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Giurisprudenza

La manifesta antieconomicità dell’operazione e la conseguente sproporzione del costo sostenuto hanno riflessi anche ai fini del diritto alla detrazione Iva

18 Dicembre 2018

Matteo Porqueddu, Studio Tremonti Romagnoli Piccardi e Associati

Cassazione Civile, Sez. V, 17 luglio 2018, n. 18904 – Pres. Virgilio, Rel. Fuochi Tinarelli

Di cosa si parla in questo articolo

La suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento ha meglio delineato il concetto di inerenza e di converso quello di antieconomicità con riferimento ad un determinato costo sostenuto da parte di un operatore economico e delle conseguenza che tale fattispecie può avere ai fini del diritto alla detrazione IVA.

In particolare, nel caso in esame l’Agenzia delle Entrate aveva notificato ad una società per azioni un avviso di accertamento con il quale aveva disconosciuto l’inerenza ai fini delle imposte dirette e la detraibilità ai fini dell’Iva in relazione ad un premio (costo) concesso a una società cliente, che unitamente allo sconto applicato in fattura, aveva determinato un beneficio effettivo per quest’ultimo pari all’80%.

Sulla base di quanto sancito dalla pronuncia della Suprema Corte di Cassazione si rileva innanzitutto come l’indagine con riferimento all’esistenza (o meno) dell’inerenza dei costi deducibili sostenuti da un determinato operatore economico si ricavi naturalmente dalla nozione di reddito d’impresa, esprimendo quest’ultimo, il principio di correlazione tra costi sostenuti e reale attività d’impresa esercitata e traducendosi quindi in un giudizio di carattere meramente qualitativo, che esula, in sé, da valutazioni di tipo quantitativo.

Più nel dettaglio è stato chiarito, che esula ai fini del giudizio qualitativo di inerenza un apprezzamento del costo in termini di congruità o antieconomicità, parametri che non sono espressione dell’inerenza, ma costituiscono meri indici sintomatici dell’inesistenza di tale requisito, ossia dell’esclusione del costo dall’ambito dell’attività d’impresa

A valle di tali ragionamenti la domanda a cui hanno dovuto dare risposta i giudici di legittimità andava ricercata nel chiarire se l’Agenzia delle Entrate potesse o meno contestare l’inerenza, ovvero la sproporzione, dal punto di vista quantitativo di un determinato costo sostenuto disconoscendone la deduzione totale o anche solo parziale.

Ebbene, la sentenza in commento offre interessanti spunti che rispondono all’interrogativo, in particolare dopo aver chiarito, la declinazione esclusivamente qualitativa con riferimento al giudizio di inerenza, i giudici di legittimità hanno sottolineato come l’aspetto quantitativo o di congruità non è, però, del tutto irrilevante, collocandosi, nell’ambito dell’onere probatorio dell’inerenza del costo in se; in particolare la dimostrata sproporzione di un costo rispetto all’attività esercitata e/o al business condotto è da rilevarsi come indice sintomatico e rivelatore, in ordine al fatto che il rapporto in cui il costo si inserisce è diverso ed estraneo all’attività d’impresa.

Le considerazioni fin qui svolte ai fini delle imposte dirette, si ritengono dover operare coerentemente anche ai fini della detraibilità IVA relativamente al medesimo costo.

Sullo specifico punto considerati i principi della giurisprudenza comunitaria e il particolare meccanismo di neutralità tra operatori economici che sottende all’IVA, i giudici di legittimità hanno stabilito che il giudizio di congruità non condiziona, né esclude il diritto a detrazione, salvo che l’antieconomicità manifesta e macroscopica dell’operazione, e dunque esulante dal normale margine di errore di valutazione economica, sia tale da assumere rilievo indiziario di non veridicità della fattura o di non inerenza della destinazione del bene o servizio all’utilizzo per operazioni assoggettate ad IVA considerato che come chiarito dalla Giurisprudenza Comunitaria, nell’ipotesi in cui beni e servizi siano forniti a un prezzo artificialmente basso o elevato fra parti che godono entrambe interamente del diritto a detrazione dell’IVA, non può sussistere, in tale fase, alcuna elusione o evasione fiscale.

Sulla base dei citati presupposti, la Cassazione ha convalidato la decisione dei giudici di merito che si erano pronunciati a favore dell’Agenzia delle Entrate, la quale aveva recuperato a tassazione l’importo erogato a titolo di premio per evidente antieconomicità e, quindi, perché carente dei presupposti di inerenza ai fini della deducibilità: per la Suprema Corte di Cassazione, infatti, l’obiettivo della S.p.A. era quello di evitare che la società cliente, avente la stessa compagine sociale, fallisse, considerato che in assenza di tale premio (sconto), si sarebbe verificata tale circostanza.

Quest’ultimo elemento dimostrava in definitiva l’alterità della spesa, non correlata all’attività dell’impresa, ma legata a finalità ulteriori e diverse, di cui l’evidente antieconomicità costituiva ulteriore e significativo indice rivelatore della mancanza di inerenza con riflessi anche ai fini del diritto della detrazione IVA.

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