L’articolo 131 e l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro neghi l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione intracomunitaria per il solo motivo che, al momento di tale cessione, l’acquirente, domiciliato sul territorio dello Stato membro di destinazione e titolare di un numero di identificazione di imposta sul valore aggiunto valido per le operazioni in tale Stato, non è iscritto al sistema di scambio di informazioni in materia di imposta sul valore aggiunto e non è assoggettato ad un regime di tassazione degli acquisti intracomunitari, allorché non esiste alcun serio indizio che lasci supporre l’esistenza di una frode ed è dimostrato che sono soddisfatte le condizioni sostanziali dell’esenzione. In tal caso, l’articolo 138, paragrafo 1, di tale direttiva, interpretato alla luce del principio di proporzionalità, osta del pari a tale diniego qualora il venditore fosse a conoscenza delle circostanze che caratterizzavano la situazione dell’acquirente con riferimento all’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e fosse persuaso che, in un momento successivo, l’acquirente sarebbe stato registrato in quanto operatore intracomunitario con effetto retroattivo.