In presenza una contestazione di elusività di una operazione di riorganizzazione societaria atta a consentire il trasferimento del controllo di un gruppo multinazionale, il contribuente non può limitarsi, nel fornire la prova contraria, ad allegazioni generiche o meramente descrittive, ma deve assicurare, conformemente alle indicazioni desumibili dalla giurisprudenza domestica, dal Diritto dell’Unione e dalle intenzioni del Legislatore, specifici elementi funzionali a testimoniare la coerenza economica e la rispondenza a normali logiche di mercato dei singoli atti posti in essere, nonché la rispondenza dei vantaggi fiscali conseguiti con finalità e principi propri dell’ordinamento tributario.
Queste, in sintesi, le considerazioni in diritto espresse dalla Corte di Cassazione con la pronuncia 34595 del 2019.
Nell’ambito di una operazione di leveraged buyout finalizzata all’acquisizione del controllo di un gruppo multinazionale ad opera di un Fondo di Private Equity, veniva costituita nel territorio italiano una sub-holding, che contraeva un ingente debito finanziario nei confronti della controllante al fine di acquisire le partecipazioni in ulteriori compagini operative italiane e non residenti.
Riscontrata da parte del competente Ufficio dell’Amministrazione Finanziaria la circostanza che le predette partecipazioni acquisite con l’operazione appartenessero già, in realtà, al gruppo multinazionale, e che, conseguentemente, non vi fosse alcuna motivazione economica valida a sostegno dell’operazione posta in essere, salvo il conseguimento di in un indebito vantaggio fiscale scaturente dalla generazione di oneri finanziari atti, in definitiva a traslare in capo alle Società operative il debito contratto, sottraendo al contempo materia imponibile, è stato recuperato a tassazione il maggior costo dedotto in capo alla sub-holding, contestando la natura elusiva degli atti complessivamente compiuti.
Soccombente in appello ad esito di riforma della pronuncia di prime cure, la Società proponeva ricorso lamentando come la CTR non avesse adeguatamente valutato l’operazione nel suo complesso, che non presentava alcun vantaggio fiscale asistematico.
A giudizio del ricorrente infatti l’utilizzo del leveraged buyout non poteva considerarsi strumento ex sé illecito; inoltre la deduzione di oneri finanziari ad opera di una holding nell’ambito di un intento riorganizzativo avrebbe dovuto giudicarsi legittima in quanto inerente all’attività di impresa prestata.
Infine, a giudizio della Società, a fronte di una operazione orientata al miglioramento strutturale della compagine societaria, l’ufficio non avrebbe esposto in sede di accertamento modalità alternative di perseguimento dell’obiettivo sociale.
La Corte rigetta i motivi di ricorso allegati, in difetto, da parte del ricorrente, di allegazioni concrete di valide ragioni economiche a fondamento di una operazione di riorganizzazione interna finalizzata all’acquisizione di Società già controllate dal gruppo.
A supporto delle proprie argomentazioni, il Collegio richiama, riportandone i contenuti essenziali, la raccomandazione 2012/772/UE, da cui la disciplina dell’articolo 10-bis della legge 212/2000, introdotto dall’articolo 1 del d.lgs. 128/2015, ha preso abbrivio.