Con riferimento alla portata probatoria delle indagini bancarie, conformemente ai principi espressi dalla sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni di prelevamento hanno valore presuntivo di maggior reddito nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa.
Nel caso di attività istruttoria condotta nei confronti di un socio di una S.r.l., se l’Amministrazione finanziaria non dimostra che il conto movimentato sia strumentale all’attività di impresa della Società o comunque ad essa riconducibile, né allega la ricorrenza di una ristretta base partecipativa, il reddito accertato avrà per il socio natura di capitale e non di impresa, con conseguente inapplicabilità della presunzione relativa ai prelevamenti bancari.
Si tratta del principio reso nell’ordinanza n. 34209 del 20 dicembre 2019 con cui la Corte di Cassazione ha dato continuità interpretativa alla sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014.
Oggetto del contenzioso è un avviso di accertamento emesso in seguito allo svolgimento di indagini bancarie nei confronti di uno dei soci di una S.r.l. immobiliare: l’Ufficio aveva rideterminato il maggior reddito sommando automaticamente ai versamenti anche i prelievi operati sul conto corrente del contribuente, ai sensi dell’art. 32, comma 1, numero 2) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Il ricorrente ha lamentato, tra i numerosi ed articolati motivi di impugnazione, violazione e falsa applicazione della disposizione sopra menzionata, quanto all’illegittimo utilizzo della presunzione legale di imputazione di prelevamenti e versamenti dal conto corrente a componenti positivi (seppur con riferimento in verità, alla ritenuta erronea diretta qualificazione quali ricavi e compensi, anziché come indizi di maggior reddito da “porre a base” dell’azione accertativa attraverso adeguati riscontri) .
In premessa gli ermellini hanno richiamato la già menzionata pronuncia della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, numero 2, secondo periodo del d.P.R. 600/73, limitatamente alle parole “o compensi”, e ha dunque circoscritto il valore presuntivo dei prelevamenti nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa.
A giudizio della Corte, al caso di specie deve applicarsi la norma così come modificata dalla Corte di Costituzionale; ciò in quanto il maggior imponibile accertato è stato attribuito come “reddito di capitale” al contribuente, e non come reddito di impresa generato dalla S.r.l. di cui era socio, non avendo l’Ufficio argomentato in merito alla diretta strumentalità del conto corrente all’attività della Società né alla ricorrenza di una ristretta base azionaria a giustificazione di una eventuale imputazione per trasparenza del reddito alla persona fisica.
Per tale ragione, la sentenza impugnata viene cassata con rinvio al giudice di merito.