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Approfondimenti

DAC6: applicabilità ad un OICR italiano partecipato da investitori esteri

15 Gennaio 2021

Fabio Brunelli, Sabrina Tronci, Di Tanno Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Come noto, l’Agenzia delle entrate ha posto in consultazione pubblica (fino al 15 gennaio 2021) la bozza di circolare che commenta le disposizioni normative domestiche di recepimento e attuazione della direttiva 2018/822/UE del Consiglio (DAC6 o Direttiva).

La Direttiva è entrata in vigore il 25 giugno 2018, apportando modifiche alla direttiva 2011/16/UE sullo scambio automatico d’informazioni nel settore fiscale, allo scopo di consentire nuove iniziative nel settore della trasparenza fiscale a livello dell’Unione, dopo l’introduzione dello standard comune di comunicazione di informazioni sui conti finanziari (Common Reporting Standard – CRS) elaborato dall’OCSE, dello scambio automatico di informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri e della rendicontazione paese per paese delle imprese multinazionali tra le autorità fiscali (Country-by-country Reporting – CbCR). L’iniziativa si pone in linea con l’Action 12 del piano d’azione OCSE sull’erosione della base imponibile e sul trasferimento degli utili (BEPS).

La DAC6 è elaborata con l’intento di rafforzare i mezzi a disposizione delle autorità per reagire alla pianificazione fiscale aggressiva, imponendo una maggiore trasparenza attraverso la comunicazione e messa a disposizione di informazioni complete e pertinenti riguardo a meccanismi transfrontalieri potenzialmente elusivi o evasivi (c.d. cross-border arrangements).

In tale contesto, la Direttiva riconosce un ruolo particolarmente rilevante agli intermediari che offrono assistenza su meccanismi che possono portare all’elusione e all’evasione fiscale, i quali sono quindi individuati come i primari destinatari degli obblighi di comunicazione.

Uno dei principali (e dichiarati) obiettivi che si pone la Direttiva è di svolgere, nei confronti di intermediari e contribuenti, una funzione deterrente rispetto alla pianificazione fiscale aggressiva e di invito alla compliance fiscale: anche per tale ragione la portata delle fattispecie potenzialmente comunicabili è molto ampia, fino a poter includere anche ipotesi di “pianificazione” fiscale perfettamente lecite[1], peraltro con termini di comunicazione molto stringenti.

Le potenzialità di contrasto all’erosione delle basi imponibili a livello dell’Unione, insite nel carattere deterrente delle nuove norme, sono accentuate dalla previsione dello scambio delle informazioni tra gli Stati membri.

L’attuazione della Direttiva in Italia è avvenuta ad opera del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 100 (Decreto Legislativo). Il 17 novembre 2020 è stato emanato, ai sensi dell’art. 5 del Decreto Legislativo, il decreto di attuazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con il quale sono state fornite le regole tecniche per l’applicazione della normativa primaria nazionale, ivi inclusi l’ulteriore specificazione degli elementi distintivi (hallmarks) dei meccanismi transfrontalieri, nonché i criteri in base ai quali verificare quando i suddetti meccanismi sono diretti principalmente a ottenere un vantaggio fiscale. Al decreto del MEF ha fatto seguito il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate contenete le indicazioni di dettaglio sulle modalità di notifica delle informazioni.

Con la redazione della bozza di circolare l’Agenzia delle Entrate ha profuso un notevole sforzo per fornire agli operatori e ai contribuenti indicazioni di dettaglio per la gestione dei nuovi oneri di compliance. Tuttavia, la portata ampia e generale dei contenuti della circolare lascia ancora molte incertezze agli operatori. In particolare, per quanto qui d’interesse, ci si riferisce ai temi e alle problematiche che originano dall’applicazione della DAC6 ai prodotti e servizi tipicamente offerti dalle società di gestione del risparmio (SGR) nell’ambito dell’istituzione, promozione e gestione di fondi comuni d’investimento di diritto italiano (OICR). Si intende quindi proporre di seguito un contributo in risposta a diverse perplessità interpretative tuttora presenti rispetto alla disciplina in commento, con particolare riferimento proprio al settore del risparmio gestito.

