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Attualità

La presunzione di onerosità degli apporti dei soci

3 Giugno 2021

Andrea Vasapolli, Partner, Vasapolli & Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Con l’ordinanza n. 10304/2021 la Corte di Cassazione, Sez. 5, è tornata a pronunciarsi in tema di presunzione di onerosità degli apporti dei soci, reiterando un errore interpretativo che si trascina a causa di pronunciamenti che si vanno stratificando nel tempo, ciascuno acriticamente richiamando o comunque confermando precedenti sentenze che contenevano lo stesso errore[1].

La fattispecie oggetto di esame è quella della qualificazione giuridica degli apporti dei soci alle società commerciali, che possono essere a titolo di finanziamento, fruttifero o infruttifero di interessi, o di versamento, in conto capitale o nelle altre forme che la prassi conosce. Secondo l’ordinanza della Suprema Corte, l’art. 46 del D.P.R. n. 917/1986 (“Tuir”) prevederebbe una presunzione relativa di onerosità degli apporti dei soci, salvo che la non onerosità degli stessi risulti dai bilanci o dai rendiconti della società. Secondo tale ordinanza, quindi, “la norma … introduce la regola che la presunzione relativa di onerosità del prestito non può essere superata con ogni mezzo, ma soltanto nei modi e nelle forme tassativamente stabilite dalla legge, in particolare dimostrando che i bilanci allegati alle dichiarazioni dei redditi della società contemplavano un versamento fatto a titolo diverso dal mutuo”. In verità così non è e la Suprema Corte confonde la presunzione in merito alla qualificazione giuridica dell’erogazione effettuata dal socio, recata dall’art. 46 sopra richiamato, con la diversa presunzione che, nel caso in cui l’erogazione sia a titolo di mutuo, tale finanziamento debba essere considerato fruttifero di interessi.

L’art. 46 in commento (la cui disciplina è richiamata dall’art. 89, c. 4, Tuir) prevede infatti che le somme versate dai soci alle società commerciali si considerano date a mutuo se dai bilanci o dai rendiconti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo. La norma prevede, in particolare, che tale presunzione relativa (che l’apporto dei soci sia a titolo di finanziamento) non può essere superata con qualsiasi mezzo di prova (ad esempio esibendo pattuizioni scritte intercorse tra le parti che qualificano l’apporto come versamento in conto capitale e non come mutuo) ma solo nelle forme tassativamente stabilite; che il titolo giuridico dell’apporto non sia un mutuo può quindi soltanto risultare dai bilanci o dai rendiconti.

Orbene, è pacifico che un finanziamento può essere sia fruttifero sia non fruttifero di interessi, ed è un fatto noto che il socio di una società può avere interesse a finanziare la stessa senza gravarla dell’onere di dover corrispondere interessi passivi.

Quella che è disciplinata dall’art. 46 è una presunzione iuris tantum di qualificazione giuridica della erogazione fatta dal socio (finanziamento vs. apporto), non di onerosità della stessa nel caso in cui l’erogazione debba essere considerata un mutuo. Chiarissime in merito sono le note illustrative ministeriali (all’articolo allora 43, ora 46) della bozza del D.P.R. n. 917/1986, secondo le quali la presunzione qui in esame “attiene all’esistenza o meno dell’obbligo di restituzione a carico della società”. Ne consegue che la limitazione che tale articolo prevede con riferimento alle possibilità di offrire la prova contraria (che può risultare solo dai bilanci o dai rendiconti) afferisce esclusivamente alla qualificazione giuridica dell’erogazione (se è un mutuo, con conseguente obbligo di restituzione, ovvero se è un versamento, che concorre a formare il patrimonio netto contabile), non alla sua onerosità o meno qualora sia un finanziamento (in tal senso anche Assonime, approfondimento 11/2013 e la norma di comportamento n. 194 dell’AIDC).

Se l’erogazione dei soci deve essere considerata un mutuo, per pattuizione espressa o in forza della presunzione di cui all’art. 46, per stabilire se tale mutuo abbia o meno natura onerosa valgono le disposizioni di cui all’art. 1815 c.c., secondo le quali il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante “salvo diversa volontà delle parti”. Un rapporto di mutuo, quindi, si presume oneroso salvo prova contraria. Quella prevista dall’art. 1815 c.c. è una presunzione semplice, per cui le parti possono utilizzare tutti i mezzi di prova per dimostrare la non onerosità del finanziamento erogato. È certamente un valido mezzo di prova, ad esempio, la causale indicata nel bonifico del tipo “finanziamento del socio infruttifero di interessi”.

Una volta determinato che i) quello erogato dal socio è un mutuo e ii) che lo stesso è oneroso, trova applicazione la presunzione in merito alla misura degli interessi disciplinata dagli articoli 45, comma 2, e 89, c. 5 del Tuir. Entrambi tali articoli prevedono che in caso di finanziamento “se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale”. Per vincere la presunzione di fruttuosità al saggio legale, pertanto, è necessario fornire la prova scritta in merito al diverso tasso di interesse pattuito.

In conclusione quindi, contrariamente a quanto affermato dalla Suprema Corte:

  • l’art. 46 Tuir prevede una presunzione che afferisce esclusivamente alla qualificazione giuridica dell’erogazione effettuata dal socio alla società e per superare la presunzione che tale erogazione abbia natura di mutuo la prova contraria può risultare solo dal bilancio o dal rendiconto della società;
  • la presunzione relativa di onerosità dei finanziamenti erogati dai soci, come di qualunque rapporto di mutuo, è recata dall’art. 1815 c.c. e per superare la stessa è ammesso qualunque mezzo di prova;
  • gli artt. 45, c. 2, e 89, c. 5, Tuir, prevedono la presunzione che il mutuo oneroso sia remunerato ad un tasso pari al saggio legale, e per contrastare validamente tale presunzione deve essere fornita la prova scritta della diversa pattuizione intercorsa tra le parti.

 

[1] In senso conforme a quella qui commentata si vedano, ad esempio, le sentenze della Corte di Cassazione n. 16445/2009, 23619/2011, 17839/2006, 7293/2017, 2735/2021.

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