La Corte di Cassazione conferma ancora una volta che, in tema di violazioni finanziarie, l’istituto dell’abuso del diritto di cui all’art. 10-bis I. 27 luglio 2000, n. 212, che, per effetto della modifica introdotta dall’art. 1 del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128, esclude la rilevanza penale delle condotte ad esso riconducibili, ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti comportamenti fraudolenti, simulatori o comunque finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione falsa di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, cosicché esso non viene mai in rilievo quando i fatti in contestazione integrino le fattispecie penali connotate da tali elementi costitutivi.
Vi è infatti una sostanziale incompatibilità tra il concetto di abuso del diritto in ambito fiscale o quello di elusione, che hanno una funzione esclusivamente residuale e sussidiaria, e la violazione diretta di una norma penale-tributaria, come per altro confermato già dalla precedente giurisprudenza citata nella pronuncia (Sez. 3, n. 40272 del 01/10/2015).
Se ne ricava che, in presenza – come nel caso affrontato dalla Suprema Corte – di una presunta operazione di vera e propria esterovestizione, da cui discende una omessa dichiarazione IVA ex art. 5, D.Lgs. n. 74 del 2000, ci si troverà di fronte a una violazione della legge penale-tributaria, con conseguente insussistenza di un abuso del diritto.