1) L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che l’emissione di «crediti» che consentono ai clienti di un operatore di piazzare offerte nelle vendite all’asta organizzate da quest’ultimo, costituisce una prestazione di servizi a titolo oneroso, il cui corrispettivo è l’importo versato in cambio di detti «crediti».
2) L’articolo 73 della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che il valore dei «crediti» utilizzati per piazzare offerte non è compreso nel corrispettivo percepito dal soggetto passivo in cambio delle cessioni di beni da esso effettuate a vantaggio degli utenti che si sono aggiudicati una vendita all’asta da esso organizzata o di quelli che hanno effettuato il loro acquisto tramite le funzioni «compra ora» o «sconto accumulato».
3) Nell’interpretare le disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione e del diritto nazionale, i giudici di uno Stato membro che accertano che una stessa operazione è oggetto in un altro Stato membro di un trattamento differente ai fini dell’imposta sul valore aggiunto hanno la facoltà, o addirittura l’obbligo, a seconda che le loro decisioni possano o meno essere oggetto di ricorso giurisdizionale di diritto interno, di sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea una domanda di pronuncia pregiudiziale.