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Osservazioni sulla nuova classificazione della clientela inadempiente

8 Gennaio 2021

Giuseppe G. Santorsola, Professore Ordinario di Asset Management e Corporate & Investment Banking, Università Parthenope di Napoli

Di cosa si parla in questo articolo

1. Il nuovo contesto normativo

Le nuove regole europee in materia di classificazione della clientela inadempiente, entrate in vigore dall’ 1 gennaio 2021, evidenziano soluzioni utili in termini di maggiore trasparenza, ma suscitano qualche osservazione critica per la loro applicazione sia dal punto di vista del cliente sia dal punto di vista dell’intermediario. Una lettura affrettata può condurre a interpretazioni estensive non veritiere che la Banca d’Italia ha – utilmente – desiderato puntualizzare con una nota del 28 dicembre.

La normativa impattava già dal 2019, per quanto concerne la predeterminazione della data di partenza, su tutte le banche soggette alla vigilanza comunitaria, cioè al momento l’assoluta maggioranza, comprese le BCC rientranti nei gruppi bancari cooperativi, con la sola esclusione delle banche minori indipendenti e di quelle riunite nell’IPS della provincia di Bolzano. Peraltro, l’applicazione effettiva degli obblighi di segnalazione ha corso comunque dalla data citata per “tutti gli intermediari dediti alla concessione di crediti”. Un’asimmetria che poteva generare confusione negli utenti, paradossalmente evitata a causa della scarsa attenzione dedicata al tema fino alla scadenza dei termini di applicazione.

Le note intendono approfondire il solo tema relativo alla normativa prevista per le persone fisiche, astraendo da quanto concerne il trattamento delle posizioni relative alle attività d’impresa anche minime e minori, per quanto altrettanto coinvolte dai nuovi provvedimenti.

Le novità più disruptive impattano su criteri e modalità più stringenti rispetto a quelli finora adottati dalle banche italiane per le persone fisiche che accedono al credito per esigenze private e familiari. I profili di attenzione sono due: la sospensione dei pagamenti e degli ordini da parte della banca, quando il saldo diventasse negativo e la segnalazione delle posizioni dopo 90 giorni di continuità del saldo negativo.

Le disposizioni vigenti, peraltro, già prevedevano l’automatica classificazione in default per “importi rilevanti” di mancati pagamenti oltre 90 giorni.

Le nuove regole determinano, invece, l’ammontare oltre il quale l’arretrato – cioè la somma degli importi non pagati alle scadenze previste – debba essere considerato “rilevante”, individuando soglie per le persone fisiche, espresse in termini assoluti e in termini relativi rispetto al totale delle esposizioni. Le componenti, entrambe necessarie, sono rispettivamente pari a 100 euro e all’1%. Valori molti bassi e, quindi, realizzabili con frequenza, solo per controparti fragili sotto il profilo della capacità di immediata risoluzione del saldo negativo.

Diversamente dalla precedente disciplina, non è tuttavia più possibile utilizzare disponibilità su altre linee di credito per compensare gli inadempimenti ed evitare, a scadenza dei 90 giorni, la classificazione in default. I trasferimenti debbono pertanto aver luogo prima del pervenire dell’addebito che determinerebbe la posizione in negativo del conto. Un onere del correntista ovviamente, che potrebbe essere oggetto di attenzione e customer relation da parte della banca, attraverso la disponibilità di strumenti e strutture tecnologiche adeguate.

E’ determinante che la clientela bancaria conosca le esatte conseguenze delle regole e del mancato rispetto della puntualità nelle scadenze di pagamento, per non risultare in arretrato nel rimborso dei propri debiti, anche per importi di modesta entità. Ciò per evitare sia inutile panico sia che la banca sia obbligata a classificare il cliente in default e avviare azioni a tutela dei propri crediti per non indebolire la propria situazione patrimoniale.