L’analisi che segue è svolta in un’ottica di maggiore vicinanza possibile alla concreta operatività del settore, prescindendo dalla circostanza nota che le SGR, in quanto soggettivamente rilevanti ai fini della normativa sullo scambio automatico di informazioni in base alla direttiva 2014/107/UE e al Common Reporting Standard (CRS), di cui all’articolo 1, comma 1, lettera n) del Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 28 dicembre 2015, sono indicate nell’elenco esemplificativo di intermediari potenzialmente soggetti alla disciplina DAC6 nella relazione illustrativa allo schema di Decreto Legislativo.

Un primo dubbio interpretativo che si vuole qui affrontare è se un OICR italiano, partecipato da investitori esteri, possa in quanto tale qualificarsi come “meccanismo” potenzialmente comunicabile ai fini della DAC6. Al riguardo si ritiene che l’OICR, pur potendo costituire in astratto uno “schema, accordo o progetto riguardante l’Italia e uno o più giurisdizioni estere”[2], tuttavia non rappresenta di per sé un meccanismo rilevante ai fini della comunicazione, in quanto costituisce un istituto di generale applicazione, previsto dal legislatore al fine di facilitare la raccolta dei capitali e il loro investimento a beneficio dei sottoscrittori e, dal punto di vista fiscale, gode di un regime di esenzione ordinariamente e strutturalmente previsto dalle norme tributarie italiane erga omnes. In altri termini, il trattamento fiscale di esenzione del fondo e delle distribuzioni in capo a certi investitori esteri, come anche il tax deferral fisiologicamente derivante dal sistema di tassazione per cassa (i.e. sulle distribuzioni agli investitori) che ha sostituito quello sul maturato(in capo al fondo)[3], costituisce un regime ordinario e strutturale.

Ciò rileva anzitutto ai fini dell’esistenza del presupposto per la rilevanza degli elementi distintivi di categoria A, B, C ed E, la cui presenza impone l’obbligo di comunicazione solo se sono suscettibili di determinare una riduzione delle imposte cui si applica la Direttiva 2011/16/UE, dovute da un contribuente in un Paese dell’Unione europea o in altre giurisdizioni estere con le quali è in vigore uno specifico accordo per lo scambio di informazioni DAC6[4]. Ebbene, la riduzione d’imposta (o meglio l’esenzione) riconosciuta agli OICR italiani e a certe categorie di investitori esteri non è determinata dalla ideazione, organizzazione e attuazione di uno schema, accordo o progetto, ma è strutturalmente voluta dal legislatore, quindi non può costituire il presupposto per l’individuazione degli elementi distintivi delle categorie suddette.

Al riguardo rilevano peraltro le specificazioni contenute nel decreto del MEF del 10 novembre con riferimento ai meccanismi contraddistinti dall’hallmark indicato alla lettera A, punto 3, dell’Allegato 1 al decreto legislativo 30 luglio 2020, n. 100 (Un meccanismo che ha una documentazione e/o una struttura sostanzialmente standardizzate ed è a disposizione di più contribuenti pertinenti senza bisogno di personalizzarne in modo sostanziale l’attuazione), che ben potrebbe attagliarsi alla fattispecie dell’istituzione, promozione e gestione di OICR nella quale ricorrono sia documentazione sia “strutture” standardizzate. Ebbene, al riguardo nel decreto del MEF si specifica che un meccanismo contraddistinto da detto elemento non è comunicabile “se finalizzato alla fruizione di un singolo regime fiscale di agevolazione previsto dall’ordinamento dello Stato e al ricorrere delle condizioni previste dalla disposizione di agevolazione”[5].

Volendo dunque considerare il regime di esenzione del fondo quale regime fiscale “agevolativo”, se ne deduce che esso – essendo riconosciuto solo al ricorrere delle condizioni previste dalla legge (ossia che il fondo si qualifichi come tale ai fini delle disposizioni regolamentari e che lo stesso fondo o il gestore sia soggetto a vigilanza prudenziale) – non possa far ritenere l’OICR italiano in sé considerato un meccanismo rilevante ai fini delle comunicazioni DAC6[6].

