Il giudizio sulla legittimità del trattamento di non imponibilità IVA di cui all’articolo 9, comma primo, n. 6), relativo a servizi prestati nei porti, servizi considerati dal legislatore internazionali o connessi agli scambi internazionali, deve involgere esclusivamente parametri oggettivi, relativi alla natura ed allo scopo delle prestazioni, nonché al luogo di esecuzione delle stesse.
Conseguentemente, in presenza dei predetti canoni oggettivi, quali la riconducibilità dei lavori svolti al funzionamento ed alla manutenzione degli impianti portuali, espletati proprio presso il porto, luogo da giudicarsi per assimilazione normativa come extra territoriale, anche i rapporti tra imprese consorziate e società consortile esecutrice dell’appalto, sebbene non direttamente intrattenuti con il committente, ma comunque identici nei loro contenuti, scontano il regime di non imponibilità.
Così si esprime la Corte di Cassazione con la pronuncia 26368 del 2019.
Due Società, risultate aggiudicatarie di appalto presso il porto di Messina per prestazioni rilevanti ai sensi per gli effetti di cui all’articolo 9, comma primo, n.6) del d.P.R. 633/1972, costituivano all’uopo una società consortile, che provvedeva a sostenere gli oneri necessari all’adempimento del suddetto appalto, assolvendo regolarmente l’IVA addebitata dai fornitori terzi e procedendo poi a detrarla a titolo di rivalsa.
La medesima società consortile ribaltava poi i predetti costi in capo alle consorziate, emettendo i relativi documenti contabili a titolo di non imponibilità, ritenendo applicabile, anche con riferimento agli oneri sostenuti, il disposto del citato articolo 9; procedeva poi a richiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile derivante dalle operazioni passive sostenute.
A seguito del recupero, mediante provvedimento accertativo, della maggiore IVA, oltre sanzioni ed interessi, ritenuta dovuta dal competente ufficio, oltre al diniego dell’istanza di rimborso presentata, il contribuente proponeva impugnazione nei confronti dell’avviso spiccato congiuntamente al diniego stesso.
Risultato soccombente all’esito dei giudizi di merito, ricorreva il contribuente lamentando come la CTR avesse violato l’articolo 9 citato nel ritenere necessario, ai fini della non imponibilità, il presupposto soggettivo delle prestazioni, per cui, ai fini dell’applicabilità dell’articolo 9 citato, dovrebbero rilevare esclusivamente le prestazioni direttamente svolte nei confronti del committente, e non, per quanto qui di interesse, tra i partecipanti ad un consorzio.
La Corte, investita della questione, pur rilevando l’esistenza di un orientamento di legittimità confermativo della posizione del giudice di merito, ne sposa un altro, di segno opposto, atto a valorizzare i soli elementi oggettivi caratterizzanti le prestazioni svolte o i servizi prestati. Anche i rapporti giuridici tra società consortile e consorziate possono beneficiare, quindi, del titolo di non imponibilità, se le prestazioni integrino i presupposti oggettivi di cui all’articolo 9; all’ulteriore condizione, però, che le prestazioni o i servizi interni al consorzio risultino identici a quelli poi svolti nei confronti del committente, condizione non integratasi nella prospettata fattispecie.