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Giurisprudenza

Applicazione dell’Iva nei rapporti tra consorzio e consorziati

25 Febbraio 2019

Matteo Porqueddu, Studio Tremonti Romagnoli Piccardi e Associati

Cassazione Civile, Sez. V, 9 Novembre 2018, n. 28702 – Pres. Bruschetta, Rel. Nonno

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28702 del 9 novembre 2018, ha chiarito quali devono essere i termini di applicazione dell’Iva nei rapporti tra consorzio e consorziati, con particolare riferimento ad un caso di consorzio su servizi di vigilanza.

In particolare, è stato affermato che sia ai fini Iva che ai fini delle imposte dirette, le prestazioni effettuate dai consorzi a favore dei propri associati costituiscono operazioni imponibili e contribuiscono alla determinazione del reddito d’impresa, anche qualora rientrino nell’ambito dei compiti istituzionali dell’ente e siano effettuate dietro pagamento di un corrispettivo specifico che eccede i costi di diretta imputazione.

Tale principio, come chiarito dalla Suprema Corte deve valere anche con riferimento ai servizi di vigilanza svolta sui beni degli associati, resi, in ragione di una specifica autorizzazione della prefettura, per il tramite di guardie giurate, posto che l’esenzione da Iva per l’attività di vigilanza deve intendersi limitata, come già previsto originariamente dall’art. 10 comma 1 n. 26 D.P.R. 633/1972, alle sole prestazioni rese dalle guardie giurate ai privati e agli enti quali lavoratori autonomi, mentre non spetta se tale servizio viene reso da istituti di vigilanza privata.

I consorzi diventano dunque soggetti ricompresi fra quelli che possono svolgere attività nell’esercizio di impresa, con la conseguenza dell’obbligo di istituire una regolare contabilità fiscale e di emettere fatture relative ai compensi percepiti dai consorziati.

Ripercorrendo sinteticamente l’iter che ha portato a siffatta pronuncia, va evidenziato come nel precedente grado di giudizio presso la Commissione Tributaria Regionale della Puglia l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, fosse stato parzialmente accolto.

L’impugnazione, in particolare riguardava due avvisi di accertamento, con i quali, con riferimento ai periodi di 1999 e 2000 l’Amministrazione finanziaria aveva contestato il mancato assoggettamento a Iva dell’attività di custodia e vigilanza svolta in favore dei consorziati, l’omessa fatturazione dei corrispettivi e la mancata presentazione delle relative dichiarazioni.

L’Agenzia delle Entrate riteneva infatti che il contributo versato dai consorziati al consorzio rappresentasse il corrispettivo di prestazioni di servizio rese nell’esercizio dell’attività commerciale, in base al combinato disposto dell’articolo 4, commi 2 e 3, del D.P.R. 633/1972.

A parere della Suprema Corte di Cassazione la qualificazione del consorzio quale soggetto esercente attività commerciale e la non applicabilità della esenzione da Iva prevista originariamente dall’articolo 10, primo comma, n. 26, D.P.R. 633/1972, trovava inoltre un valida base argomentativa anche nelle pronunce della stessa giurisprudenza di legittimità, che aveva rilevato, in modo chiaro, l’intento del legislatore di non comprendere, in ogni caso, nell’esenzione o esclusione da IVA le prestazioni svolte dagli istituti di vigilanza (cfr. ex multis Sentenze Corte di Cassazione: 16101/2011, 8155/2011 e 1039/2005).

I consorzi, in conclusione, devono essere ricompresi fra i soggetti che possono effettuare esercizio di impresa, svolgendo un’attività esterna nei confronti dei terzi, che ne connota la qualità di imprenditore, avendo quindi l’obbligo di istituire una regolare contabilità fiscale e di emettere fatture relative ai compensi percepiti dai consorziati.

Anche i contributi versati dai consoci assumono pertanto rilevanza fiscale, configurandosi come corrispettivi di specifiche prestazioni di servizi e come tali rilevanti ai fini dell’applicazione dell’Iva, ai sensi dell’articolo 3, D.P.R. 633/1972 (cfr. Sentenza Corte di Cassazione, 9224/2008 e 667/2014).

Tanto premesso, si evidenzia che la funzione mutualistica dei consorzi, desumibile dall’articolo 2602 del codice civile, non è ostativa allo svolgimento, da parte della società consortile, di una distinta attività commerciale, in particolare come più volte chiarito dalla Suprema Corte l’esercizio di un’impresa commerciale e il relativo intento di lucro non sono infatti inconciliabili con lo scopo mutualistico .

Ciò posto, si può giungere alla conclusione che la distinta soggettività fiscale e l’autonoma responsabilità delle obbligazioni tributarie connesse alle operazioni poste in essere da ciascuna consorziata, nonché dalla società consortile, comportano comunque l’obbligo di distinguere tra le operazioni realizzate dalla società consortile, in esecuzione del patto mutualistico, e quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale.

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