Da parte di ciascun intermediario, sarà certamente opportuno qualche chiarimento più dettagliato per la effettiva applicazione della nuova disciplina, risolvendo alcune criticità che armonizzino e risolvano possibili incomprensioni nella gestione degli eventi.

E’ agevole intuire che la nuova disciplina è stata introdotta dall’EBA per uniformare i comportamenti degli istituti dedicati al credito nei paesi dell’UE. Talvolta più stringenti, talvolta più laschi.

Stabilisce criteri e modalità più restrittive in materia di classificazione a default rispetto a quelli finora adottati. Con le nuove regole, dal 1° gennaio 2021, anche un solo sconfinamento sul conto corrente, al di sopra delle nuove soglie stabilite per le persone fisiche (nonché, le PMI e le imprese), può comportare – nell’ipotesi di una sua continuazione nel tempo – il passaggio a default di tutte le tue esposizioni nei confronti della Banca e potrebbe rendere più difficile l’accesso al credito e la concessione di nuovi finanziamenti. Ricordiamo opportunamente che esistono segnalazioni di posizioni scadute, unlikely to pay (UTP) e sofferenze, con importanti differenze nelle conseguenze.

I termini previsti (i 90 giorni) sono invero inconsueti nel comportamento abituale di gran parte dei clienti privati, ma potrebbero aver luogo in condizioni critiche dei flussi di reddito; un’ipotesi da valutare nel contesto della crisi economica conseguente allo stress sanitario, ormai in corso da quasi un anno.

E’ ben noto tuttavia come l’educazione finanziaria del cliente sia limitata e quanto il cliente faccia pieno affidamento sulla esecuzione degli ordini impartiti, senza appore la necessaria attenzione preventiva sullo stato del conto al momento della data di esecuzione. Ritardi nell’accredito di pagamenti da ricevere, soprattutto per professionisti e lavoratori autonomi, creerebbero problemi importanti per molti soggetti. La gestione della valuta potrebbe non essere soluzione idonea, anche perché i tempi di esecuzione dettati dalla PSD2 – estremamente funzionali in caso di accredito – impedirebbero di poter gestire il ritardo dell’incasso da parte del potenziale cliente in default.

Appare necessario evidenziare alcune fattispecie tipiche:

  • gli addebiti automatici non saranno più consentiti, se i clienti non avranno sufficienti disponibilità liquide sul c/c.
  • famiglie titolari di un conto rimasto senza provvista rischiano un’improvvisa interruzione ai pagamenti di utenze, stipendi, versamenti tributari, eventuali contributi previdenziali, rate di mutui e finanziamenti.
  • dopo tre mesi (90 giorni) di mancati pagamenti da 100€ e oltre, i vincoli introdotti impongono alla banca disegnalare il cliente alla CR e di classificare tutta la sua esposizionecome «crediti deteriorati».
  • il quadro del settore bancario non è omogeneo: qualche banca sembra orientata, in una prima fase dell’applicazione, a mantenere una linea più morbida, specialmente verso i clienti conosciuti.
  • per quanto riguarda i conti correnti, le nuove regole impongono di bloccare i pagamenti con addebito diretto nel caso in cui il cliente evidenzi assenza di fondi sufficienti a coprire il pagamento: la banca blocca l’operazione e cancella il relativo Rid. Il cliente diventa moroso nei confronti del titolare del Rid, un’informazione con rilevanti conseguenze sul profilo reputazionale del cliente.
  • Il nuovo quadro regolatorio non è sempre stato finora sufficientemente spiegato dalle banche. Potranno non essere più possibili nemmeno piccoli sconfinamenti e ciò significa, per molte famiglie, non poter più usufruire di piccole forme di flessibilità specie in questa fase critica a causa degli effetti della pandemia
  • c’è il rischio di una stretta al credito, conseguenza delle segnalazioni alla CR, e della riclassificazione del rischio degli affidamenti della clientela anche in caso di piccoli arretrati, con conseguenze anche di medio-lungo periodo ai fini della ripresa di un’ordinata gestione del rapporto con la banca.