Ciò significa, anzitutto, che la SGR italiana che istituisce, promuove il fondo agli investitori (anche esteri) e ne gestisce l’operatività non possa qualificarsi come intermediario “promotore” di un meccanismo comunicabile[7].

Nel caso in cui l’OICR italiano sia partecipato da investitori esteri, la struttura di investimento estera di questi ultimi potrebbe invece, in ipotesi, costituire per se un “meccanismo transfrontaliero” potenzialmente conoscibile dalla SGR che istituisce, promuove e gestisce il fondo[8].

Al riguardo, tuttavia, vanno svolte le seguenti considerazioni preliminari, che attengono all’effettiva transnazionalità del meccanismo nella fattispecie considerata. Come noto, infatti, il meccanismo per essere rilevante deve riguardare l’Italia ed una o più giurisdizioni estere. Secondo quanto chiarito anche nella bozza di Circolare il riferimento all’Italia, in particolare, è da intendersi nel senso che almeno uno dei “partecipanti” (intesi quali intermediario o contribuente), abbia un collegamento con il territorio nazionale ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettere c) (criteri di collegamento per l’intermediario) e d) (criteri di collegamento per il contribuente) del D.Lgs. n. 100/2020. L’investitore estero soddisfa certamente la definizione di “contribuente” rilevante ai fini della disciplina DAC6, presentando un criterio di collegamento con il territorio dello Stato, giacché attraverso l’investimento nell’OICR italiano esso “percepisce redditi o genera utili prodotti nel territorio dello Stato”[9].

Tuttavia, la bozza di Circolare specifica anche che “nella considerazione che il meccanismo riguardi l’Italia ed un altro Paese estero, nel senso sopra specificato, al fine di valutare lo stesso come transfrontaliero, deve essere verificata (anche, ndr) almeno una delle seguenti condizioni previste dall’articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto legislativo”. Ebbene, nell’ipotesi che non sia individuabile un partecipante italiano (si esclude in questa assunzione quindi che la SGR costituisca un promoter o service provider rispetto alla struttura estera, sul punto si veda infra), le condizioni di cui all’art. 2, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 100/2020, nn. da 1 a 4[10], non sembrano poter essere soddisfatte nella fattispecie in esame. Al riguardo infatti, oltre a non sussistere un partecipante residente o con stabile organizzazione in Italia, è altresì da escludere che il mero investimento in quote di un OICR italiano integri lo svolgimento in Italia di un’attività. Al riguardo si osserva che la differenza tra il mero investimento (i.e. produrre redditi o generare utili) e lo svolgimento di un’attività risulta chiaramente dalla distinzione operata in tal senso dallo stesso Decreto Legislativo nella individuazione dei criteri di collegamento del contribuente al territorio italiano (dove i due casi sono menzionati rispettivamente dai numeri 3) e 4) della lettera d) dell’art. 2, comma 1). Altrimenti ragionando la distinzione in parola sarebbe inutiliter data. Pertanto, nell’ipotesi di un soggetto estero che investe in un OICR, in assenza di un partecipante italiano (nel senso sopra chiarito), il meccanismo (pur rilevante in Italia) potrebbe risultare transfrontaliero solo quando fosse integrata la ulteriore condizione di cui all’art. 2, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 100/2020, n. 5, ossia nel caso in cui la struttura estera (che presenta un criterio di collegamento con l’Italia) fosse in grado di alterare la corretta applicazione delle procedure sullo scambio automatico di informazioni o sull’identificazione del titolare effettivo (e dunque il meccanismo integri taluno degli hallmark di categoria D).

Quanto al ruolo della SGR in relazione alla struttura d’investimento del partecipante estero, si evidenzia come essa risulti normalmente del tutto estranea rispetto all’ideazione, elaborazione, organizzazione e attuazione della stessa: dunque non è “promoter” del meccanismo estero. La SGR si limita infatti a istituire e promuovere il fondo (che, come detto, di per sé non è un meccanismo comunicabile) presso gli investitori[11].

