La Corte di Cassazione conferma la pronuncia della Commissione Tributaria di Bolzano che ha applicato lo strumento dell’abuso del diritto, previsto oggi come principio generale dall’art. 10 bis l. 212/2000, ad un’operazione negoziale che, pur non contrastando con nessuna specifica disposizione di legge, è stata ritenuta essere stata posta in essere al solo scopo di conseguire un risparmio dell’imposta di registro.
In particolare, i giudici di merito si erano occupati del conferimento di alcuni immobili in una società neo costituita da parte dei soci della stessa; su detti immobili, pochi giorni prima, era stata iscritta ipoteca a garanzia di un mutuo contratto dagli stessi soggetti; dopo il conferimento, la società si era accollata il suddetto debito. In conseguenza di tale operazione negoziale, l’imposta di registro sul conferimento era stata pagata sul valore immobiliare dei beni conferiti, al netto della passività inerente al bene ed oggetto dell’accollo da parte della società, così come è previsto dall’art. 50 D.Lgs 131/1986.
Il Giudice di primo grado, non ravvisando alcuna ragione economica a giustificazione del collegamento negoziale sopra descritto, aveva affermato che ricorreva nella fattispecie un caso di abuso del diritto, e che quindi il negozio fosse inopponibile all’Amministrazione Finanziaria; di conseguenza aveva sancito la legittimità della pretesa dell’Amministrazione Finanziaria che aveva applicato l’imposta di registro al valore pieno dell’immobile, senza riconoscere la deduzione della passività rappresentata dall’ipoteca.
La Suprema Corte non si discosta da tale ricostruzione affermando che il collegamento negoziale sopra descritto ha procurato esclusivamente il vantaggio di una riduzione dell’imposta di registro, pagata non sull’intero valore immobiliare dei beni conferiti, ma sul valore immobiliare al netto della passività accollata, così come previsto dall’art. 50 suddetto, senza essere giustificato da alcuna valida ragione economica.