Infine, è necessario considerare le condizioni richieste per il rientro in bonis della posizione. Secondo la nuova regolamentazione devono trascorrere almeno tre mesi dal momento in cui non sussistono più le condizioni di origine del default. Durante tale periodo, la banca monitora il comportamento e la situazione finanziaria del cliente e, trascorso il periodo, può riclassificare lo stato del debitore, qualora ritenga che il miglioramento della qualità creditizia di quest’ultimo sia effettivo e duraturo (non azzarderei “pernanente”). Peraltro, il ritorno “in bonis” del cliente non determina l’automatica cancellazione della posizione nella Centrale Rischi e/o nelle Centrali private operanti (i Credit Bureau). La flessibilità gestionale non corrisponde a quella imposta dalla normativa alle banche in termini di obblighi di segnalazione. Resta ferma la possibilità – da valutare in termini di gestione del rischio – di comportamenti flessibili da parte di singole banche o intermediari, verso specifici clienti. Una fattispecie meno ipotizzabile nei numerosi casi di procedure automatiche di affidamento, credito al consumo appoggiato su canali distributivi ed ipotesi legate ad accordi collettivi di categoria o di segmentazione del mercato.

2. Il coordinamento con altre norme vigenti

Il nuovo provvedimento deve essere interpretato anche alla luce della futura coesistenza con altre nuove previsioni di legge. La normativa sulla trasparenza prevede l’obbligo per gli intermediari di riportare nei fogli informativi e negli estratti conto dei conti correnti destinati ai consumatori l’Indicatore dei Costi Complessivi (ICC), di nuova introduzione, determinato in base ai livelli di operatività e alle caratteristiche socio-anagrafiche della clientela. Questo indicatore sostituisce il precedente ISC, attivato fin dalla prima versione della disciplina della trasparenza bancaria nel 2009.

L’ISC comprendeva tutte le spese e le commissioni che sarebbero addebitate al cliente-tipo nel corso dell’anno, al netto degli interessi e delle commissioni su eventuali scoperti di conto corrente e degli oneri fiscali.

Dall’1.1.2020 entrano in vigore anche nuove disposizioni (ICC) per i conti correnti e i conti di pagamento offerti a consumatori, a seguito del recepimento della Direttiva 2014/92/UE (Payment Account Directive – PAD). In particolare, per accentuare il livello di trasparenza delle condizioni contrattuali e agevolare il confronto tra le offerte commerciali dei diversi operatori, sono stati introdotti due documenti – redatti secondo un formato standard – per fornire ai consumatori alcune informazioni rilevanti sia nella fase precontrattuale (Documento informativo sulle spese o Fee Information Document FID), sia durante l’esecuzione del rapporto contrattuale (Riepilogo delle spese o Statement of fees SOF).

Il calcolo del nuovo indicatore include nuove spese in passato non considerate, come ad esempio le spese di emissione delle carte di debito e credito.

Le commissioni applicabili agli affidamenti e agli sconfinamenti includono una commissione onnicomprensiva per la messa a disposizione fondi (MDF), applicabile alle aperture di credito regolate in conto corrente, e la commissione di istruttoria veloce(CIV), applicabile agli sconfinamenti. La MDF è commisurata alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento. L’ammontare della commissione è liberamente determinato nel contratto ma non può eccedere lo 0,5%, per trimestre, della somma affidata. La caratteristica dell’onnicomprensività comporta chenon possano essere previsti ulteriori oneri in relazione alla messa a disposizione deifondi e all’utilizzo dei medesimi. Sulle somme effettivamente utilizzate dal cliente siapplica solo il tasso di interesse pattuito in relazione alla durata degli utilizzi (oppure il suo calcolo altrettanto predeterminato nella forma).

