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Giurisprudenza

Disapplicazione del regime sulle società di comodo nel caso di crisi di mercato

7 Giugno 2019

Matteo Porqueddu, Studio Tremonti Romagnoli Piccardi e Associati

Cassazione Civile, Sez. VI, 12 Febbraio 2019, n. 4019 – Pres. Greco, Rel. Napolitano

Di cosa si parla in questo articolo

Secondo quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione con riferimento alla norma sulle società di comodo disciplinata dall’art. 30 della Legge 724/94, deve necessariamente trovare accoglimento l’istanza di interpello presentata dal contribuente che dimostri le particolari condizioni di mercato in cui la società si trova ad operare e le ragioni del mancato conseguimento dei ricavi minimi previsti dalla norma.

Nel caso di specie, la società aveva riconvertito l’originario progetto volto alla realizzazione di stabilimenti industriali per la lavorazione di lamiere metalliche, in produzione di pannelli solari termici a causa delle peggiorate prospettive di collocazione dei prodotti destinati al settore automobilistico.

Tale circostanza ha costituito secondo i giudici un elemento di carattere oggettivo tale da rendere impossibile il conseguimento delle soglie minime di reddito previsti dalla citata disposizione normativa.

I supremi Giudici, richiamando precedenti sentenze sono tornati a chiarire che la suddetta nozione di impossibilità, di cui al comma 4-bis dell’art. 30, nel conseguimento del reddito minimo presunto, debba essere interpretata “non in termini assoluti ma piuttosto in termini economici, aventi riguardo alle effettive condizioni di mercato” (cfr. Cass. 28 Febbraio 2017 n. 5080 e Cass. 20 giugno 2018 n. 16204). Ha fatto quindi fede l’elemento oggettivo legato alle mutate condizioni di mercato (causa) che ha portato alla riconversione dell’attività da parte della società (conseguenza).

Infatti, nel caso in analisi le peggiorate prospettive di collocazione dei prodotti destinati al settore automobilistico hanno assunto rilevanza in sede di istanza di interpello, non trattandosi di una scelta imprenditoriale liberamente perseguibile dalla società ovvero di una carenza nella pianificazione aziendale, ma come detto di una scelta obbligata dal mutato contesto economico.  

Il ritardo nella realizzazione dell’investimento era stato causato dal cambiamento dell’originario progetto industriale ed è stato affermato come la Commissione di merito avrebbe dovuto tener conto sia della crisi del mercato, che aveva obbligato la società a operare il detto mutamento dell’attività produttiva, sia come evidenziato nella sentenza, della rimessione in termini concessa dal Ministero dello Sviluppo Economico, che aveva permesso al contribuente di non perdere il beneficio economico originariamente accordato.

Si tratta di precisazioni del tutto condivisibili che rivestono particolare importanza con riferimento all’attuale situazione economica in cui molte imprese sono cadute negli ultimi anni nel nostro Paese.

La decisione della Corte di Cassazione, conferma ancora una volta la possibilità per le società interessate di dimostrare – sia in sede di interpello che in caso di contestazione da parte dell’Ufficio successiva alla presentazione della dichiarazione – l’esistenza di elemento oggettivo certo che può essere ricondotto sia alla crisi del mercato di riferimento che alla specifica società interessata.

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