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Giurisprudenza

Dividendi: la Convenzione tra Italia e Germania che prevede l’eliminazione della doppia imposizione prevale sulla norma interna

5 Marzo 2020

Giulio Mangiafico, Dottorando in Scienze Giuridiche presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca

Cassazione Civile, Sez. V, 20 novembre 2019, n. 30140 – Pres. Cirillo- Rel. Cataldi

Di cosa si parla in questo articolo

La disposizione di cui all’articolo 24, paragrafo 2, capoverso b) della Convenzione Italia-Repubblica federale di Germania, in ossequio alla quale i redditi derivanti dai dividendi pagati ad una società residente nel territorio italiano da parte di una controllata (mediante partecipazione diretta al capitale sociale superiore al 25% ) residente in territorio tedesco devono essere integralmente esclusi dalla base imponibile della prima, deve giudicarsi preposta all’eliminazione della doppia imposizione economica.

Stante il predetto fine perseguito, la disposizione pattizia citata deve prevalere sulla norma interna di cui all’articolo 89, comma secondo, del T.U. 917/1986, che prevede l’assoggettamento ad imposizione del 5% del dividendo ricevuto, poiché quest’ultima determinerebbe una imposizione economica a catena, essendo il provento distribuito già a sua volta tassato in Germania quale utile societario della controllata.

Questo il principio di diritto sviluppato dalla pronuncia in commento, esito di un percorso argomentativo articolato seguito dal Collegio giudicante.

La Società ricorrente veniva raggiunta da un provvedimento di accertamento con il quale era ripresa a tassazione, ai fini IRES, la quota pari al 5% dei dividendi percepiti dalla propria controllata totalitaria residente in Germania, ritenendo l’Ufficio competente non applicabile la norma convenzionale anzi citata, bensì l’articolo 89, comma secondo, del TUIR.

 L’impostazione dell’Amministrazione Finanziaria era confermata in entrambi i giudizi di merito, ritenendo i collegi aditi che lo strumento pattizio invocato dovesse intendersi quale presidio alla sola doppia imposizione giuridica, che nel caso di specie non risultava sussistente, non avendo il dividendo scontato alcuna imposizione in uscita a titolo di ritenuta.

Ricorreva dunque il contribuente lamentando violazione e falsa applicazione del menzionato articolo 24, paragrafo 2, capoverso b) della Convenzione Italia-Germania, proprio in ragione dell’erronea qualificazione della disposizione quale presidio alla sola doppia imposizione giuridica, e non economica, come invece potrebbe ricavarsi dalla lettura del commentario OCSE con riguardo ai fenomeni “imposizione economica a catena”.

In premessa la Corte rileva la peculiarità insita nella Convenzione invocata, che, differentemente dagli usuali strumenti convenzionali cui l’Italia partecipa, non si propone di eliminare il fenomeno della doppia imposizione dei dividendi mediante credito di imposta, bensì tramite esclusone del reddito dalla base imponibile del soggetto percettore.

Quanto al perimetro interpretativo della doppia imposizione all’interno del testo convenzionale, prosegue il Collegio, mediante il richiamo all’articolo 3, comma 2, questo deve definirsi secondo i dettami dell’ordinamento dello Stato contraente chiamato ad applicare l’imposta; in tal senso sia l’articolo 163 del Tuir che l’articolo 67 d.P.R. 600/1973 abbracciano il fenomeno della doppia imposizione sia in termini giuridici che economici.

Inoltre, in applicazione delle regole generali di interpretazione dei trattati (articolo 31, paragrafo 1 della Convenzione di Vienna), valorizzando una analisi letterale dell’articolo convenzionale invocato, questo postula l’esclusione della base imponibile in termini incondizionati.

Relativamente invece alle indicazioni fornite dal Commentario OCSE (nelle versioni del 1977 e 1992), la Corte ravvisa, nell’essersi deliberatamente gli Stati Contraenti, nel redigere il citato articolo 24, paragrafo 2, capoverso b), allontanati dai modelli previsti dall’articolo 23 A e B per risolvere la doppia imposizione giuridica, un indizio di volontà di presidiare proprio anche quella economica, come peraltro raccomandato dallo stesso documento di soft law al punto 50.

Con riguardo infine al corretto collocamento della disciplina pattizia all’interno della gerarchia delle fonti, questa assume valore di fonte primaria, conformemente agli articoli 10, comma 1 e 117 della Costituzione nonché, più specificamente in ambito tributario, in coerenza con gli articoli 169 TUIR nonché 75 del d.P.R. 600/1973; deve trovare applicazione, nel contrasto con la norma interna, il principio di specialità insita nella ratio del risolvere i fenomeni di doppia imposizione.

Né può dirsi superata la Convenzione ad opera della Direttiva 90/435/CE, poiché lo stesso articolo 7, paragrafo 2 di quest’ultima non pregiudica l’applicazione di misure convenzionali orientate appunto all’eliminazione o attenuazione della doppia imposizione economica dei dividendi.

 

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