La CIV è invece una commissione determinata in misura fissaed espressa in valore assoluto; è diretta a recuperare i costi mediamente sostenuti dalla banca per lo svolgimento dell’attività di istruttoria in caso di sconfinamento. La banca,infatti, svolge una serie di attività interne (accesso alle banche dati, ricerche sul cliente, etc.), il cui costo può essere recuperato con l’addebito della CIV. Alla clientela devono comunque essere comunicati i casi in cui viene svolta un’attività di istruttoria veloce e la commissione può essere applicata.

La normativa prevede espressamente alcuni casi in cui la commissione di istruttoria veloce non può essere addebitata. In particolare, quando nei rapporti con i consumatori ricorrono i seguenti presupposti:

  • lo sconfinamento, anche se derivante da più addebiti, è inferiore o pari a 500 €;
  • lo sconfinamento non ha durata superiore a sette giorni consecutivi. Il consumatore beneficia di questa esclusione una sola volta perciascuno trimestre;
  • lo sconfinamento ha avuto luogo per effettuare un pagamento a favore dell’intermediario;
  • lo sconfinamento non ha avuto luogo perché l’intermediario non vi ha acconsentito;
  • lo sconfinamento è solo sul saldo per valuta.

Le banche, nell’ambito della propria autonomia negoziale, possono prevedere condizioni di maggiore favore per la clientela rispetto a quanto previsto dalla disciplina (fissazioni di ulteriori franchigie, limite massimo di somme addebitabili).

Per la remunerazione degli sconfinamenti è ammessa l’applicazione di un tasso di interesse sull’ammontare e per la durata dello sconfinamento; l’applicazione di tali costi contribuirebbe a determinare saldi negativi o ad aggravare quelli esistenti al momento del loro addebito periodico al cliente.

3. Alcune ipotesi di gestione della nuova normativa

L’entrata in vigore determinerà la ricerca di alcune soluzioni alternative.

Molti soggetti privati dispongono da tempo di affidamenti che accompagnano i conti correnti di corrispondenza ordinari; in particolare, quando siano previsti l’accredito di stipendi, pensioni o (meno frequentemente) altre forme di compensi periodici. In tali condizioni è evidentemente possibile utilizzare la differenza fra saldo contabile e saldo disponibile per coprire spese al momento non supportate dal primo. Lo sconfinamento viene allora calcolato oltre il livello del saldo disponibile, il cui superamento riguarda un prestito e non più un deposito.

Le banche possono certamente prevedere di ampliare il perimetro dei destinatari di questa soluzione, con ammontare anche limitato, per risolvere situazioni contingenti legate ad utenze e rate, evitando l’insorgere di problemi, tra l’altro, con notevoli costi amministrativi, sostituiti invece da interessi attivi.

In termini di gestione del rapporto, gli intermediari provvedono sistematicamente (in genere a fine/inizio mese) a comunicare al cliente l’ammontare del saldo (il disponibile e il contabile qualora entrambi presenti). La gestione delle informazioni è ovviamente migliore ed immediata in caso di utilizzo di app o di comunicazioni on-line tramite sms. E’ peraltro ancora dominante (in riduzione) la percentuale di clienti che utilizzano versioni tradizionali e fisiche del rapporto, soggiacendo agli orari di apertura degli sportelli, alle modalità attuali del contatto ed ai tempi di esecuzione delle disposizioni cartacee.

Un’altra soluzione da sviluppare concerne la distinzione fra conti correnti e conti di deposito (considerando residuale ma non sempre, la funzione dei depositi a risparmio), quale buffer per gestire in anticipo il possibile manifestarsi di saldi negativi. Spetta alla banca, nell’ottica di un rapporto consulenziale, anche non evoluta, gestire le posizioni quando fossero vicine ai saldi critici.

