Non è infrequente che una società strutturata, anche nell’ambito di gruppo, decida di interessarsi a nuovi business ancora in fase di sviluppo e, a tal fine, cerchi di acquisire tutte quelle competenze necessarie, che ancora non presenta, attraverso un’operazione straordinaria di acquisizione. In tali eventualità spesso la target è una società “padronale” in cui sono gli stessi soci a svolgere le funzioni manageriali e di indirizzo strategico della società. Tali acquisizioni, benché possano essere anche limitate da un punto di vista economico-finanziario, implicano sovente alcune criticità che potrebbe essere utile trattare e, se del caso, disciplinare già in ambito negoziale.
Elementi determinanti per il buon esito di questo tipo di operazioni sono (i) una chiara e definita comunanza di intese sul piano di sviluppo della target e (ii) l’individuazione di un punto di equilibrio – delicato quanto vitale – tra la naturale attitudine a esercitare un potere di ingerenza e controllo da parte dell’acquirente e la capacità dell’acquisita di mantenere un certo grado di autonomia e speditezza nella gestione ordinaria delle attività.
Le principali difficoltà, riscontrabili in scenari di questo genere, sono infatti i nuovi assetti societari che si andranno a formare a seguito dell’ingresso della target nel gruppo dell’acquirente. Questo perché non di rado si sottovalutano i nuovi equilibri che inevitabilmente interverranno tra il piccolo e scattante Davide, da una parte, e il solido Golia, dall’altra.
Ed invero, al riguardo, esigenza principale che informa questo tipo di operazioni è quella di far mantenere ai venditori e ai manager – come si rilevava, peraltro spesso coincidenti – ruoli chiave all’interno della società acquisita. È del tutto chiaro infatti che l’acquirente ha interesse a che tali soggetti portino avanti e sviluppino il relativo business per tutto il tempo occorrente (allo stesso acquirente) per far proprie le necessarie competenze. Appare dunque fondamentale: (i) vincolare la presenza dei soggetti sopracitati all’interno della società acquisita e (ii) adottare strumenti che incentivino il raggiungimento di determinate performance.
A tal fine, può essere utile mantenere i venditori all’interno della compagine sociale della target con una partecipazione di minoranza (vincolata da un lock-up di idonea durata), altresì garantendo loro ruoli operativi e cariche all’interno dell’organo gestorio (a volte può essere opportuno lo stesso ruolo di consigliere delegato) prevalentemente composto da soggetti individuati dal (nuovo) socio di maggioranza. Tale accorgimento consentirà di lasciare la gestione ordinaria della società ai veri conoscitori del business, dando anche un segnale di continuità gestionale ai terzi e, in particolar modo, a fornitori e clienti. Aspetto, quest’ultimo, da non sottovalutare.
In quest’ottica diventa quindi fondamentale la struttura di governance attribuita alla target post– acquisizione, la quale dovrà esprimere un accurato bilanciamento di interessi, a volte potenzialmente contrastanti. Se da un lato, infatti, l’acquirente e socio di maggioranza ha la necessità (e il diritto) di far gestire il proprio investimento da soggetti di fiducia, dall’altro eccessive limitazioni dei poteri gestori conferiti ai consiglieri-soci di minoranza potrebbero compromettere in maniera significativa la possibilità di raggiungere i risultati attesi: velocità e prontezza decisionale sono fattori determinanti in questo tipo di società!
Una valida soluzione di equilibrio tra i due estremi risiede nell’individuazione di due tipologie di poteri delegati. I primi, quelli più operativi e per importi adeguati alla mera conduzione dell’attività day to day, potranno essere conferiti all’amministratore delegato espressione del socio di minoranza, così da consentire una gestione veloce e dinamica in linea con quella che, molto probabilmente, è stata la precedente gestione della target; i secondi, che comprendono poteri di ordinaria gestione per importi più elevati, a firma congiunta con un secondo consigliere e di maggioranza, così da garantire un controllo sulla gestione più saliente.
