Il mancato rilascio da parte della banca all’investitore della certificazione prevista dall’art. 83-quinques del TUF, precluderebbe allo stesso l’esercizio di tutti i diritti che gli derivano dalla posizione di titolare delle azioni e non solo quelli patrimoniali, quali, in particolari l’opposizione ai riparti o decisioni del giudice fallimentare, l’accesso alle informazioni sullo stato della procedura, la facoltà di proporre domande e di formalizzare istanze di reclamo e più in generale di esercitare un controllo sull’andamento della procedura e, perfino, sui suoi stessi esiti finali.
Nel caso di specie, l’investitore agiva in giudizio per conseguire il rilascio, da parte della banca, della certificazione prevista dall’art. 83 -quinquies TUF onde poter esercitare i propri diritti di azionista nella procedura fallimentare in cui era rimasta coinvolta una società di diritto statunitense.
Sulla base di quanto affermato dalla banca, e cioè che sarebbe stato impossibile per gli azionisti della società americana ottenere il rimborso del capitale investito, residuando al più in loro favore solamente un interesse all’esito della procedura, il giudice di merito rilevava d’ufficio la mancanza d’interesse concreto ex art. 100 c.p.c. per l’accoglimento della domanda giudiziale, senza rimettere la causa in istruttoria né assegnando termini per il deposito di memorie sul punto.
Tale statuizione, secondo la Corte di Cassazione, deve ritenersi affetta da nullità ai sensi degli artt. 24, 101, comma 2, 111 della Costituzione e dell’art. 183 cpc, posto il pregiudizio che in tal modo si è arrecato al diritto di difesa della parte, che ha visto pronunciare la decisione su un presupposto di fatto estraneo al contraddittorio processuale e sottratto perciò al suo sindacato difensivo, frutto di supina adesione all’allegazione operata da una parte.