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Attualità

Principali novità della riforma fallimentare

15 Gennaio 2019

Alessandro Severi, Simmons&Simmons

Di cosa si parla in questo articolo

Della riforma della Legge Fallimentare attuata dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza parleremo nel Convegno del 13 e 14 febbraio. Per programma completo e modalità di iscrizione vedasi la pagina dell’evento indicata tra i contenuti correlati.

Le nuove norme intendono dare attuazione alla legge 19 ottobre 2017, n. 155, con la quale il Governo era stato delegato a realizzare, in sintesi: a) una revisione organica delle discipline delle procedure concorsuali e di quelle di gestione delle crisi da sovraindebitamento dei consumatori e dei piccoli imprenditori; b) l’introduzione di strumenti di c.d. ‘allerta’ per favorire una precoce emersione e soluzione delle situazioni di crisi e di regole ad hoc per la gestione dell’insolvenza dei gruppi di imprese; c) una riorganizzazione delle competenze degli uffici giudiziari finalizzata ad accrescere il grado di specializzazione dei giudici e l’uniformazione e semplificazione dei diversi riti processuali in materia concorsuale.

1. Principali elementi

(i) liquidazione giudiziale: la legge-delega ha indicato una chiara linea di intervento in tema di procedura liquidatoria; in ossequio a ciò, il legislatore delegato ha proceduto a un’ampia revisione dell’attuale istituto del fallimento, destinato ad essere sostituito, anche nel nome dalla procedura di liquidazione giudiziale.

(a) Liquidazione giudiziale e crediti deteriorati. L’importanza di conseguire una riduzione della durata della procedura di liquidazione giudiziale presenta importanti risvolti anche nella più ampia prospettiva della regolamentazione del mercato del credito. Alla luce dell’istituto del c.d. calendar provising – ossia l’obbligo di svalutare progressivamente i crediti deteriorati con il passare del tempo secondo percentuali minime prefissate a prescindere dalle attese di recupero – che rende più costoso per le banche mantenere in bilancio esposizioni deteriorate, diventa cruciale ridurne il ciclo di vita in modo appropriato.

(b) Accertamento dello stato passivo. È stata prevista l’introduzione di specifiche previsioni che consentono la nomina di esperti in affiancamento al curatore, in modo da sollevare il curatore da compiti specifici che potrebbero rallentare la redazione del progetto dello stato passivo. Altresì, sono state stabilite più rigorose preclusioni alla possibilità di proporre domande tardive, così come la razionalizzazione dello svolgimento dei giudizi di impugnazione dello stato passivo.

(c) Piano di liquidazione. Quanto al compito del curatore di predisporre il piano di liquidazione, il Codice tiene opportunamente fermi i termini stringenti introdotti nel 2015. Invece, allungare da due a cinque anni il termine massimo per la liquidazione dell’attivo (art. 213, comma 5). Il termine biennale è da applicarsi in tutti quei casi in cui non si innestino nella procedura di base elementi e fasi ulteriori (ad es., esercizio di azioni di risarcitorie o recuperatorie) o comunque profili di complessità suscettibili di determinare un prolungamento della sua durata.

(d) Mancata cessazione dell’attività come effetto del fallimento(art. 211, co. 1 del Codice). Il Codice si preoccupa anche di salvaguardare i valori aziendali a vantaggio di più consistenti recuperi per i creditori, rovesciando la precedente impostazione incentrata sulla cessazione dell’attività come effetto del fallimento (salvo autorizzazione all’esercizio provvisorio), prevede ora che l’apertura della liquidazione giudiziale non costituisce causa di cessazione dell’attività e che ne può essere autorizzata la prosecuzione, anche limitatamente a singoli rami, ogni qual volta l’interruzione possa provocare un grave danno e purché sia salvaguardato l’interesse dei creditori.

(ii) procedimento unitario: l’introduzione di un modello processuale unitario per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore mira a una razionalizzazione e ove possibile a una uniformazione delle regole procedurali applicabili. Ad esempio in tema di impugnazioni, è prevista che in caso di impugnazione della decisione di rigetto della domanda di apertura della liquidazione giudiziale la facoltà alla Corte d’appello, in caso di accoglimento dell’impugnazione, di disporre direttamente l’apertura della procedura, anziché rimettere la relativa decisione al Tribunale. Altresì in tema di impugnazioni, l’art. 51 del Codice introduce previsioni volte a scoraggiare iniziative pretestuose, colpendo con sanzioni le parti che agiscono o resistono in giudizio con mala fede o colpa grave.