Pertanto, rispetto alla eventuale struttura d’investimento estera, la SGR potrebbe al più assumere la connotazione di fornitore di servizi. Al riguardo, tuttavia, occorre tenere conto della circostanza che i possibili servizi forniti dalla SGR alla struttura d’investimento estera hanno tipicamente natura routinaria (consistendo nella predisposizione e raccolta dei moduli di sottoscrizione, nell’esecuzione di verifiche KYC, AML, nell’invio degli ordini di pagamento dei proventi, ecc.). Si tratta a ben vedere di attività che dovrebbero rientrare a pieno titolo nella previsione dell’articolo 4, comma 3, del decreto ministeriale, che stabilisce una presunzione legale relativa di assenza dello standard di conoscenza (e quindi dell’obbligo di comunicazione) per le operazioni bancarie e finanziarie “routinarie”, ossia – come specificato dalla relazione illustrativa al Decreto Legislativo – per quelle operazioni caratterizzate da una discrezionalità minima dell’operatore, da procedure standardizzate e di frequente esecuzione. Atteso che il riferimento nel decreto ministeriale è alle operazioni bancarie e finanziarie, la presunzione dovrebbe applicarsi anche alle operazioni routinarie compiute da intermediari finanziari non bancari, ivi incluse le SGR. Ciò escluderebbe, rispetto al meccanismo estero, la qualificazione della SGR come service provider e quindi qualsiasi obbligo di comunicazione[12].

Alla luce di quanto sopra sembra potersi concludere che, rispetto alle attività ordinariamente svolte, la SGR non si qualifica come intermediario, né promoterservice provider, della eventuale struttura di investimento dell’investitore estero che partecipa all’OICR italiano da essa istituito e gestito.

Peraltro, occorre anche considerare che, nell’ambito delle prestazioni predette, la SGR svolge ordinariamente procedure di adeguata verifica della clientela e di individuazione del titolare effettivo, secondo le disposizioni regolamentari in materia di antiriciclaggio e CRS, ed effettua le relative comunicazioni. L’esito positivo di tali verifiche, inclusa la possibilità per la SGR di individuare il titolare effettivo dell’investimento nell’OICR, esclude di per sé la configurazione degli hallmark di categoria D[13], ossia degli elementi distintivi specifici riguardanti lo scambio automatico di informazioni e la titolarità effettiva rispetto ai quali non è richiesto che si verifichi un risparmio d’imposta (e la cui rilevanza potrebbe dunque in ipotesi residuare nella fattispecie in esame). Nella generalità dei casi, in esito a detta attività, la SGR è dunque in grado di verificare che: (i) la struttura estera non ha come effetto di compromettere l’obbligo di comunicazione imposto dalla disciplina UE sullo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari; (ii) la struttura estera non comporta una catena di titolarità legale o effettiva non trasparente, i cui titolari effettivi sono resi non identificabili.

Al riguardo, rileva notare come non siano imposti obblighi di due diligence ulteriori rispetto a quelli ordinariamente previsti dalla normativa regolamentare in capo alla SGR service provider, per “rimediare” alla (eventuale) mancata integrazione dello standard di conoscenza[14]: dinanzi all’esito positivo delle verifiche prescritte dalla disciplina antiriciclaggio e CRS, non sarebbe in ogni caso possibile richiedere alla SGR di effettuare una verifica ulteriore rispetto a quella già correttamente condotta.

Laddove invece la SGR incontri resistenze, anomalie e difficoltà nello svolgimento delle suddette verifiche, tali da richiedere una segnalazione specifica a tali fini, al ricorrere delle condizioni potrebbe altresì configurarsi un onere di comunicazione ai fini DAC6, sulla base degli hallmark di categoria D. Peraltro in tal caso si porrebbe un tema di duplicazione delle comunicazioni ai fini DAC6 e ai fini AML/CRS, che sembra suscettibile di generare un aggravio di oneri in capo agli intermediari, senza apparenti maggiori benefici per l’Amministrazione finanziaria.

