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Attualità

Transazione fiscale e previdenziale: un passo in favore delle imprese in crisi, un ulteriore onere per il Tribunale

16 Novembre 2020

Alberto Angeloni e Sofia Guarino, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

Con l’ultimo DDL approvato dal Senato della Repubblica, arriva alla Camera dei Deputati l’esame degli emendamenti apportati all’art. 3 del DL 125/2020, testo legislativo “erede” della normativa emergenziale e attualmente in via di conversione in legge. Gli emendamenti del testo approvato dal Senato e trasmesso alla Camera lo scorso 12 novembre sono atti a modificare la disciplina vigente in tema di transazione fiscale e previdenziale nel contesto dell’omologazione del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti[1], anticipando di circa un anno l’entrata in vigore della nuova disciplina in materia.

Il disegno di legge prende in considerazione il dettato degli articoli 180, 182 bis e 182 ter L.Fall. per riformare, con riguardo ai primi due, alcuni tratti procedurali in materia di omologazione e per armonizzare, rispetto al dettato dell’art. 182 ter L.Fall., la disciplina del trattamento dei crediti tributari e contributivi nell’ambito della conclusione del concordato preventivo con quella degli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Com’è noto, con la predisposizione del piano di concordato o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, l’imprenditore in stato di crisi può presentare all’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, una proposta di transazione fiscale e previdenziale per il pagamento – in misura parziale o in forma dilazionata – dei tributi o degli oneri contributivi[2]. Tale proposta deve essere corredata da una relazione del professionista indipendente designato dallo stesso debitore e tesa a valutare la convenienza del piano di soddisfazione dei crediti tributari e previdenziali proposto rispetto all’alternativa liquidatoria[3].

All’esito del necessario procedimento istruttorio, esaminata la proposta e tutta la relativa documentazione depositata dall’imprenditore e ricevuto il parere positivo della Direzione Regionale competente, l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate – del territorio in cui il debitore ha il proprio domicilio fiscale – dovrebbe esprimere il proprio consenso o diniego alla proposta di transazione attraverso la sottoscrizione di un apposito atto negoziale[4].

Com’è intuitivo dedurre, aspetto critico della disciplina in materia è quello dei termini entro cui le amministrazioni competenti possono esprimere il parere sulla proposta del debitore. Il termine di trenta giorni per completare l’istruttoria – previsto peraltro solo nell’ambito del concordato preventivo e non anche dell’accordo di ristrutturazione[5] – viene prevalentemente considerato non perentorio[6] tanto che gli emendamenti approvati dal Senato e qui discussi sembrano voler fare i conti – rectius trovare un modo per aggirare l’ostacolo – con la farraginosità di questo iter.

Con le modifiche apportate dal Senato al quarto comma dell’art. 180 L.Fall., infatti, viene garantita la possibilità per il Tribunale di omologare il concordato preventivo contenente proposte di transazione fiscale e contributiva anche in assenza dell’approvazione dell’Erario e degli enti di previdenza interessati, laddove le stesse proposte siano determinanti per il raggiungimento della maggioranza dei creditori e delle classi di creditori – se previste – che la Legge Fallimentare richiede ai fini dell’approvazione del concordato[7].

Assume un ruolo di rilevo la relazione del professionista indipendente designato dal debitore per attestare “la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano”[8] nonché la convenienza dello stesso rispetto all’alternativa della liquidazione[9]: il Tribunale dovrà valutare gli esiti e potrà decidere positivamente sull’omologazione laddove le proposte per il soddisfacimento del Fisco e degli enti di previdenza e assistenza dovessero risultare convenienti rispetto all’eventuale liquidazione giudiziale del patrimonio.

Disposizione analoga è stata inserita nell’art. 182 bis L.Fall.. Il Senato ha valutato positivamente la possibilità di accordare al Tribunale il potere di omologare l’accordo di ristrutturazione dei debiti senza attendere l’esito delle valutazioni di Erario e enti previdenziali. Anche in questo caso la nuova disposizione normativa prevede l’esercizio di tale facoltà laddove l’adesione all’accordo sia “decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma”[10], quella del sessanta percento dei crediti necessaria ai fini della stipulazione dell’accordo con i creditori.

