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Attualità

Il decreto ingiuntivo europeo

20 Settembre 2021

Simona Daminelli, Partner, La Scala Società tra Avvocati

Di cosa si parla in questo articolo

Finalità e caratteristiche

Nell’ottica di semplificazione, accelerazione e riduzione dei costi, per le controversie transfrontaliere in materia di crediti pecuniari non contestati, in seguito al Reg. 805/2004, è stato introdotto dal Reg. CE n. 1896/2006 (e successive modifiche) il procedimento uniforme di ingiunzione di pagamento europeo.

Scopo del medesimo è quello fornire uno strumento veloce ed efficace, che consenta la libera circolazione di un titolo spendibile nei Paesi membri, eliminando i controlli intermedi e garantendo, comunque, i meccanismi a tutela del contraddittorio. L’ingiunzione di pagamento europea, infatti, viene riconosciuta ed eseguita automaticamente in tutti gli Stati membri (tranne la Danimarca) senza bisogno di una dichiarazione che ne riconosca l’efficacia esecutiva.

Importante è sottolineare che detto procedimento ha carattere facoltativo e, dunque, è fruibile alternativamente ad ogni altro disponibile ai sensi della legislazione interna di ogni Stato membro o della legislazione comunitaria.

Per quanto concerne l’ambito di applicazione, il medesimo è utilizzabile in caso di controversie transfrontaliere, ossia quelle in cui almeno una delle parti abbia domicilio o residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello del giudice adito. Inoltre, il credito azionato deve attenere alla materia civile e commerciale e deve essere non contestato, nonché di ammontare specifico ed esigibile alla data di presentazione della domanda.

Altro aspetto peculiare è rappresentato dal fatto che non vi è alcun obbligo di assistenza legale né per l’ingiungente, né per il convenuto, fino all’opposizione e all’eventuale successiva fase di apertura del giudizio di merito.

Il procedimento

In primo luogo, si evidenzia che la competenza giurisdizionale è determinata secondo le disposizioni del Regolamento 44/2001 (cosiddetto “Bruxelles I”), ora sostituito dal Regolamento 1215/2002 (cosiddetto “Bruxelles I bis”) avente ad oggetto “la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale”.

Dal punto di vista procedurale, il decreto ingiuntivo europeo presenta numerose semplificazioni rispetto al procedimento monitorio disciplinato dall’ordinamento italiano, non prevedendo particolari formalità. Infatti, il ricorrente deve soltanto presentare la propria domanda utilizzando un modulo standard, su supporto cartaceo o tramite qualsiasi altro mezzo, anche elettronico, accettato dallo Stato membro d’origine.

Ancora più agevole è la prova del credito: il creditore non è tenuto ad allegare alcun documento scritto, potendosi limitare a fornire una descrizione delle prove poste a sostegno della domanda, dichiarando nel contempo di “fornire in coscienza e in fede informazioni veritiere” e riconoscendo che “dichiarazioni deliberatamente false potrebbero comportare penalità adeguate in base alla legislazione dello Stato membro d’origine”.

In altre parole, è sufficiente che il creditore enunci le prove attestanti l’esistenza e l’ammontare del credito azionato, senza doverle produrre.

Tuttavia, è bene notare che tale semplificazione attiene anche alla posizione del debitore ingiunto, il quale – di contro – potrà svolgere opposizione semplicemente negando, in tutto o in parte, l’esistenza del credito, senza necessità di motivare le proprie argomentazioni.

A seguito della richiesta di emissione del decreto ingiuntivo il giudice adito può:

  • rigettare la domanda (laddove non ricorrano i presupposti di legge);
  • richiedere la rettifica o l’integrazione dell’istanza;
  • accogliere la richiesta.

L’eventuale rigetto chiude soltanto il procedimento, ma non produce alcun effetto di giudicato sostanziale: ne consegue che il creditore è legittimato a riproporre una nuova domanda di decreto ingiuntivo europeo ovvero a presentare domanda monitoria di diritto nazionale o, ancora, ad agire con un’azione ordinaria. Non è, invece, prevista alcuna forma di impugnazione avverso il provvedimento di diniego.

La domanda può anche essere accolta parzialmente: in tal caso, ne viene data informazione al creditore istante, invitandolo ad accettare o rifiutare la proposta di ingiunzione per l’importo specificato e riconosciuto dal giudice, entro un termine stabilito dallo stesso magistrato.

Qualora invece il giudice, a seguito dei controlli sommari svolti sulla base delle sole informazioni desunte dal modello standard, ritenga fondata la domanda, si avrà la pronuncia del provvedimento di ingiunzione. Quest’ultimo deve essere notificato al debitore ingiunto entro 60 giorni – pena la perdita di efficacia – e la notifica deve avvenire secondo le disposizioni del diritto nazionale dello Stato in cui deve eseguirsi.

Con il provvedimento ingiuntivo il debitore viene invitato a pagare quando dovuto al creditore, informandolo del fatto che l’ingiunzione è stata emessa soltanto sulla base delle informazioni fornite dal ricorrente e non verificate dal giudice e che acquisirà forza esecutiva, salvo opposizione da proporsi nel termine di 30 giorni dalla notificazione.