In conclusione, a nostro avviso, l’OICR non rappresenta di per sé un meccanismo rilevante ai fini della comunicazione, in quanto costituisce un istituto di generale applicazione, il cui regime fiscale (con quello degli investitori) è ordinariamente e strutturalmente previsto dal legislatore. Diversamente, la eventuale struttura estera che investe nell’OICR potrebbe invece in ipotesi costituire un “meccanismo transfrontaliero” in ragione degli hallmark di categoria D. Rispetto a tale struttura tuttavia la SGR svolge meramente attività routinarie (che come tali escludono l’obbligo di comunicazione) e comunque effettua verifiche, in base alle disposizioni regolamentari, che generalmente le consentono di individuare il titolare effettivo e dunque di escludere l’opacità della struttura, sulla base delle informazioni disponibili e della diligenza normativamente richiesta. Le ipotesi in cui potrebbe in concreto configurarsi un obbligo di comunicazione in capo alla SGR (i.e. esito negativo delle verifiche) si ritengono dunque ragionevolmente assai limitate e si pongono in potenziale sovrapposizione con altri obblighi di compliance.

 


[1] Come chiarisce la bozza di Circolare “la comunicazione di un meccanismo rilevante da parte di un intermediario o contribuente non costituisce di per sé ammissione di condotta elusiva o evasiva”.

[2] Cfr. art. 2, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n. 100/2020.

[3] Analogo discorso vale, nell’ambito specifico dei fondi d’investimento alternativi (FIA), anche con riferimento al tax deferral fisiologicamente derivante dal sistema di distribuzione prioritaria del capitale rispetto ai proventi maturati, spesso connaturato a detti organismi e avallato dall’Amministrazione finanziaria (ad es. Circ. 33/E 2011). Il differimento del pagamento dell’imposta al momento della distribuzione dei proventi non è dunque frutto di un meccanismo (nel senso di “schema, accordo o progetto”) ma è un effetto ordinario derivante dallo strumento.

[4] Cfr. art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 100/2020.

[5] Cfr. Cfr. art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 100/2020.

[6] Si osserva peraltro come l’OICR non dovrebbe rientrare nella definizione di impresa associata, di cui all’art. 8, comma 2, lettera a), del decreto ministeriale. Tale definizione prevede che “nel caso in cui più di un soggetto partecipi alla gestione, al controllo, al capitale o agli utili dello stesso soggetto, tutti i soggetti coinvolti sono considerati imprese associate”. L’OICR infatti non può qualificarsi come impresa (non avendo peraltro autonoma capacità di agire rispetto alla SGR) che operi in associazione con i propri partecipanti, né una tale relazione sembra potersi configurare (per i medesimi motivi) tra questi e le partecipazioni detenute dal fondo.

[7] Intermediario “promotore” è un soggetto “che elabora, commercializza, organizza o mette a disposizione ai fini dell’attuazione un meccanismo transfrontaliero da comunicare o ne gestisce in autonomia l’intera attuazione”, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera c) del D.Lgs. n. 100/2020 in combinato con l’art. 1, comma 1, lettera a) del decreto MEF del 17 novembre 2020.

[8] In tale contesto si potrebbe porre il dubbio che l’OICR, quale target dell’investimento, faccia parte esso stesso del meccanismo elaborato dall’investitore (con ricaduta sugli obblighi di comunicazione della SGR italiana). Al riguardo potrebbe rilevare quanto chiarito nella bozza di Circolare, p. 67, a proposito di meccanismi standardizzati che non rientrano nell’elemento A3 costituendo agevolazioni previste dall’ordinamento, secondo cui “dette attività, ad ogni modo, restano escluse a condizione che rispettino i limiti e le condizioni previste dalle pertinenti disposizioni normative e che non rientrino in un più ampio schema di pianificazione fiscale aggressiva che assume rilevanza rispetto agli obblighi di comunicazione dei meccanismi transfrontalieri”. Tuttavia va rilevato come nello stesso punto della circolare è anche fornito un esempio, concernente le polizze assicurative “standard”, dal quale si ricava che il regime agevolativo standard rientra nel meccanismo se svolge in esso un ruolo “attivo”, e se è strumentalmente utilizzato per ottenere vantaggi fiscali, e non se costituisce (al di fuori di ogni ipotesi di strumentalizzazione) semplicemente l’oggetto target (passivo) dell’investimento. Si riporta per comodità l’esempio: “Così ad esempio, integrerebbero l’elemento distintivo di cui trattasi polizze assicurative “standard” che consentono di fruire di un regime fiscale di agevolazione (ad esempio la non applicazione di una ritenuta) che al contempo costituiscono parte di un meccanismo più ampio che, a latere della sottoscrizione delle polizze, prevede la possibilità per l’assicurato di disporre direttamente dei capitali versati a titolo di premio assicurativo e di movimentarli”.

