Non considero il regime pregresso e quello transitorio; vorrei esaminare il regime nuovo.
Muovo dal codice civile.
Ai sensi dell’art. 1282 cod. civ. <<I crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente>>.
La regola è dunque che il credito liquido ed esigibile produce interessi, ma la legge può escluderlo -e lo fa, ad esempio nel comma 2 e nel comma 3 dello stesso art. 1282 –.
Gli interessi sono <<prodotti>> da un credito liquido ed esigibile.
L’art. 1283 cod. civ., per parte sua, disciplina <<gli interessi scaduti>> che <<produ(cono) interessi>>. È la fattispecie dell’<<anatocismo>> (rubrica dell’art. 1283 cod. civ.). La ratio della disciplina codicistica dell’anatocismo non mi pare l’esigenza di trasparenza – com’è invece nel nuovo art. 120 TUB – bensì mi pare la disapprovazione, antica, di una forma aggravata – per il debitore – di produzione di interessi. Questa – cioè, la differenza in termini di ratio legis – è una delle ragioni per le quali, a mio avviso, la nuova disciplina dell’art. 120 TUB esaurisce, quale lexspecialis, ogni profilo di disciplina dell’anatocismo, nei rapporti bancari, escludendo l’applicazione della disciplina di cui all’art. 1283 cod. civ. Ciò, non perché la disciplina dell’art. 120 TUB sia più analitica, o severa, dell’art. 1283 cod. civ., o perché lo sia meno, ma per la ragione di fondo, che se una norma disciplina un caso particolare – l’anatocismobancario – essa è lexspecialis, rispetto al caso generale – l’anatocismo nei debiti estranei ai rapporti bancari –.
Veniamo quindi al TUB.
Oggi il secondo comma dell’art. 120 prevede che il <<CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale>>. Si tratta di <<modalità e criteri>>, non dell’intera disciplina della <<produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria>>, posto che rilevanti profili di disciplina (ad es. la forma; il limite dell’usurarietà) sono disciplinati altrove e non sono oggetto della delibera CICR.
Il legislatore primario demanda l’articolazione della disciplina, non solo di dettaglio, alla fonte secondaria, secondo quello che è il modello di produzione normativa tipico della legislazione bancaria e finanziaria. E che genera, come altre volte, la potenziale tensione, in fase applicativa, fra la tendenziale, e istintiva, fedeltà del giudice alla fonte primaria, e la tendenza della fonte secondaria ad essere, consapevolmente o inconsapevolmente, più vicina al dato economico, e alle esigenze della prassi di settore.
Dunque, nei contratti bancari, il CICR dovrà prevedere che <<gli interessi periodicamente capitalizzati non poss(o)no produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale>>.
Gli interessi si capitalizzano, ma, una volta capitalizzati, <<non possono produrre interessi ulteriori>>, sicché ciò che produce interessi, <<nelle successive operazioni di capitalizzazione>>, non è l’intero ammontare di capitale più interessi, ma è soltanto la <<sorte capitale>>.
Per dirla con l’art. 1282 cod. civ., abbiamo qui un’ipotesi di <<credit(o) liquid(o) ed esigibil(e) di somm(a) di danaro>> che non <<produc(e) interessi>> perché <<la legge (…) dispon(e) diversamente>>.
Non è una novità che a seconda del titolo il debito abbia una disciplina diversa: per esempio, il debito, se è capitale, si prescrive in dieci anni, mentre si prescrive in cinque anni il debito a titolo di interessi (art. 2948, n. 4 cod. civ.).
Si tratta di un credito liquido ed esigibile (quello rappresentato dagli interessi) soggetto ad una disciplina, diversa dal capitale.
Vediamo se è così, nella proposta in consultazione[1].
L’art. 3, comma 1 della proposta dispone che <<Nelle operazioni (di raccolta del risparmio e di esercizio del credito) gli interessi maturati non possono produrre interessi>>[2].
Ma per i <<rapporti regolati in conto corrente>>, l’art. 4 della proposta così prevede:
– <<gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno>>;
– <<gli interessi maturati (cave: sono il corrispondente di quegli <<interessi maturati>>che ai sensi dell’art. 3, comma 1 nelle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito <<non possono produrre interessi>>)sono contabilizzati separatamente rispetto alla sorte capitale. Il saldo periodico della sorte capitale produce interessi nel rispetto di quanto stabilito dal presente articolo>>;
– <<Gli interessi (…) divengono esigibili decorso un termine di sessanta giorni dal ricevimento da parte del cliente dell’estratto conto inviato ai sensi dell’articolo 119 del TUB (e) decorso il termine di sessanta giorni (…) il cliente può autorizzare l’addebito degli interessi sul conto (e) in questo caso, la somma addebitata è considerata sorte capitale>>.