Si potrebbe valutare nel caso dei rapporti bancari, quanto già in essere – in virtù di differenti, ma affini direttive europee – nella applicazione della normativa prevista per MIFID e IDD in termini di responsabilità dell’intermediario nei confronti del cliente, in qualità di contraente forte del rapporto per indurre il cliente a gestire con tempi e quantità idonei il passaggio tra i due conti, in anticipo rispetto alla soglia.

Un’altra soluzione più sofisticata può coinvolgere i fondi comuni monetari, sviluppandone la funzione di riserva, in tempi ormai prolungati nei quali il rendimento è sostanzialmente nullo.

Non si può sottacere ovviamente che tale impostazione comporterebbe una fase organizzativa transitoria che non è stata prevista nell’attesa dell’entrata in vigore. Ne deriverebbe una asimmetria nelle relazioni con la clientela meno evoluta. Quest’ultima potrebbe ovviamente non avere le disponibilità per rispettare i livelli minimi di investimento, restando esclusa.

Dobbiamo anche considerare che la natura giuridica del conto corrente di corrispondenza assegna una specifica responsabilità al suo utilizzatore, in quanto esso è il “contratto con il quale la banca si obbliga ad eseguire gli ordini ricevuti dal cliente” con la possibilità di utilizzare a vista le somme disponibili, senza limitazioni di tempo. Tale dettato impedisce quindi di prevedere (salvo la disponibilità di fido bancario) l’utilizzo di quantità non disponibili. Anzi, ne determina, nel caso, la irregolarità formale.

La nuova disciplina impatta, inoltre, sulla nozione tradizionale del “comodo di cassa”, soluzione spesso utilizzata in modo informale per sanare disallineamenti degli accrediti e degli addebiti.

Resta rilevante il ricordare sempre che lo scoperto deve durare 90 giorni per determinare l’obbligo imposto alle banche di segnalare la posizione; un evento di durata generalmente non frequente.

Resta, peraltro, in parziale contraddizione la politica delle banche tesa a stimolare l’utilizzo sistematico del conto corrente per una molteplicità di molti ordini di pagamento a fronte l’obbligo derivante dalle nuove disposizioni, laddove lo sconfinamento potrebbe essere motivato dal sovrapporsi di più impegni di spesa.

Ulteriore preoccupazione deriva dalla contigua disponibilità di carte di debito e di credito collegate al conto corrente. Esse verrebbero coinvolte dalla segnalazione imposta e ciò avrebbe riflessi sulla loro crescente utilizzazione quali sistemi frequenti di pagamento e sulla loro funzione insostituibile in caso di acquisti a distanza, on-line o in altre soluzioni favorite dalla evoluzione tecnologica.

Tra i due sistemi di pagamento, risulta preferibile l’utilizzo delle carte di credito, il cui saldo ha data certa e programmabile di esecuzione. La carta di debito verrebbe invece coinvolta immediatamente nell’eventuale saldo negativo, attivando i termini iniziale della procedura in oggetto (fattispecie peraltro già attiva sia presso ATM che POS). L’esistenza dei due strumenti non corrisponde peraltro al loro effettivo diffuso utilizzo, soprattutto da parte della clientela più anziana e meno evoluta. Quest’ultima potrebbe risolvere i propri potenziali problemi tornando ad un maggior utilizzo del contante, in pieno contrasto con la tendenza storica e con le normative in materia di antiriciclaggio creando evidenti conseguenze sulla gestione da parte delle banche dei difficili controlli sulle effettive motivazioni nella gestione del contante e sul controllo sulla natura dei prelievi. Soprassediamo al momento sulla valutazione del possibile utilizzo artificioso che potrebbe aver luogo da parte di soggetti che approfittassero della situazione per finalità “non regolari”.

In conclusione, appare opportuna una comunicazione efficace da parte di ciascuna banca in merito alle effettive implicazioni del nuovo assetto normativo, per un corretto comportamento privo, peraltro, di preoccupazioni prive di fondamento.

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