura meramente potenziale. Inoltre, il mutamento delle condizioni di rischio deve essere verificato in relazione alle prospettive patrimoniali, finanziarie e reddituali della società, così come anche al valore della partecipazione detenuta.
Quanto alla promozione dell’“offerta pubblica di acquisto” – intesa dalla legge come una modalità di disinvestimento alternativa al diritto di recesso – la Corte ha chiarito come essa sia valida anche se “privata” (o meglio, offerta a un ristretto numero di soci). Essa, tuttavia, deve essere necessariamente rivolta a tutti soci precedentemente non esercenti l’attività di direzione e coordinamento, per la totalità dei titoli da questi detenuti, non essendo richiesto dalla legge l’impegno a promuovere acquisti parziali (corrispondenti alla figura del recesso parziale).
Dal punto di vista del prezzo offerto, il Tribunale ha dichiarato che esso non deve necessariamente coincidere con il valore di liquidazione della partecipazionein caso di recesso, calcolato ai sensi dell’articolo 2347-ter del Codice Civile: il prezzo offerto può differire da quest’ultimo, purché sia “equo” (esso non deve pertanto coincidere con il prezzo di vendita della quota di maggioranza, che risulta tendenzialmente più elevato rispetto al prezzo “equo” in quanto ricomprende il cosiddetto “premio di maggioranza”).
Infine, il Tribunale di Milano haconfermatoche l’onere della prova riguardante le condizioni sopra esposte ricede sul socio che voglia esercitare il diritto di recesso.