La proposta prevede che, a certe condizioni e decorso un certo tempo, il credito liquido ed esigibile rappresentato dagli interessi sulla sorte capitale produca interessi. Li produca perché la somma è <<addebitata>> ed è <<considerata sorte capitale>>.
Poiché l’interesse <<maturato>> è <<esigibile>>- la chiave di volta della proposta è il ricorso all’individuazione del momento in cui si verifica la esigibilità, e ciò in deroga al principio generale, il vero tratto tipizzante di un rapporto in conto corrente, dettato dall’art. 1823 cod. civ. – il termine di 60 giorni è un termine, si potrebbe dire, di grazia, durante il quale non si producono interessi di sorta e decorso il quale gli interessi maturati producono interessi, dato che, se il cliente non estingue quel debito, se non li paga, e se <<autorizza (…) l’addebito degli interessi sul conto>>, gli interessi sono considerati <<sorte capitale>>.
Ciò significa che, alla stregua della proposta, nei <<rapporti regolati in conto corrente>> l’anatocismo opera.
Poiché, invece, l’art. 120 TUB prescrive che la delibera CICR debba prevedere che <<gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale>>, la previsione, contenuta nella proposta di Banca d’Italia, secondo cui <<la somma addebitata è considerata sorte capitale>>mi pare, per quanto concerne i <<rapporti regolati in conto corrente>>, contraria alla lettera, ed allo spirito, dell’art. 120 TUB (trattandosi di una proposta, e non di diritto positivo, è inutile ragionare oggi di possibili conseguenze e di possibili rimedi).
Banca d’Italia sembra consapevole di ciò, perché nel <<Documento per la consultazione>> datato <<agosto 2015>>avverte, da un lato, che il legislatore dell’art. 120 TUB (l’ultimo dei) avrebbe voluto un risultato, che non gli è riuscito di ottenere (<<l’intenzione del legislatore era quella (che però) sconta talune difficoltà ricostruttive (…)>>), dall’altro che è la sua proposta di delibera CICR a garantire il risultato che il legislatore voleva (<<assicurare un regime di maggior favore per la clientela>>).
Non è inedito che il regolatore secondario si senta in dovere di non seguire del tutto <<modalità e criteri>> determinati dal legislatore primario. La Banca d’Italia, con la proposta che commentiamo, ha il merito di dirlo.
Certo se il cliente chiede un prestito per pagare gli interessi scaduti ed esigibili, e se, su quel prestito, paga interessi, questi interessi non sono interessi <<anatocistici>> e sono leciti e validamente pattuiti.
Il quesito da porsi è se il criterio sancito dall’art. 120 TUB – <<gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale>> – sia derogabile, dato che la proposta di delibera di Banca d’Italia subordina la produzione di interessi sugli interessi al fatto che il cliente <<autorizz(i) l’addebito degli interessi sul conto>>.
A me sembra che si possano nutrire dubbi sull’opportunità di vietare questa autorizzazione del cliente, ma mi sembra che non si possano nutrire dubbi sulla scelta del legislatore primario di dettare una disciplina inderogabile. E se così è, bisogna che l’interprete ne tragga la conseguenza che il criterio del legislatore primario, vincolante per il CICR, è inderogabile e dunque che il cliente non può derogare, con una sua autorizzazione, al divieto di anatocismo. Non lo può con un’autorizzazione successiva (e se lo potesse, quante difficoltà porrebbe l’applicazione in concreto della disciplina che si legge nella proposta, in termini di forma dell’autorizzazione, di prova della ricezione, e così via). Non lo può – non lo potrebbe – con un’autorizzazione preventiva (l’unica che, ove si ammettesse la derogabilità del divieto di anatocismo, garantirebbe maggiori spazi di applicabilità in concreto).
Secondo quanto si legge nel <<Documento per la consultazione>> di Banca d’Italia, il pagamento degli interessi sugli interessi integrerebbe, in realtà, una valida deroga al divieto di anatocismo sancito, come criterio vincolante per il CICR, dall’art. 120, comma 2 TUB, perché, secondo Banca d’Italia, il regime delineato nella proposta integrerebbe un regime per il cliente <<più <<favorevole>>, ai sensi e per gli effetti dell’art. 127, comma 1 TUB, quello della produzione di interessi sugli interessi scaduti e capitalizzati, e dunque liquidi ed esigibili, rispetto all’azione giudiziaria della banca o all’applicazione del tasso di interesse moratorio(dovuto ovviamente, in caso di mora, alla stregua della disciplina generale) o al ricorso – al quale si è già accennato – ad un prestito per pagare gli interessi scaduti ed evitare i costi di una soccombenza in giudizio.