Considerata l’analogia delle nuove disposizioni di emendamento della Legge Fallimentare, non sorprende che anche in quest’ultimo caso venga dato nuovo rilevo alla relazione dell’attestatore. Laddove sia chiamato a decidere sull’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, il Tribunale si confronterà con le risultanze dell’esame di quest’ultimo.

Con l’emendamento dell’art. 182 ter L.Fall., invece, si dispone che, anche nel caso in cui la transazione fiscale e previdenziale sia inserita in un accordo di ristrutturazione dei debiti, la convenienza dell’adesione al piano vada sempre parametrata rispetto alla sola alternativa liquidatoria, così come già prescritto per la proposta inserita nel concordato preventivo. Vengono quindi sostituite le “alternative concretamente praticabili” con la “liquidazione giudiziale”[11]: la modifica allinea la disposizione agli emendamenti apportati agli artt. 180 e 182 bis L.Fall., a norma dei quali il Tribunale – sulla base dell’esame del professionista sul punto – valuti sempre la liquidazione come alternativa ai piani di risanamento proposti.

Viene ribadito il ruolo centrale dell’analisi dell’attestatore indipendente, che deve essere oggetto della valutazione dell’Ufficio Giudiziario in sede di omologazione (“tale punto costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale”[12]) e che, in assenza del benestare dell’Erario e degli enti previdenziali sul concordato o sull’accordo di ristrutturazione, parrebbe costituire l’unico metro di giudizio tecnico con cui questo potrà – e dovrà – confrontarsi per assumere una decisione ponderata sull’omologazione.

Non può trascurarsi il risvolto operativo della riforma di cui si discute.

L’emendata formulazione – debtor friendly – delle disposizioni della Legge Fallimentare produce l’indubbio effetto di aggravare il processo decisionale sui piani di cui agli artt. 160 e 182 bis L.Fall., chiamando il Giudicante a operare anche valutazioni di merito sulla convenienza economica della proposta. In sostanza, in mancanza del voto o dell’adesione dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, il Tribunale si troverà costretto a sostituirsi agli stessi, bypassandone il voto e valutando se la proposta di soddisfacimento è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

Inevitabile chiedersi se non sarebbe stato più coerente riformare i processi decisionali interni all’Amministrazione e la disciplina dei termini entro cui garantire una risposta certa all’imprenditore in crisi ovvero, più semplicemente, reintrodurre il sano principio del silenzio-assenso, piuttosto che aggravare ulteriormente il processo decisionale in sede di omologa.

 


[1] Il giudizio di omologazione è disciplinato dagli artt. 180 e 182 bis L.Fall., che si riferiscono rispettivamente al concordato preventivo e all’accordo di ristrutturazione dei debiti.

[2] Art. 182 ter L.Fall.

[3] Come si dirà nel prosieguo del testo, l’emendamento approvato dal Senato ha modificato l’art. 182 ter, co. V L.Fall. sostituendo, per la transazione fiscale proposta nell’accordo di ristrutturazione dei debiti, la valutazione del professionista indipendente delle “alternative concretamente praticabili” con quella relativa alla sola liquidazione giudiziale, come già previsto per il concordato preventivo al co. I dello stesso art. 182 ter L.Fall.

[4] Art. 182 ter, co. V L.Fall.

[5] Il testo dell’art. 182 ter, co VI vigente fino al 31 dicembre 2016 (modificato con la Legge di Stabilità 2017) prevedeva un termine di trenta giorni per l’Amministrazione per rispondere alla proposta di transazione fiscale.

[6] Stasi,“La transazione fiscale”, Fallimento 2008, pp. 105 ss. – Pollio, “La transazione fiscale”, in Fauceglia-Panzani (diretto da), Fallimento e altre procedure concorsuali, Torino, 2009, pg. 1856;

[7] Art. 177, co. I L.Fall.

[8] Art. 161, co. III L.Fall.

[9] Art. 182 ter co. I L.Fall.

[10] Art. 182 bis co. IV L.Fall. così come modificato dal DDL emendato dal Senato.

[11] Art. 182 ter co. V L.Fall. così come modificato dal DDL emendato dal Senato.

[12] Art. 182 ter co. V L.Fall.

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