L’opposizione

L’opposizione avverso il decreto ingiuntivo europeo deve essere proposta mediante l’utilizzazione dello specifico modello standard consegnato al debitore unitamente all’ingiunzione di pagamento. In tal caso, come si è sopra accennato, è sufficiente che l’opponente indichi di voler contestare il credito, senza precisarne le ragioni.

Una volta presentata opposizione da parte dell’ingiunto, si apre un ordinario procedimento di cognizione con rinvio alle norme processuali interne, tranne nell’ipotesi in cui -in sede di richiesta di emissione del decreto ingiuntivo europeo- l’istante abbia domandato che, in caso di impugnazione, il procedimento si estingua. In tale sola ipotesi, pertanto, non si apre alcuna causa ordinaria e, di conseguenza, viene meno il titolo medio tempore emesso. Per quanto ovvio, si precisa che la scelta effettuata dal creditore non viene naturalmente comunicata al debitore unitamente alla notificazione dell’ingiunzione.

Qualora, invece, il ricorrente non si sia avvalso della predetta facoltà l’opposizione comporta il passaggio al procedimento civile ordinario, che è disciplinato dalla legge dello Stato d’origine.

Poiché il Reg. CE n. 1896/2006 non chiarisce quale sia esattamente la procedura da seguire, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite, che si sono pronunciate nel 2019 con le sentenze nn. 2840 e 2831.

I giudici di legittimità hanno affermato che spetta al giudice emittente il decreto ingiuntivo europeo, una volta proposta l’opposizione, adottare un provvedimento con cui, dando atto della pendenza del procedimento avanti al proprio ufficio, disponga che esso prosegua secondo le regole di ordinaria procedura civile, così come imposto dal citato Regolamento.

Tuttavia, ha aggiunto la Suprema Corte, non compete al giudice l’individuazione delle predette regole, bensì il medesimo deve soltanto assegnare un termine al creditore che abbia interesse a coltivare la domanda monitoria anche dopo l’opposizione, invitandolo a esercitare l’azione secondo quella che sarà suo onere individuare come la “procedura civile ordinaria di tutela della situazione giuridica soggettiva posta a fondamento dell’IPE”.

Mancata opposizione

In caso mancata opposizione nel termine di legge è ancora consentito al debitore mettere in discussione l’ingiunzione tramite la procedura di riesame. Quest’ultima, tuttavia, può essere chiesta solo nelle ipotesi tassativamente indicate dal Regolamento CE n. 1896/2006, ossia allorché:

  • non è provato il ricevimento della notifica;
  • il debitore non ha potuto contestare il credito per ragioni di forza maggiore o caso fortuito;
  • per manifesta erroneità dell’ingiunzione.

In ogni caso, in assenza di opposizione, il creditore può chiedere l’apposizione al provvedimento monitorio della dichiarazione di esecutività da parte del giudice emittente; quindi in analogia a quanto previsto dal nostro art. 656 c.p.c., l’ingiunzione non opposta è idonea ad acquisire la forza propria del giudicato.

Una volta dichiarato esecutivo, il decreto ingiuntivo europeo è riconosciuto ed eseguito negli altri Stati membri senza possibilità che questi si oppongano al suo riconoscimento e senza che sia necessario alcun tipo di exequatur.

In altre parole, nell’ottica di semplificazione di cui si è sopra detto, il decreto ingiuntivo europeo esecutivo può essere messo in esecuzione in uno Stato membro diverso da quello emittente, senza che sia necessaria un’ulteriore dichiarazione di efficacia e senza che tale Stato possa arrogarsi il diritto di riesaminare il merito della questione.

L’esecuzione è poi disciplinata dalle norme dello Stato ove deve eseguirsi.

Il convenuto può rifiutare l’esecuzione, soltanto se l’ingiunzione di pagamento è incompatibile con una decisione o ingiunzione emessa anteriormente in uno Stato membro o in un paese terzo, quando:

  • la pronuncia / ingiunzione anteriore riguarda una causa avente lo stesso oggetto e le stesse parti;
  • la pronuncia / ingiunzione anteriore soddisfa le condizioni necessarie per il suo riconoscimento nello Stato membro d’esecuzione;
  • il convenuto non avrebbe avuto la possibilità di far valere l’incompatibilità nel procedimento nello Stato membro d’origine.

L’esecuzione è rifiutata, su istanza del convenuto, anche nel caso e nella misura in cui quest’ultimo abbia versato al ricorrente l’importo previsto nell’ingiunzione di pagamento europea.

Infine, quale ultima forma di tutela del debitore, è previsto – laddove sia stato domandato il riesame – che il giudice competente dello Stato membro di esecuzione possa i) limitare il procedimento di esecuzione ai provvedimenti conservativi; ii) subordinare l’esecuzione alla costituzione di una cauzione di cui determina l’importo iii) sospendere il procedimento di esecuzione in circostanze eccezionali.

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