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Editoriali

Riflessioni sul rapporto banche e imprese per il post Covid-19. Le banche come cinghia di trasmissione della politica industriale.

3 Luglio 2020

Elisabetta Gualandri e Valeria Venturelli

Di cosa si parla in questo articolo

In Italia, la crisi Covid-19 si è abbattuta su banche e imprese che, negli ultimi anni, avevano rafforzato la loro situazione finanziaria e patrimoniale dopo la grande crisi 2008-12, pur con rilevanti distinguo nell’ambito di entrambi i comparti. Imprese più solide dal punto di vista finanziario, rispetto a quanto non fossero nel 2007[1]: in media meno indebitamento, con una quota del debito sul totale delle passività finanziarie scesa dal 53% al 43%, e più consolidato con una quota sul totale indebitamento di quello a breve ridotta dal 50% al 43%. Nel contempo erano aumentate le scorte di liquidità: 7,7% dell’attivo contro 4,8% (circa il 20% del PIL, contro 13% nel 2007). Dal canto loro le banche avevano compiuto significativi progressi in termini di quantità e qualità del patrimonio rispetto all’attivo a rischio (c.d. RWA-Risk weighted assets), nonostante le ingenti perdite subite a seguito della doppia recessione; avevano considerevolmente ridotto i prestiti deteriorati (NPL-Non performing loans) con drastiche pulizie di bilancio (NPL ratio al netto delle rettifiche di valore dal quasi 10% del totale dei finanziamenti del 2015 al 3,3% del 2019), ma sempre su valori superiori alla media europea. Le politiche creditizie erano state orientate verso imprese meno rischiose, grazie anche al loro miglioramento finanziario di cui si è detto, riducendo quindi la rischiosità degli attivi.

Su questa situazione, in un sistema economico-finanziario per certi versi ancora convalescente e in presenza di problemi strutturali del paese stesso, si è abbattuta la crisi Covid-19 che, contrariamente a quella del 2008-12, non ha una origine finanziaria, bensì reale scatenata dalla pandemia con ripercussioni dal lato sia della domanda, sia dell’offerta, e quindi su consumi, occupazione e sistema economico in generale. L’impatto sulle imprese è stato fortemente differenziato tra settori produttivi e di servizi, e all’interno di ciascuno di essi in relazione a fattori quali situazione di partenza, dimensioni, appartenenza a filiere, incidenza dell’export. A loro volta le banche, peraltro non punto di origine di questa crisi, sono inevitabilmente esposte alla situazione critica dell’economia reale: una prima riprova, si è avuta già da marzo con la forte penalizzazione delle azioni bancarie sui mercati, che scontano i risultati futuri legati all’andamento economico, all’inevitabile peggioramento del merito di credito delle imprese e quindi della tanto faticosamente riconquistata qualità dell’attivo delle banche.

La gravità della situazione è stata fronteggiata da interventi straordinari di banche centrali e governi per disinnescare un pericolosissimo cortocircuito, o almeno ridurne la gravità e portata. Le banche centrali sono intervenute con misure di politica monetaria per fornire liquidità eccezionale alle banche con due obiettivi: evitare crisi di liquidità sistemiche tali da travolgere le medesime e nel contempo veicolare flussi finanziari all’economia reale. La BCE, nella sua duplice veste di banca centrale e di organo di vigilanza per i paesi dell’eurozona, ha varato provvedimenti senza precedenti, da un lato per fornire fondi alle banche, dall’altro per allentare i vincoli patrimoniali che gravano sulle medesime e che, con un ben noto meccanismo anticiclico, rendono tanto più onerosi i requisiti patrimoniali quanto più si deteriora la situazione delle imprese e aumenta il rischio di credito, finendo per ridurre il credito all’economia. I governi sono intervenuti con molteplici iniziative, differenziate anche in relazione allo stato della finanza pubblica: moratorie, erogazioni a fondo perduto, rilascio di garanzie pubbliche per veicolare credito alle imprese. Tutte iniziative necessarie per “comperare tempo” e evitare il collasso economico.

Nel caso italiano, gli interventi di liquidità con garanzia totale e parziale da parte del governo, tramite Fondo Centrale di Garanzia, Medio Credito Centrale (MCC), per le PMI e SACE, sono stati veicolati per il mezzo delle banche, con a monte decisioni cruciali dell’esecutivo in tema di ammontare erogabile, relative garanzie, requisiti per l’acceso alle diverse forme di finanziamento.