A mio avviso, l’affermazione di Banca d’Italia è vera, e sul piano economico inappuntabile, ma l’argomento di Banca d’Italia, come si suol dire, prova troppo, perché, se accolto, conduce all’abrogazione del divieto di anatocismo, che inveceè previsto – oggi – dall’art. 120, comma 2 TUB.
Che l’azione giudiziale o l’applicazione del tasso di mora – e, aggiungiamo, la previsione di un tasso di interesse o di uno spread iniziale più elevati – possano rappresentare scenari deteriori per il cliente, rispetto all’applicazione del tasso di interesse anatocistico, potrà dimostrare che gli interessi anatocistici, al postutto, non hanno un impatto così traumatico (almeno quando il conto corrente non generi interessi per lustri, come forse non dovrebbe accadere), ma non può dimostrare che il divieto di anatocismo tamquam non esset.
Credo che oggi esista un serio problema – lo definisco il problema della fruttuosità del denaro – e ciò con particolare riferimento ai, per vero assai numerosi e non sempre giustificati, limiti, attuali o potenziali, alle modalità, anch’esse assai numerose e variegate, come determinare la misura degli interessi: fra le molte difficoltà, v’è quella di identificare il cap dell’usura nei casi di tasso variabile, v’è la clausola floor convenzionalmente prevista nei contratti di finanziamento, vi sono criteri di indicizzazione del tasso anche assai sofisticati.
Rispetto a queste fattispecie, che a me sembrano più gravi ed urgenti dell’anatocismo, e che di certo non lo sono meno, si può manifestare l’auspicio che in fase di predisposizione della delibera CICR la scelta circa l’effettiva eliminazione dell’anatocismo o in alternativa la sua conservazione – non importa se sotto le spoglie dell’autorizzazione successiva all’addebito in conto come sorte capitale o in altra forma – sia operata dando al tema il peso, innanzitutto economico, che merita, non di meno, ma neanche di più e tenendo presente che l’anatocismo non è l’unico problema, e non è il più urgente.
Ciò anche in considerazione del fatto che è buona norma che, dopo un po’, i problemi si risolvano, e quello dell’anatocismo è davvero un problema che è tempo di superare.
Da questa prospettiva, la lettura dell’art. 120, comma 2 TUB potrebbe suscitare perplessità, perché il legislatore primario ha due punti fermi – <<il CICR (deve) prevede(re) in ogni caso>> – che non concernono, a mio avviso, questioni così delicate ed urgenti – oltre alla lettera b) sull’anatocismo, la lettera a) contiene il criterio – la reciprocità della periodicità, a torto, secondo me, considerata da lustri imprescindibile – secondo cui <<nelle operazioni in conto sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori>>– mentre il fatto che al CICR sia demandato l’ampio compito di <<stabili(r)e modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria>> avrebbe potuto suggerire al legislatore di dettare criteri vincolanti per il CICR anche per ciò che concerne la disciplina dei fenomeni che ho sopra menzionato o di altri parimenti delicati ed urgenti.
Peraltro, vorrei evidenziare che il fatto che nell’art. 120 TUB non vi siano criteri e limiti diversi dai due menzionati – la pari periodicità e il divieto di anatocismo – non significa che il CICR non possa ora disciplinare anche profili ulteriori, rispetto a quelli che la proposta della Banca d’Italia contempla (interessi di mora; criteri di imputazione dei pagamenti), che potrebbero contribuire ad alimentare le incertezze applicative.
