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Giurisprudenza

Opponibilità al fallimento della cessione in massa di crediti

6 Maggio 2021

Sara Addamo, Dottore di ricerca in diritto commerciale, Università di Trento; Incaricata alla ricerca, Libera Università di Bolzano; Avvocato

Cassazione Civile, Sez. III, 15 febbraio 2021, n. 3784 – Pres. Vivaldi, Rel. Fiecconi

Nel caso in esame, a seguito del fallimento della società cedente, il Curatore contestava l’opponibilità della cessione in massa di crediti d’impresa effettuata in esecuzione di un contratto di factoring, in quanto erano state provate la comunicazione e accettazione da parte del debitore, ma non il pagamento del corrispettivo con data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, interpretando l’art. 5 in combinato disposto con l’art. 7 della I. 52/1991.

La Corte di Cassazione ha affermato che il riferimento normativo rilevante nel caso di specie è non rinvenibile nell’art. 7 della I. n. 52/91 che regola specificamente l’azione revocatoria nei riguardi del fallimento della cedente, bensì nel distinto art. 5, il quale disciplina in maniera più ampia gli effetti verso i terzi della cessione in massa dei crediti, operata mediante il contratto di factoring.

La legge sul factoring indica in maniera del tutto distinta due modalità alternative di perfezionamento della cessione ai fini della sua opponibilità ai terzi, tra cui il fallimento, che possono esprimersi o, ex art. 5, 1° comma l. 52/1991 con la dimostrazione del pagamento, anche solo parziale, del trasferimento di un credito esistente o futuro o, ex art. 5, 2° comma, con la dimostrazione della notifica o accettazione del trasferimento alla parte debitrice, secondo la disciplina generale ex artt. 1264-1265 c.c.

Pertanto, ai fini dell’esercizio dell’azione revocatoria di cui all’art. 7 è necessario che sia provata sia l’anteriorità con data certa del pagamento del corrispettivo della cessione al fallimento, sia la scientia decoctionis del factor al tempo dell’avvenuto pagamento, mentre rispetto alla mera opponibilità della cessione ai creditori del cedente e al fallimento di quest’ultimo, l’art. 5 prevede che la prova dell’avvenuto pagamento si ponga in via alternativa ed in aggiunta – per favorire le imprese autorizzate all’attività di factoring – alle diverse modalità già previste dal diritto comune (Cass. Sez. 1, ord. 5616/2020).

In conclusione, è errata l’interpretazione data dal Curatore ed avallata dalla Corte di merito sulla normativa sul factoring avente ad oggetto la cessione in massa di crediti, accertati come già esistenti e notificati al debitore ceduto, là dove ha considerato come elemento necessario, per l’opponibilità al fallimento della impresa cedente ex art. 5, 1° comma, il pagamento, anche solo parziale, del corrispettivo di cessione, e non anche la sola modalità riferita alla disciplina generale (la notifica della cessione o l’accettazione del terzo), in ciò confondendo il piano della disciplina speciale, dettata per altra ipotesi qui non in discussione (azione revocatoria regolata dall’art. 7) con quello della disciplina comune, che è fatta in ogni caso salva dall’art. 5, 2° comma, I. 52/91.

 

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