Tempi e volumi delle erogazioni sono risultati diversi in relazione ai vari provvedimenti e alle modalità operative delle banche stesse, ma con risultati decisamente insoddisfacenti almeno nelle prime fasi[2].

Le cause sono di varia natura: un concorso di situazioni pregresse di inefficienza a vari livelli, di non adeguatezza all’eccezionalità degli eventi delle strutture operative delle banche, di complessità dell’impianto normativo e dell’iter seguito.

Partiamo dalle banche, che si sono trovate a fungere da veicolo di liquidità verso le imprese in piena fase di lockdown, con passaggio forzato allo smart working e esigenze di tutela sanitaria per dipendenti e clienti. Ovviamente non tutte banche sono uguali, parimente efficienti, e ugualmente dotate della medesima capacità di fuoco dell’IT. L’aspetto dimensionale e il livello organizzativo e tecnologico possono aver giocato un ruolo importante per affrontare una situazione eccezionale.

Non hanno indubbiamente aiutato fattori a monte, di competenza del legislatore: la complessità dei decreti, i tempi dell’iter di approvazione, le modifiche in corso d’opera che hanno costretto le banche a successive variazioni dei format delle richieste, ad adeguamenti delle procedure e aggiornamento delle richieste già inoltrate (si pensi ai finanziamenti con garanzia al 100% inizialmente con il Dl. 23 del 9 aprileprevisti sino a un massimo di 25.000 euro con durata di 6 anni, poi portati a 30.000 con durata di 10 anni in sede di conversione, Legge 40 del 5 giugno 2020). Si aggiungano i parametri per determinazione dei tassi non proprio alla portata di comprensione di ogni cliente e in corso d’opera modificati. Da rilevare, infine, i tempi tecnici necessari a MCC e SACE per l’adeguamento delle procedure, il rafforzamento delle piattaforme e per fornire i necessari per i chiarimenti sulle norme applicative.

Ma veniamo a quello che è forse il tema più delicato: quale assunzione di rischio e quale autonomia decisionale per le banche nel loro ruolo di cinghia di trasmissione degli interventi del governo. Il tema è infatti di riconciliare rapidità e ampiezza dell’erogazione da un lato, e la possibilità di abusi da parte del cliente dall’altro lato e la necessità per le banche di operare in linea con la normativa di riferimento. Permane infatti in capo alle banche il rischio legale di incorrere nei reati connessi a anomala erogazione del credito, con riferimento in particolare a: il rischio di infiltrazioni criminali, altamente paventate, di riciclaggio e più in generale di spreco di denaro pubblico. Occorre ricordare che ci troviamo pur sempre di fronte a erogazione del credito, quant’anche assistito da garanzie, e quindi con responsabilità ben precise per le banche.

Un tema ampiamente dibattuto è stato quello dell’ampiezza e portata dell’autocertificazione. La Legge 40 ha sì ampliato il ricorso a tale strumento, con verifiche semplificate e fondate sulla responsabilizzazione del richiedente, ma non chiarisce se la valutazione del merito di credito possa esaurirsi nella mera verifica formale dei requisiti per l’accesso al credito previsti dalla legge[3] anche in ipotesi di garanzia statale al 100%. Questo perché anche la conversione del decreto Liquidità non pone obblighi di erogazione a carico delle banche, che devono continuare ad operare secondo i principi della sana e prudente gestione nella fase di concessione del finanziamento garantito. Seppur con diversi gradi di intensità a seconda della misura attivata (i.e.: prestiti sotto/sopra i 25 mila euro), la verifica del merito creditizio rimane momento centrale in un contesto dove la portata della crisi rende incerte e meno attendibili le valutazioni prospettiche sulla sostenibilità del debito in un contesto in cui i nuovi finanziamenti vengono attivati a copertura di perdite e non con l’obiettivo di finanziare nuovi investimenti. Di qui l’importanza della relazione banca –impresa: una relazione banca-impresa di qualità consentirà alle banche di leggere ed interpretare le dinamiche aziendali e settoriali in maniera più compiuta facilitando la valutazione del merito creditizio nell’ottica di sana e prudente gestione a cui la banca non può sottrarsi.

