Con la sentenza n. 14767 del 15 luglio 2015, la Cassazione ha affermato che la violazione degli obblighi formali di contabilità e dichiarazione, “pur non impedendo il sorgere del diritto di detrazione, del quale sussistono i requisiti sostanziali in testa al cessionario, incide sul suo esercizio, potendo provocare la decadenza da esso, allorché il contribuente, pur essendo a conoscenza della natura imponibile di una fornitura, ometta, per tardività o negligenza, di richiedere la detrazione dell’IVA a monte entro il termine previsto per legge”.
Il mancato rispetto di tale obbligo formale non incide sull’insorgenza del diritto alla detrazione, in quanto tale diritto nasce nel momento in cui l’imposta a monte diviene esigibile. Tuttavia, l’esercizio del diritto di detrazione può venire meno quando il contribuente, che abbia omesso di applicare il reverse charge sull’acquisto intracomunitario, non provveda ad esercitare il diritto alla detrazione entro il termine della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui tale diritto è sorto.
La Corte di Cassazione ha, quindi, affermato che l’omessa integrazione di fatture relative ad acquisti intracomunitari costituisce violazione di natura formale, ma non meramente formale.
A tale riguardo, data la natura non meramente formale della violazione, la Corte di Cassazione esclude che possa essere applicabile alla violazione in esame la causa di non punibilità prevista dall’art. 6, comma 5-bis del D.lgs. 472/1997 prevista per le violazioni che “non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo”.
Tuttavia, in linea con l’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la sentenza statuisce come l’irrogazione nel caso di specie della sanzioneprevista dall’art. 6, comma 1 del D.lgs. 471/1997 nella misura – ratione temporis applicabile – dal 100% al 200% dell’IVA non versata violi il principio di proporzionalità.