Con riferimento agli strumenti di ristrutturazione, rileva l’unità di disciplina prevista per l’omologazione del concordato e dell’accordo di ristrutturazione, contenuta in un’unica disposizione (art. 48) che prevede un identico iter procedurale e un’organizzazione più efficiente delle opposizioni che possono presentare i creditori dissenzienti e qualsiasi interessato.

(iii) sospensione delle azioni esecutive(art. 54 – 55 del Codice): ai sensi delle norme vigenti, la pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di concordato preventivo determinano l’automatica sospensione delle azioni esecutive sul patrimonio del debitore (c.d. automatic stay); il Codice, invece, richiede per l’operatività della misura che il debitore ne faccia istanza nella domanda di avvio della procedura, risultando altresì necessaria un’espressa conferma di esso da parte del tribunale, a pena di decadenza, entro 30 giorni dalla pubblicazione suddetta (art. 55, co. 3). È data possibilità al giudice di revocare in qualunque momento detta misura, qualora l’attività intrapresa non sia idonea a pervenire alla composizione della crisi (art. 55, co. 4).

(iv) misure cautelari(art. 54 del Codice): la disciplina sulle misure cautelari e protettive è ora oggetto di un’unica disposizione applicabile alle procedure di concordato preventivo, di liquidazione giudiziale e di omologazione degli accordi di ristrutturazione.

(v) procedura di allerta e di composizione assistita della crisi: l’introduzione di tali misure intende rimediare alle attuali carenze dell’ordinamento domestico che, fornisce deboli incentivi ai debitori a rivelar e affrontare tempestivamente situazioni di tensione economico-finanziaria.

(a) I procedimenti di attivazione obbligatoria da parte dell’organo di controllo. I procedimenti di allerta e composizione avviati in base alle segnalazioni degli organi di controllo irrobustiscono l’incentivo – di sindaci e revisori – ad agire celermente al profilarsi della crisi, contrastando l’eventuale inerzia degli amministratori. Tuttavia, l’individuazione degli indicatori di crisi – indicati all’articolo 13, co.1 del Codice – costituisce esercizio di non semplice esecuzione; qualora esse non siano ben calibrate vi è il rischio di incorrere in falsi positivi o falsi negativi. Il Codice, a presidio di tale criticità, attribuisce agli Organismi di composizione della crisi il compito di effettuare una valutazione più accurata dell’impresa, operando come filtro di secondo livello.

(b) Confidenzialità del procedimento. Per assicurare l’efficacia dei nuovi strumenti, è cruciale che la negoziazione sia connotata dalla massima riservatezza: l’emersione delle difficoltà del debitore può indurre i prestatori ad avviare immediatamente azioni esecutive, per recuperare i crediti divenuti esigibili (c.d. rush to the exit).

(c) Tempi. Al fine di favorire una rapida gestione, il Codice dispone che alla soluzione conciliativa debba giungersi in tre mesi, prorogabili di altri tre mesi a fronte di positivi riscontri delle trattative.

(d) Incentivi all’utilizzo delle procedure. Il legislatore, ritenendo di fondamentale importanza la tempestività dell’emersione della crisi al fine della sua composizione bonaria, ha previsto dei meccanismi premiali declinati in termini di attuazione delle responsabilità patrimoniale e personale. Tuttavia, la domanda di accesso a tali procedure è da considerarsi tardiva se presentata oltre il termine di sei mesi, ovvero per l’istanza di composizione assistita della crisi oltre il termine di tre mesi, dal verificarsi di talune circostanze, tra le quali rientra il superamento degli indicatori di crisi.

(vi) strumenti negoziali di regolazione della crisi.

(a) Concordato preventivo. Nel Codice la disciplina del concordato preventivo è sottoposta ad un’ampia rivisitazione. Le linee di intervento sono state finalizzate a indirizzarne l’utilizzo, prevalentemente, a fini di ristrutturazione; in un’ottica di maggior tutela dei creditori riducendo i margini di libertà contrattuale delle parti e rafforzando i poteri del giudice.