Dagli ultimi dati sull’attuazione delle misure governative in materia di garanzie sembra che i problemi alla base dei ritardi nelle erogazioni siano in fase di risoluzione, soprattutto nella componente dei prestiti di importo inferiore a 25.000 euro interamente garantiti dallo Stato. Come emerge dalla rilevazione settimanale della Banca d’Italia del 12/6[4], le domande di prestiti con garanzia MCC (art. 13 del DL 23) sono oltre 900 mila (in crescita di circa 300 mila unità dalla rilevazione del 15/5), per un controvalore che supera i 60 miliardi di euro, rappresentate per quasi il 90% in termini di numero e per il 27% in termini di controvalore dai prestiti di importo inferiore a 25.000 euro. L’efficacia degli interventi deve leggersi con riferimento alla percentuale di erogazioni sul totale delle domande presentate; i prestiti erogati rappresentano oltre il 68% delle richieste in forte crescita rispetto alla rilevazione del 15/5 (32% circa) sebbene, come da attese, la percentuale di erogato sia decisamente più elevata per i prestiti di importo inferiore a 25.000 euro per i quali sono stati erogati quasi tre quarti delle richieste ricevute.

Per le altre tipologie di intervento ex art. 13 decreto Liquidità, la quota dei finanziamenti effettivamente erogati è decisamente più contenuta (25% rinegoziazioni e 18% altre operazioni) con tassi di crescita nel periodo più bassi sia in termini di numero di operazioni sia in termini di importi rispetto ai prestiti di importo inferiore a 25.000 euro.

Questa differente dinamica è senza dubbio riconducibile alle difficoltà collegate alla verifica del merito creditizio e alla percorribilità di un iter ordinario della valutazione creditizia in un contesto in cui la crisi rende incerte e meno verificabili le ipotesi sottostanti ai piani previsionali delle imprese e richiede la revisione dei tradizionali criteri di valutazione e delle metriche di rischio.

Superata questa fase, è ben chiaro che occorre andare oltre il “comperare tempo”, ma mettere in campo una chiara politica industriale che guardi ad altri strumenti e operatori. Dalla recente esperienza occorre trarre insegnamenti sia operativi sia su procedure che sappiano rendere più efficiente la cinghia di trasmissione banche-imprese, avendo chiaro che il rapporto banca-impresa è destinato a modificarsi per l’impatto della crisi e che sulle banche pesa un futuro di crediti deteriorati in inevitabile aumento.

 

[1] Angelini P. e G. Gobbi, Iniziative della Task Force per la liquidità del sistema bancario nell’emergenza sanitaria, Audizione di Paolo Angelini, Capo del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca d’Italia, e Giorgio Gobbi, Capo del Servizio Stabilità finanziaria della Banca d’Italia dinanzi alla Commissione Parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, Roma 15 aprile 2020.

[2] Si rinvia a: Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario,

Comunicazioni della presidente in merito al questionario inviato alle Banche sull’applicazione della normativa di cui ai decreti-legge nn. 18/2020 e 23/2020 relativamente al sistema bancario. Seduta n. 9 di Mercoledì 27 maggio 2020. Bozza non corretta.https://www.camera.it/leg18/1058?idLegislatura=18&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2020&mese=05&giorno=27&idCommissione=75&numero=0009&file=indice_stenografico

Audizione del Ministro dell’Economia e delle Finanze on. Roberto Gualtieri. Seduta n. 11 di Giovedì 4 giugno 2020, Bozza non corretta.

https://www.camera.it/leg18/1058?idLegislatura=18&tipologia=audiz2&sottotipologia=audizione&anno=2020&mese=06&giorno=04&idCommissione=75&numero=0011&file=indice_stenografico

[3] Angelini P. Lo stato di attuazione delle misure in materia di finanziamento con garanzie dello Stato previste dai Decreti Legge n. 18 di marzo e n. 23 di aprile 2020, Audizione di Paolo Angelini, Capo del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca d’Italia, dinanzi alla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Sistema Bancario e Finanziario, Roma 11 giugno 2020.

[4] Banca d’Italia, Task force per assicurare l’efficiente e rapido utilizzo delle misure di supporto alla liquidità, Dati sulle moratorie e gli strumenti di liquidità (data di riferimento: 12 giugno 2020).

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