[9] Cfr. Cfr. art. 2, comma 1, lettera d), numero 3), del D.Lgs. n. 100/2020.

[10] Cfr. Cfr. art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 100/2020: “Ai fini del presente decreto si intende per: a) meccanismo transfrontaliero: uno schema, accordo o progetto, riguardante l’Italia e una o più giurisdizioni estere, qualora si verifichi almeno una delle seguenti condizioni:

1) non tutti i partecipanti allo schema, accordo o progetto risiedono, ai fini fiscali, nel territorio dello Stato;

2) uno o più partecipanti allo schema, accordo o progetto sono contemporaneamente residenti ai fini fiscali nel territorio dello Stato e in una o più giurisdizioni estere;

3) uno o più partecipanti allo schema, accordo o progetto svolgono la propria attività in una giurisdizione estera tramite una stabile organizzazione ivi situata e lo schema, accordo o progetto riguarda almeno una parte dell’attività della stabile organizzazione;

4) uno o più partecipanti allo schema, accordo o progetto, senza essere residenti ai fini fiscali o avere una stabile organizzazione in una giurisdizione estera, svolgono in tale giurisdizione un’attività;

5) lo schema, accordo o progetto può alterare la corretta applicazione delle procedure sullo scambio automatico di informazioni o sull’identificazione del titolare effettivo;”

[11] Nelle tax opinion che la SGR usualmente richiede ai propri consulenti è descritto il regime di esenzione ordinario del fondo e quello delle diverse possibili categorie di investitori (anche esteri) contemplati dalla normativa fiscale domestica. La SGR tuttavia non ha conoscenza (e non è tenuta a farlo), né fornisce alcun tipo di consulenza in merito al regime fiscale proprio specificamente applicabile ai singoli investitori sui proventi del fondo in base alla legislazione dello Stato di residenza. Nel caso in cui, dunque, l’investitore estero goda di vantaggi fiscali nel proprio Stato di residenza o istituzione, la SGR (che agisce come detto, al più, in qualità di service provider della struttura estera) non risulta in grado di soddisfare lo standard di conoscenza cui è condizionato l’obbligo di comunicazione del meccanismo estero.

[12] Anche nella sua qualità di sostituto d’imposta, la SGR acquisisce dall’investitore una serie di autocertificazioni relative al proprio status di soggetto esente da ritenuta, rispetto alle quali la normativa fiscale non richiede di svolgere alcuna attività di verifica della veridicità delle attestazioni (ma solo di conformità e regolarità formale).

[13] Hallmark D1: Un meccanismo che può avere come effetto di compromettere l’obbligo di comunicazione imposto dalle leggi che attuano la normativa dell’Unione o eventuali accordi equivalenti sullo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari, compresi accordi con i paesi terzi, o che trae vantaggio dall’assenza di tale normativa o tali accordi.

Hallmark D2:Un meccanismo che comporta una catena di titolarità legale o effettiva non trasparente, con l’utilizzo di persone, dispositivi giuridici o strutture giuridiche: a) che non svolgono un’attività economica sostanziale supportata da personale, attrezzatura, attività e locali adeguati; e b) che sono costituiti, gestiti, residenti, controllati o stabiliti in una giurisdizione diversa dalla giurisdizione di residenza di uno o più dei titolari effettivi delle attività detenute da tali persone, dispositivi giuridici o strutture giuridiche; e c) in cui i titolari effettivi di tali persone, dispositivi giuridici o strutture giuridiche, quali definiti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, sono resi non identificabili.

[14] Al riguardo, la relazione illustrativa al decreto ministeriale (secondo quanto riportato nella bozza di Circolare) specifica che il fornitore di servizi «non debba adempiere ad ulteriori obblighi di due diligence rispetto a quelli ordinariamente già richiesti dalla legge ad altri fini (es. anti riciclaggio) ovvero già disponibili per altre ragioni (ad esempio, commerciali). Inoltre, non viene richiesto al fornitore di servizi di possedere o esercitare un livello di expertise superiore a quello richiesto per fornire il servizio».

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