[1] <<IL COMITATO INTERMINISTERIALE PER IL CREDITO E IL RISPARMIO _ VISTO l’articolo 120, comma 2, del decreto legislativo. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario – TUB), come sostituito dall’articolo 1, comma 629, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che attribuisce al CICR il potere di stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria; VISTO l’articolo 114-quinquies.3 del TUB, che prevede l’applicabilità agli istituti di moneta elettronica delle norme contenute nel Titolo VI del medesimo TUB; VISTO l’articolo 114-undecies del Testo Unico Bancario, che prevede l’applicabilità agli istituti di pagamento delle norme contenute nel Titolo VI del medesimo TUB; VISTO l’articolo 115, comma 1, del TUB, che stabilisce che le norme in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali nelle operazioni e servizi bancari e finanziari, contenute nel Capo I del Titolo VI del medesimo TUB, si applicano alle attività svolte nel territorio della Repubblica dalle banche e dagli intermediari finanziari; [SU PROPOSTA formulata dalla Banca d’Italia, d’intesa con la Consob;] DELIBERA Art. 1 (Definizioni) 1. Ai fini del presente provvedimento si definisce: “cliente”, qualsiasi soggetto che ha in essere un rapporto contrattuale con un intermediario. Non sono clienti le banche, le società finanziarie, gli istituti di moneta elettronica, gli istituti di pagamento, le imprese di assicurazione, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, le società di gestione accentrata di strumenti finanziari, i fondi pensione, Poste Italiane s.p.a., la Cassa depositi e prestiti e ogni altro soggetto che svolge attività di intermediazione finanziaria. Non si considerano clienti nemmeno le società aventi natura finanziaria controllanti, controllate o sottoposte al comune controllo dei soggetti sopra indicati; “intermediario”, le banche, gli intermediari finanziari di cui all’articolo 106 del TUB, gli istituti di moneta elettronica, gli istituti di pagamento. Art. 2 (Scopo e ambito di applicazione) 1. La presente delibera attua l’articolo 120, comma 2, del TUB e si applica alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito tra intermediari e clienti. 2. La produzione di interessi nelle operazioni di cui al comma 1 è regolata secondo le modalità e i criteri indicati negli articoli 3 e 4. 3. Per la produzione degli interessi moratori si applicano le disposizioni del codice civile.4. L’imputazione dei pagamenti è regolata in conformità dell’articolo 1194 del codice civile. Art. 3 (Regime degli interessi) 1. Nelle operazioni indicate dall’articolo 2, comma 1, gli interessi maturati non possono produrre interessi. Art. 4 (Rapporti regolati in conto corrente, conto di pagamento e finanziamenti a valere su carte di credito) 1. Il presente articolo si applica ai rapporti regolati in conto corrente e in conto di pagamento nonché ai finanziamenti a valere su carte di credito. 2. Il contratto stabilisce la stessa periodicità, comunque non inferiore a un anno, nel conteggio degli interessi creditori e debitori. Gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, comunque, al termine del rapporto per cui sono dovuti; per i contratti stipulati nel corso dell’anno, il conteggio è effettuato il 31 dicembre. 3. Gli interessi maturati sono contabilizzati separatamente rispetto alla sorte capitale. Il saldo periodico della sorte capitale produce interessi nel rispetto di quanto stabilito dal presente articolo. 4. Gli interessi, attivi e passivi, divengono esigibili decorso un termine di sessanta giorni dal ricevimento da parte del cliente dell’estratto conto inviato ai sensi dell’articolo 119 del TUB o delle comunicazioni previste ai sensi dell’articolo 126-quater, comma 1, lettera b), del TUB. Il contratto può prevedere termini diversi, se a favore del cliente. Decorso il termine di sessanta giorni, o quello superiore eventualmente stabilito, il cliente può autorizzare l’addebito degli interessi sul conto o sulla carta; in questo caso, la somma addebitata è considerata sorte capitale. 5. Il contratto può stabilire che, dal momento in cui gli interessi sono esigibili, i fondi accreditati sul conto dell’intermediario e destinati ad affluire sul conto del cliente sul quale è regolato il finanziamento siano impiegati per estinguere il debito da interessi. 6. In caso di chiusura definitiva del rapporto, il saldo relativo alla sorte capitale può produrre interessi, se contrattualmente stabilito; quanto dovuto a titolo di interessi non produce ulteriori interessi. Art. 5 (Disposizioni finali) 1. La presente delibera si applica agli interessi maturati a partire dal 1° gennaio 2016. 2. I contratti in corso sono adeguati con l’introduzione di clausole conformi all’articolo 120 del TUB e alla presente delibera, ai sensi degli articoli 118 e 126-sexies del TUB. L’adeguamento costituisce giustificato motivo ai sensi dell’articolo 118 del TUB. Per i contratti che non prevedono l’applicazione degli articoli 118 e 126-sexies del TUB, gli intermediari propongono al cliente l’adeguamento del contratto entro il 31 dicembre 2015. 3. Ai sensi dell’art. 127, comma 1, del TUB, le previsioni della presente delibera sono derogabili solo in senso più favorevole al cliente>>.
[2] Nel codice civile: interessi scaduti.Nel TUB: interessi capitalizzati.Nella proposta CICR: interessi maturati; interessi conteggiati; interessi contabilizzati; interessi esigibili. Riassumendo, abbiamo interessi: scaduti; capitalizzati; maturati; conteggiati; contabilizzati; esigibili.