L’utilizzo del concordato liquidatorio è sottoposto a restrizioni maggiori rispetto a quelle già significative previste dalla normativa vigente. Il Codice conferma la soglia minima di soddisfacimento dei creditori chirografari del 20 per cento introdotta nel 2015, ma prevede come ulteriore condizione per l’accesso alla procedura che vi sia un apporto di risorse esterne tale da incrementare di almeno il 10 per cento il soddisfacimento di tale categoria di creditori (art. 84, co. 4).

Anche con riguardo al concordato in continuità sono state introdotte importanti modifiche che vanno nella direzione di porre al contenuto dei piani vincoli non previsti nella normativa vigente. Tra questi, la disposizione che richiede che i creditori siano soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale e quella che prevede che la “prevalenza” sia sussistente quando i ricavi attesi dalla continuità per i primi due anni derivino dall’attività di almeno metà dei lavoratori addetti al momento del deposito del ricorso (art. 84, co. 3).

 (b) Accordi di ristrutturazione. Le innovazioni introdotte dal codice con riguardo agli accordi di ristrutturazione vanno nella direzione di ampliare le possibilità di impiego dell’istituto. Rilevano in questa prospettiva la riduzione in talune ipotesi del limite minimo di adesioni richieste per il perfezionamento dell’accordo e, per gli accordi che mirino a mantenere la continuità aziendale, l’estensione dell’ambito di applicazione degli “accordi ad efficacia estesa” a categorie di creditori diversi da banche e intermediari finanziari.

(vii) crisi dei gruppi di imprese(art. 284 del Codice): a tale riguardo, rileva, la previsione della possibilità di presentare un’unica domanda di liquidazione, di concordato o di omologa di un accordo di ristrutturazione per le diverse società del gruppo; la previsione di obblighi dichiarativi e informativi sui legami di gruppo in funzione dell’apertura di procedure concorsuali; la possibilità che il piano di concordato unitario contempli anche operazioni contrattuali e riorganizzative infragruppo funzionali alla continuità aziendale e al migliore soddisfacimento dei creditori; la possibilità di nomina dello stesso giudice delegato e dello stesso curatore/commissario per ciascuna procedura e, per il concordato, la contemporanea e separata votazione dei creditori di ciascuna impresa.

2. Omissioni imputabili al legislatore delegato

(i) la prima riguarda la mancata attuazione dei principi delega in tema di specializzazione dei giudici. Per ovviare alla carenza di specializzazione, elevata solo in pochi grandi tribunali dove sono presenti sezioni specializzate in materia fallimentare, la legge delega prevedeva una riorganizzazione delle competenze degli uffici giudiziari, secondo un modello articolato su tre livelli. Tuttavia, Il Codice attua tale criterio di delega solo nella parte in cui prevede di attribuire ai tribunali sezioni specializzate in materia di impresa – 22 sul territorio nazionale – aventi competenza per le procedure concorsuali relative alle imprese e ai gruppi di maggiori dimensioni (soggetti alla disciplina dell’amministrazione straordinaria).

(ii) la seconda lacuna riguarda la revisione delle regole di diritto internazionale privato in materia fallimentare. Il Codice si limita a raccordare le norme attuali al Regolamento sull’insolvenza transfrontaliera (Regolamento UE 2015/848), stabilendo a tal fine l’assoggettamento alla giurisdizione italiana del debitore che ha in Italia il centro degli interessi principali (COMI). In questo modo il nostro ordinamento perde l’occasione di recepire i principi della Model Law dell’Unicitral in tema di insolvenza transfrontaliera, i quali dettano regole di soft law per consentire il coordinamento transfrontaliero fra procedure aperte nei confronti di debitori insediati in più giurisdizioni, impedendo così alle corti italiane di cooperare in condizioni di reciprocità con le autorità giudiziarie di paesi extraeuropei.

In conclusione, è bene sottolineare come l’entrata in vigore del Codice è sottoposto a una vacatio legis straordinaria (18 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) necessaria non solo per familiarizzare con il testo ma anche per identificare e correggere possibili incoerenze.

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