Inoltre, si potrà valutare di lasciare specifiche decisioni (individuate per materie e/o soglie di valore, oltre che quelle attinenti alla gestione straordinaria) alla competenza esclusiva dell’organo gestorio (che in alcuni casi delibererà con le maggioranze previste ex lege e in altri casi con maggioranze particolari previste da statuto e/o da accordi parasociali, prevedendo anche eventualmente un potere di veto su alcuni argomenti a favore dei venditori-socio di minoranza).
Al fine poi di garantirsi massimi livelli di performance da parte di quei venditori che hanno mantenuto un ruolo anche operativo, si potrà prevedere che una parte del prezzo di acquisto sia corrisposto in misura variabile al raggiungimento di determinati obiettivi (c.d. earn-out) fissati, ad esempio, nel business plan definito in fase di acquisizione. A tal proposito è da evidenziare che, con l’ingresso in un gruppo strutturato, i costi gestori della target possono subire forti incrementi rispetto alla precedente gestione: una struttura più complessa, con procedure, presidi e ruoli differenziati necessita inevitabilmente di maggiori risorse per poter funzionare adeguatamente. Detta evenienza, che potrebbe comprensibilmente essere eccepita dai venditori in sede di negoziazione dell’earn-out, potrà essere facilmente superata attraverso la sterilizzazione, nella relativa formula di calcolo, dei maggiori costi di funzionamento che la target dovesse sostenere post-acquisizione. Tuttavia, anche in siffatta ipotesi il bilanciamento è delicato: è importante definire caso per caso se si tratta di maggiori costi derivanti da una mera gestione più strutturata delle attività o se invece sono imputabili a una serie di servizi ulteriori di cui la target necessariamente (o opportunamente) dovrebbe dotarsi nella prestabilita ottica di sviluppo. La target potrebbe altresì beneficiare di servizi disponibili all’interno del nuovo gruppo – eventualmente prestati “al costo” – che prima, invece, avrebbe dovuto in ipotesi reperire sul mercato a prezzi concorrenziali.
Grazie alla previsione di un earn-out anche il venditore avrà quindi interesse affinché gli venga affidato un ruolo gestorio pregnante all’interno della target, così potendo incidere sul raggiungimento dei livelli di performance necessari per il pagamento dell’earn-out.
In tale contesto è importante non dimenticare adeguati patti di non concorrenza. Seppure l’art. 2390 c.c. già preveda il divieto di concorrenza degli amministratori (almeno in materia di s.p.a.; nulla è previsto per gli amministratori di s.r.l.), risulta opportuno vietare espressamente attività in concorrenza – diretta e/o indiretta, anche attraverso società partecipate – degli amministratori e soci di minoranza per il tempo in cui (i) ricoprono la carica di consiglieri o comunque ruoli apicali all’interno della società target e/o (ii) detengono una partecipazione all’interno della target, nonché (iii) per alcuni anni successivamente al venir meno di entrambe le citate situazioni.
Se mantenere un alto livello di coinvolgimento e ingaggio dei venditori e originari gestori della società target è fondamentale nella fase di ingresso nel nuovo business, è pur vero che bisogna prevedere una fase di uscita di tali soggetti, eventualmente anche anticipata per il caso di situazioni patologiche. Da qui la necessità di disciplinare ipotesi di revoca, in qualsiasi tempo, degli amministratori espressione del socio di minoranza, tra le quali figura certamente la violazione del divieto di concorrenza nonché, in generale, degli obblighi di legge.
Anche opzioni put&call reciproche, per consentire al venditore la liquidazione dell’investimento partecipativo a valori di mercato, sono usuali in questo genere di operazioni.
In estrema sintesi, nella fattispecie in esame, a partire dalla prima fase negoziale e per tutta la durata della coesistenza di un rapporto tra acquirente e venditori, non si potrà prescindere dalla necessità di contemperare esigenze e interessi, spesso contrastanti, eppur di egual valore per la buona riuscita del progetto. Varrà quindi forse ricordare che “non la sintesi, ma la tensione dei contrari appaga l’intelligenza”.